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Ricche di risorse minerarie

Terre degli etruschi e dei romani

Questa zona ha interessato lo sviluppo di antiche civiltà, come quella etrusca, favorita dallo sfruttamento delle sue preziose risorse minerarie; il rame di Montecatini, per la sua purezza e la facilità di fusione, era ambito dai popoli più industrializzati ed evoluti dell’epoca. Ad esempio l’antica Velathri, ormai soggetta al predominio romano, contribuì alla seconda guerra punica condotta da Scipione l’Africano con legname, frumento e i chiodi di rame di questo territorio.

Il ritrovamento di numerosi reperti dimostrano validamente anche la tesi di una lunga permanenza di un campo militare romano legata sia a motivi espansionistici che portò all’occupazione di Volterra e sia per la ricchezza dei minerali presenti nella zona; in epoca romana, ai tempi di Vespasiano, il rame di Montecatini, infatti, veniva ancora estratto e lo si faceva con il contributo forzato dei cristiani perseguitati e schiavizzati, gli stessi che poi introdussero e diffusero il Verbo di Dio in tutta la Valdicecina.

Montecatini borgo medievale

Sul crinale di una collina

Con la fine dell’impero romano, gli impianti minerari furono abbandonati e dell’intera zona non si hanno più notizie fino alla fine primo millennio dopo Cristo, quando probabilmente ad opera dei Belforti venuti in Italia al seguito dell’imperatore Ottone I, ebbe inizio la costruzione del borgo di Monte Leone, in futuro Montecatini. Quella Montecatini ricca di dettagli medievali che si erge sul crinale di uno dei tanti poggi irti dell’alta Valdicecina, a fianco del colle ancor più elevato delle miniere abbandonate di Caporciano.

Gli imponenti resti di queste miniere, con la torre del Pozzo Alfredo, ampi tratti delle costruzioni e la Miniera, messa in sicurezza e visitabile per un lungo tratto sono del tutto eccezionali, ma la suggestione che si prova nel percorrere il vecchio borgo si deve però soprattutto al colore ed al calore della pietra con la quale è stato costruito. Lungo il percorso della primitiva cinta muraria, interamente percorribile grazie ad un recente intervento di restauro, si conservano meravigliosi scorci di un passato remoto e stupendi panorami difficilmente da dimenticare.

Il potere tirannico su Montecatini

Proprietà dei Belforti

Prima del Duecento il borgo era infeudato ad Uberto fu Bello e a Signoretto fu Corrado, magnati della famiglia Belforti, la stessa famiglia che nei primi anni del Trecento vi fecero costruire la famosa torre iconica del centro storico, le mura e il castello e che difesero fino alla tragica decapitazione di Bocchino Belforti, ghibellino in un momento di prevalsa guelfa. Sebbene vi abbiano signoreggiato per molti secoli, la loro influenza venne ostacolata con l’intromissione di alcune famiglie e personalità esterne che con il tempo acquisirono tutti i loro poteri e i beni.

Ostico fu il vescovo Ildebrando che, in occasione della visita dell’imperatore Enrico VI a Volterra, si fece nominare principe con prerogative sovrane sui propri feudi compresi i territori di Montecatini; un secolo dopo però il vescovo Pagano, oberato di debiti, le cedette in pegno ai Falconcini ed ai Bonaguidi di Volterra, passando poi al Comune di Volterra. Sempre più circondati i Belforti contrastarono l’egemonia del Comune con l’autorità del vescovo Filippo Belforti, ma una volta caduto lui tutto andò per il male in peggio, estinguendo definitivamente il loro potere tirannico su Montecatini.

Le guerre di predominio

Da Volterra a Firenze

Con la scomparsa dei Belforti e dell’autorità vescovile le proprietà di questa famiglia entrarono definitivamente in possesso del Comune di Volterra e ne seguirono le sorti fino alla fine del Quattrocento, quando tutto il territorio cadde sotto il dominio della Repubblica fiorentina. Nel frattempo le attività minerarie ripartirono; dapprima fu concessa ad un certo Mariano di Matteo, in seguito fu ceduta ad una società formata da facoltosi ed influenti cittadini fiorentini, tra i quali Luigi e Jacopo Guicciardini.

Il proposito d’impadronirsi del rame di Montecatini, oltre che dell’allume, del sale, del vetriolo, non fu certamente estraneo alla decisione del Magnifico di scendere in guerra contro Volterra, tanto che le miniere come i pascoli ed i boschi, furono da allora iscritti nelle regalie del Comune di Firenze. Il rame interessava molto a Firenze e tradizione tramanda che la miniera rimase in funzione fino alla grande peste del Seicento granducale. Esaurita l’epidemia, l’attività riprese segnata da un evento tragico: una galleria male armata, tristemente nota come Buca di Nardone, provocò la morte di molti operai.

