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Il cospicuo numero di reperti storici rinvenuti nelle vicinanze di Pomarance ci dimostrano che il territorio fu abitato sin dal periodo villanoviano ed etrusco, ma pochi sono i delineamenti che possono marcare il suo profilo storico pre medievale. Un indizio, seppur debole, ci viene in aiuto anche analizzando la toponomastica primitiva di Ripomarrance: dal latino, infatti, allude alla ripa di Arranciae, ovvero alla riva del fiume Cecina che bagna le proprietà di Arranciae, proprietario terriero romana di origine etrusca.
Il toponimo però, potrebbe derivare anche dall’italiano antico pomarancia, col significato di melarancia, frutto simbolo ravvisabile anche nello stemma comunale: fino al Trecento, non a caso, questo territorio ospitava numerosi aranceti; una economia poi improvvisamente bruciata da una incredibile gelata primaverile. Erano i tempi in cui il castello era governato dal nobile Ildebrando Aldobrandeschi, detto il Mancino: un capitolo breve spazzato via, durante la terza discesa in Italia di Barbarossa, con l’incendio del castello e del suo contado.
Le prime notizie certe rammentano la presenza del castello di Ripomarance all’epoca d’Ottone I per una donazione a favore d’Engheramo Inghirami; Ripomarance così, da terra di capanne divenne nel corso dei secoli terra murata, la cui qualità era senz’altro dettata dalla sua posizione predominante su una altura ragguardevole da dove controllare il territorio circostante. Va sottolineato che Pomarance risulta essere tutt’oggi uno dei pochi abitati della Valdicecina che conserva ancora alcuni edifici medioevali quasi integri.
Inversamente proporzionale al dominio degli Aldobrandeschi se ne aprì un altro molto più lungo che vide Pomarance coinvolta nelle interminabili lotte tra il Vescovo ed il Comune di Volterra per il possesso del territorio. La terra di Ripomarance era diventata così importante che, negli atti del primo catasto imposto dai fiorentini nel volterrano, venne altamente tassata fruttando un terzo rispetto a tutti gli altri castelli possedenti messi insieme. L’altalenarsi delle due fazioni perdurò per oltre un secolo.
Quando nella prima metà del Trecento il Comune di Volterra conquistò il diritto di eleggere i giurisdicenti nei castelli di Pomarance, Montecerboli, Sasso, Leccia e Serrazzano, che dovevano però essere scelti tra i probi cittadini di Volterra e ricevere l’investitura del vescovo, Pomarance attraversò un periodo di massima espansione: il borgo s’ingrandì sempre di più tanto che venne costruita una terza cinta muraria, che inglobava il Petriccio, con la sovrintendenza del volterrano Guido Corsi.
Da allora il borgo seguì le sorti di Volterra e tutte le sue battaglie al servizio di Firenze e contro Firenze. A causa delle troppe tasse svilenti, memorabile fu la congiura contro il governo fiorentino da parte di alcuni pomarancini che pagheranno poi con la vita, sventata proprio quando doveva mettersi in moto. Nella guerra delle allumiere di fine Quattrocento tra Firenze e Volterra, invece Pomarance sostenne l’egemonia fiorentina sottomettendosi senza colpo ferire; non solo, le fornì aiuti e vettovaglie e forse per questo preferita a Volterra come sede del Vicariato della Val di Cecina.
Il Vicariato della Val di Cecina aveva giurisdizione civile e criminale su Montecerboli, Micciano, Libbiano, Serrazzano, Lustignano, San Damalzio, Montecastelli, Castelnuovo, Leccia, Sassa, Querceto, Gello, Montecatini, Sasso e Mazzolla. Contrastava in tutto e per tutto l’ultimo baluardo di potenza della repubblica volterrana ormai sconfitta dai fiorentini. Un Marzocco di pietra installato nella piazza principale del castello, simboleggia la piena dominazione fiorentina.
Il Vicariato abbracciava numerosi territori e offrì a Pomarance una autorità centrale: i confini tuttavia si ridimensionarono ben presto; alla fine del Cinquecento, quando a Volterra furono restituite parte della sue antiche prerogative, Pomarance fu declassata a podesteria, con un podestà inviato da Firenze. In seguito, quando divenne Comune autonomo con la riforma leopoldina, venne privato di ulteriori territori, con la cessione delle frazioni di Leccia e Sasso a Castelnuovo Val di Cecina, raggiungendo così la dimensione che conosciamo adesso.
La coltivazione mineraria in Valdicecina è stata fin dai tempi più remoti una delle principali risorse economiche della zona che ebbe il suo maggiore sviluppo nell’Ottocento, quando imprese a capitale straniero cominciarono ad interessarsi di quest’area ricca di minerali. Nel Comune di Pomarance le tracce e le testimonianze delle attività minerarie sono assai note, in particolare quelle di rame, di zolfo e quelle legate allo sfruttamento del vapore endogeno.
Pomarance è un borgo fortemente legato alla sua dimensione medievale e si presta bene per una visita turistica, tuttavia, anche se le caratteristiche di piccolo centro rurale non sono state del tutto cancellate, è connotata da un indirizzo industriale. Lo sfruttamento dell’energia fornita dai soffioni boraciferi, inaugurata dal francese Francesco de Larderel ha portato il Comune di Pomarance ad essere il territorio con la più alta produzione di energia geotermica al mondo.
