Le terre della contessa Gisla

Antico borgo medievale

Il castello di Leccia si trova isolato su uno sperone collinoso ai limiti della Valdicecina, immerso tra boschi di sugheri e lecci, dai quali ha preso il nome. Le sue antiche costruzioni, la sua cinta muraria ancora sostanzialmente integra, i resti di una torre a pianta cilindrica, nello sperone occidentale, ne fanno un borgo delizioso. Con questa premessa, qualora il programma di viaggio includesse l'eremo di Castelnuovo Val di Cecina non si deve dimenticare di fare una visita all'abitato della Leccia che ha mantenuto intatto fino a noi il suo silenzioso aspetto medioevale.

I beni dei signori della Leccia dovevano estendersi per molte miglia per il corso del Cornia: forse quasi a confinare con quelli della potente Badia di San Pietro a Palazzuolo che sorgeva presso Monteverdi; i rapporti fra i feudatari della Leccia e i monaci di Monteverdi erano assai cordiali: la contessa Gisla, infatti, aveva donato a questi ultimi alcuni vasti territori posti fra il Cornia, Carboli e il Frassine. Poco prima del Duecento, i monaci di Monteverdi aumentarono la loro influenza sul castello della Leccia, acquistandone una sesta parte della sua giurisdizione.

La contesa del castello

Le dispute tra Vescovo e Comune di Volterra

Dieci anni dopo, però, l'imperatore Arrigo IV, che aveva attraversato la Maremma con i suoi eserciti, concedeva la Leccia in feudo a Ildebrando dei Pannocchieschi, vescovo di Volterra. Allorchè, gli abati di San Giusto di Volterra e quelli di San Pietro di Monteverdi, che si erano visti togliere le terre a favore del Vescovo, intavolarono trattative per rafforzare ed estendere il libero comune volterrano. Questo incontro, assai insolito, venne organizzato con la filosofia del nemico del mio nemico è mio amico. Non passò molto che gli abitanti della Leccia, assieme a quelli di Sasso e Serrazzano, giurarono fedeltà al Comune di Volterra.

Ciò non portò che ad acuire le dispute fra Vescovo e Comune per reclamare la proprietà del castello: soltanto dopo il Trecento il vescovo Ranieri riconobbe la sovranità del libero comune volterrano sul Castello della Leccia. Iniziò allora, finalmente, un'epoca di maggiore tranquillità e di questa ne approfittarono gli abitanti del castello per uscire dalle loro mura ben difese e costruire due oratori votivi nella campagna vicina dedicati alla Madonna del Latte e alla Madonna del Libro.

Le terre della contessa Gisla

Antico borgo medievale

Il castello di Leccia si trova isolato su uno sperone collinoso ai limiti della Valdicecina, immerso tra boschi di sugheri e lecci, dai quali ha preso il nome. Le sue antiche costruzioni, la sua cinta muraria ancora sostanzialmente integra, i resti di una torre a pianta cilindrica, nello sperone occidentale, ne fanno un borgo delizioso. Con questa premessa, qualora il programma di viaggio includesse l'eremo di Castelnuovo Val di Cecina non si deve dimenticare di fare una visita all'abitato della Leccia che ha mantenuto intatto fino a noi il suo silenzioso aspetto medioevale.

I beni dei signori della Leccia dovevano estendersi per molte miglia per il corso del Cornia: forse quasi a confinare con quelli della potente Badia di San Pietro a Palazzuolo che sorgeva presso Monteverdi; i rapporti fra i feudatari della Leccia e i monaci di Monteverdi erano assai cordiali: la contessa Gisla, infatti, aveva donato a questi ultimi alcuni vasti territori posti fra il Cornia, Carboli e il Frassine. Poco prima del Duecento, i monaci di Monteverdi aumentarono la loro influenza sul castello della Leccia, acquistandone una sesta parte della sua giurisdizione.

La contesa del castello

Le dispute tra Vescovo e Comune di Volterra

Dieci anni dopo, però, l'imperatore Arrigo IV, che aveva attraversato la Maremma con i suoi eserciti, concedeva la Leccia in feudo a Ildebrando dei Pannocchieschi, vescovo di Volterra. Allorchè, gli abati di San Giusto di Volterra e quelli di San Pietro di Monteverdi, che si erano visti togliere le terre a favore del Vescovo, intavolarono trattative per rafforzare ed estendere il libero comune volterrano. Questo incontro, assai insolito, venne organizzato con la filosofia del nemico del mio nemico è mio amico. Non passò molto che gli abitanti della Leccia, assieme a quelli di Sasso e Serrazzano, giurarono fedeltà al Comune di Volterra.

Ciò non portò che ad acuire le dispute fra Vescovo e Comune per reclamare la proprietà del castello: soltanto dopo il Trecento il vescovo Ranieri riconobbe la sovranità del libero comune volterrano sul Castello della Leccia. Iniziò allora, finalmente, un'epoca di maggiore tranquillità e di questa ne approfittarono gli abitanti del castello per uscire dalle loro mura ben difese e costruire due oratori votivi nella campagna vicina dedicati alla Madonna del Latte e alla Madonna del Libro.

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