Una nuova epoca

Le miniere di rame

Dopo una lunga pausa, contrassegnata da sporadici tentativi di ripresa dell’attività, la miniera fu riaperta nell’Ottocento per opera di Luigi Porte, al quale si associarono Giacomo Leblanc e Sebastiano Kleiber. A dirigere le ricerche fu chiamato un ingegnere tedesco, Augusto Scheider. Successivamente ci fu l’ingresso nella società dei fratelli Orazio ed Alfredo Hall, e più tardi di Francesco Giuseppe Sloane, che sancirono il pieno decollo dell’impresa.

Sloane fu una persona illuminata e aperta socialmente che seppe affrontare anche i problemi dei lavoratori occupandosi personalmente delle condizioni del lavoro in miniera. A lui si devono l’ampliamento del villaggio minerario, l’istituzione di due teatri, di alcuni circoli di pensiero, di una scuola femminile ed un migliore trattamento per i minatori, cui furono concessi la cassa malattia e infortuni, un assegno pensionistico oltre all’assistenza per le vedove ed i figli. L’andamento positivo delle attività minerarie coinvolse l’intero paese che ebbe alcuni decenni di splendore economico e sociale, coincidente con gli anni della nascita del regno d’Italia.

Una nuova rinascita

Dalle industrie minerarie al turismo

Archiviato il lungo capitolo del medioevo, Montecatini si legò esclusivamente al destino delle miniere; non poteva essere altrimenti, perché per un certo periodo il rame veniva esportato persino in Inghilterra e Caporciano era considerata la miniera più ricca d’Europa. Le fortune però non sono infinite e già dalla fine dell’Ottocento, quando divenne proprietario il conte di Boutourline e poi la “Società Anonima della Miniera di Montecatini” futura Montedison, già si scorgeva il tramonto di un’epoca, fino ad arrivare alla notte senza stelle degli anni Sessanta del Novecento.

Dalla dichiarata improduttività delle miniere, Montecatini ha subito uno spopolamento rilevante, ma il nucleo del primitivo castello, sovrastato dalla possente torre dei Belforti, conserva in modo invidiabile le peculiari caratteristiche di borgo medievale, al punto da essere appetitosamente ricercato dal turista per caso, dal viaggiatore intrepido e dall’appassionato di storia, di arte e di cultura. Perso il suo profilo industriale il borgo si affida all’agricoltura, all’artigianato e al fenomeno degli agriturismi immersi nel verde delle campagne più belle della Toscana.

Ristoranti

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Terre degli etruschi e dei romani

Questa zona ha interessato lo sviluppo di antiche civiltà, come quella etrusca, favorita dallo sfruttamento delle sue preziose risorse minerarie; il rame di Montecatini, per la sua purezza e la facilità di fusione, era ambito dai popoli più industrializzati ed evoluti dell’epoca. Ad esempio l’antica Velathri, ormai soggetta al predominio romano, contribuì alla seconda guerra punica condotta da Scipione l’Africano con legname, frumento e i chiodi di rame di questo territorio.

Il ritrovamento di numerosi reperti dimostrano validamente anche la tesi di una lunga permanenza di un campo militare romano legata sia a motivi espansionistici che portò all’occupazione di Volterra e sia per la ricchezza dei minerali presenti nella zona; in epoca romana, ai tempi di Vespasiano, il rame di Montecatini, infatti, veniva ancora estratto e lo si faceva con il contributo forzato dei cristiani perseguitati e schiavizzati, gli stessi che poi introdussero e diffusero il Verbo di Dio in tutta la Valdicecina.

Montecatini borgo medievale

Sul crinale di una collina

Con la fine dell’impero romano, gli impianti minerari furono abbandonati e dell’intera zona non si hanno più notizie fino alla fine primo millennio dopo Cristo, quando probabilmente ad opera dei Belforti venuti in Italia al seguito dell’imperatore Ottone I, ebbe inizio la costruzione del borgo di Monte Leone, in futuro Montecatini. Quella Montecatini ricca di dettagli medievali che si erge sul crinale di uno dei tanti poggi irti dell’alta Valdicecina, a fianco del colle ancor più elevato delle miniere abbandonate di Caporciano.

Gli imponenti resti di queste miniere, con la torre del Pozzo Alfredo, ampi tratti delle costruzioni e la Miniera, messa in sicurezza e visitabile per un lungo tratto sono del tutto eccezionali, ma la suggestione che si prova nel percorrere il vecchio borgo si deve però soprattutto al colore ed al calore della pietra con la quale è stato costruito. Lungo il percorso della primitiva cinta muraria, interamente percorribile grazie ad un recente intervento di restauro, si conservano meravigliosi scorci di un passato remoto e stupendi panorami difficilmente da dimenticare.