Il cospicuo numero di reperti storici rinvenuti nelle vicinanze di Pomarance ci dimostrano che il territorio fu abitato sin dal periodo villanoviano ed etrusco, ma pochi sono i delineamenti che possono marcare il suo profilo storico pre medievale. Un indizio, seppur debole, ci viene in aiuto anche analizzando la toponomastica primitiva di Ripomarrance: dal latino, infatti, allude alla ripa di Arranciae, ovvero alla riva del fiume Cecina che bagna le proprietà di Arranciae, proprietario terriero romana di origine etrusca.
Il toponimo però, potrebbe derivare anche dall’italiano antico pomarancia, col significato di melarancia, frutto simbolo ravvisabile anche nello stemma comunale: fino al Trecento, non a caso, questo territorio ospitava numerosi aranceti; una economia poi improvvisamente bruciata da una incredibile gelata primaverile. Erano i tempi in cui il castello era governato dal nobile Ildebrando Aldobrandeschi, detto il Mancino: un capitolo breve spazzato via, durante la terza discesa in Italia di Barbarossa, con l’incendio del castello e del suo contado.
Le prime notizie certe rammentano la presenza del castello di Ripomarance all’epoca d’Ottone I per una donazione a favore d’Engheramo Inghirami; Ripomarance così, da terra di capanne divenne nel corso dei secoli terra murata, la cui qualità era senz’altro dettata dalla sua posizione predominante su una altura ragguardevole da dove controllare il territorio circostante. Va sottolineato che Pomarance risulta essere tutt’oggi uno dei pochi abitati della Valdicecina che conserva ancora alcuni edifici medioevali quasi integri.
Inversamente proporzionale al dominio degli Aldobrandeschi se ne aprì un altro molto più lungo che vide Pomarance coinvolta nelle interminabili lotte tra il Vescovo ed il Comune di Volterra per il possesso del territorio. La terra di Ripomarance era diventata così importante che, negli atti del primo catasto imposto dai fiorentini nel volterrano, venne altamente tassata fruttando un terzo rispetto a tutti gli altri castelli possedenti messi insieme. L’altalenarsi delle due fazioni perdurò per oltre un secolo.
Quando nella prima metà del Trecento il Comune di Volterra conquistò il diritto di eleggere i giurisdicenti nei castelli di Pomarance, Montecerboli, Sasso, Leccia e Serrazzano, che dovevano però essere scelti tra i probi cittadini di Volterra e ricevere l’investitura del vescovo, Pomarance attraversò un periodo di massima espansione: il borgo s’ingrandì sempre di più tanto che venne costruita una terza cinta muraria, che inglobava il Petriccio, con la sovrintendenza del volterrano Guido Corsi.
Da allora il borgo seguì le sorti di Volterra e tutte le sue battaglie al servizio di Firenze e contro Firenze. A causa delle troppe tasse svilenti, memorabile fu la congiura contro il governo fiorentino da parte di alcuni pomarancini che pagheranno poi con la vita, sventata proprio quando doveva mettersi in moto. Nella guerra delle allumiere di fine Quattrocento tra Firenze e Volterra, invece Pomarance sostenne l’egemonia fiorentina sottomettendosi senza colpo ferire; non solo, le fornì aiuti e vettovaglie e forse per questo preferita a Volterra come sede del Vicariato della Val di Cecina.
Il Vicariato della Val di Cecina aveva giurisdizione civile e criminale su Montecerboli, Micciano, Libbiano, Serrazzano, Lustignano, San Damalzio, Montecastelli, Castelnuovo, Leccia, Sassa, Querceto, Gello, Montecatini, Sasso e Mazzolla. Contrastava in tutto e per tutto l’ultimo baluardo di potenza della repubblica volterrana ormai sconfitta dai fiorentini. Un Marzocco di pietra installato nella piazza principale del castello, simboleggia la piena dominazione fiorentina.
Il Vicariato abbracciava numerosi territori e offrì a Pomarance una autorità centrale: i confini tuttavia si ridimensionarono ben presto; alla fine del Cinquecento, quando a Volterra furono restituite parte della sue antiche prerogative, Pomarance fu declassata a podesteria, con un podestà inviato da Firenze. In seguito, quando divenne Comune autonomo con la riforma leopoldina, venne privato di ulteriori territori, con la cessione delle frazioni di Leccia e Sasso a Castelnuovo Val di Cecina, raggiungendo così la dimensione che conosciamo adesso.
La coltivazione mineraria in Valdicecina è stata fin dai tempi più remoti una delle principali risorse economiche della zona che ebbe il suo maggiore sviluppo nell’Ottocento, quando imprese a capitale straniero cominciarono ad interessarsi di quest’area ricca di minerali. Nel Comune di Pomarance le tracce e le testimonianze delle attività minerarie sono assai note, in particolare quelle di rame, di zolfo e quelle legate allo sfruttamento del vapore endogeno.
Pomarance è un borgo fortemente legato alla sua dimensione medievale e si presta bene per una visita turistica, tuttavia, anche se le caratteristiche di piccolo centro rurale non sono state del tutto cancellate, è connotata da un indirizzo industriale. Lo sfruttamento dell’energia fornita dai soffioni boraciferi, inaugurata dal francese Francesco de Larderel ha portato il Comune di Pomarance ad essere il territorio con la più alta produzione di energia geotermica al mondo.