Il potere tirannico su Montecatini

Proprietà dei Belforti

Prima del Duecento il borgo era infeudato ad Uberto fu Bello e a Signoretto fu Corrado, magnati della famiglia Belforti, la stessa famiglia che nei primi anni del Trecento vi fecero costruire la famosa torre iconica del centro storico, le mura e il castello e che difesero fino alla tragica decapitazione di Bocchino Belforti, ghibellino in un momento di prevalsa guelfa. Sebbene vi abbiano signoreggiato per molti secoli, la loro influenza venne ostacolata con l’intromissione di alcune famiglie e personalità esterne che con il tempo acquisirono tutti i loro poteri e i beni.

Ostico fu il vescovo Ildebrando che, in occasione della visita dell’imperatore Enrico VI a Volterra, si fece nominare principe con prerogative sovrane sui propri feudi compresi i territori di Montecatini; un secolo dopo però il vescovo Pagano, oberato di debiti, le cedette in pegno ai Falconcini ed ai Bonaguidi di Volterra, passando poi al Comune di Volterra. Sempre più circondati i Belforti contrastarono l’egemonia del Comune con l’autorità del vescovo Filippo Belforti, ma una volta caduto lui tutto andò per il male in peggio, estinguendo definitivamente il loro potere tirannico su Montecatini.

Le guerre di predominio

Da Volterra a Firenze

Con la scomparsa dei Belforti e dell’autorità vescovile le proprietà di questa famiglia entrarono definitivamente in possesso del Comune di Volterra e ne seguirono le sorti fino alla fine del Quattrocento, quando tutto il territorio cadde sotto il dominio della Repubblica fiorentina. Nel frattempo le attività minerarie ripartirono; dapprima fu concessa ad un certo Mariano di Matteo, in seguito fu ceduta ad una società formata da facoltosi ed influenti cittadini fiorentini, tra i quali Luigi e Jacopo Guicciardini.

Il proposito d’impadronirsi del rame di Montecatini, oltre che dell’allume, del sale, del vetriolo, non fu certamente estraneo alla decisione del Magnifico di scendere in guerra contro Volterra, tanto che le miniere come i pascoli ed i boschi, furono da allora iscritti nelle regalie del Comune di Firenze. Il rame interessava molto a Firenze e tradizione tramanda che la miniera rimase in funzione fino alla grande peste del Seicento granducale. Esaurita l’epidemia, l’attività riprese segnata da un evento tragico: una galleria male armata, tristemente nota come Buca di Nardone, provocò la morte di molti operai.

Una nuova epoca

Le miniere di rame

Dopo una lunga pausa, contrassegnata da sporadici tentativi di ripresa dell’attività, la miniera fu riaperta nell’Ottocento per opera di Luigi Porte, al quale si associarono Giacomo Leblanc e Sebastiano Kleiber. A dirigere le ricerche fu chiamato un ingegnere tedesco, Augusto Scheider. Successivamente ci fu l’ingresso nella società dei fratelli Orazio ed Alfredo Hall, e più tardi di Francesco Giuseppe Sloane, che sancirono il pieno decollo dell’impresa.

Sloane fu una persona illuminata e aperta socialmente che seppe affrontare anche i problemi dei lavoratori occupandosi personalmente delle condizioni del lavoro in miniera. A lui si devono l’ampliamento del villaggio minerario, l’istituzione di due teatri, di alcuni circoli di pensiero, di una scuola femminile ed un migliore trattamento per i minatori, cui furono concessi la cassa malattia e infortuni, un assegno pensionistico oltre all’assistenza per le vedove ed i figli. L’andamento positivo delle attività minerarie coinvolse l’intero paese che ebbe alcuni decenni di splendore economico e sociale, coincidente con gli anni della nascita del regno d’Italia.

Una nuova rinascita

Dalle industrie minerarie al turismo

Archiviato il lungo capitolo del medioevo, Montecatini si legò esclusivamente al destino delle miniere; non poteva essere altrimenti, perché per un certo periodo il rame veniva esportato persino in Inghilterra e Caporciano era considerata la miniera più ricca d’Europa. Le fortune però non sono infinite e già dalla fine dell’Ottocento, quando divenne proprietario il conte di Boutourline e poi la “Società Anonima della Miniera di Montecatini” futura Montedison, già si scorgeva il tramonto di un’epoca, fino ad arrivare alla notte senza stelle degli anni Sessanta del Novecento.

Dalla dichiarata improduttività delle miniere, Montecatini ha subito uno spopolamento rilevante, ma il nucleo del primitivo castello, sovrastato dalla possente torre dei Belforti, conserva in modo invidiabile le peculiari caratteristiche di borgo medievale, al punto da essere appetitosamente ricercato dal turista per caso, dal viaggiatore intrepido e dall’appassionato di storia, di arte e di cultura. Perso il suo profilo industriale il borgo si affida all’agricoltura, all’artigianato e al fenomeno degli agriturismi immersi nel verde delle campagne più belle della Toscana.

Antica
Medievale
Moderna
Contemporanea
Occulta
Personale
Genealogica

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