Sui monti a mezzogiorno di Castelnuovo Val di Cecina, là dove nasce il fiume Cornia, in vetta al versante che guarda la vallata percorsa dal torrente Pavone, si trovano i ruderi del castello di Santa Lucia in Bruciano. Questa fortificazione eretta sul poggio dell'Aia dei Diavoli, data la sua particolare posizione geografica, doveva essere senza dubbio imponente. Le rovine del castello sono segnalate anche sulla carta dell'Istituto Geografico Militare di Firenze e vi si accede dalla strada che da Castelnuovo porta al Sasso.
Per coloro che intendessero visitare questi ruderi è consigliabile raggiungerli dalla strada che, dopo tre chilometri da Larderello, porta verso Serazzano, deviando per la Leccia e Sasso Pisano, per poi, ritornando verso Castelnuovo, incontrare il bivio che porta alla fattoria di Bruciano e, poco dopo, il monte dove si trovano le rovine del castello. La macchina dobbiamo posteggiarla ai bordi della strada presso il vecchio casolare del Mulino di Bruciano e risalire a piedi il monte situato sulla sinistra della strada stessa.
Sono poche le notizie storiche su questo castello a noi pervenute. Si rammenta per la prima volta Bruciano nel Duecento, in occasione della divisione dei beni di proprietà dei Lambardi, insieme ai castelli di Elci, Castelnuovo, Monte Rotondo e Cornia, mentre altre attribuiscono la proprietà del castello ai Pannocchieschi del ramo dei conti di Elci, alcuni dei quali, a metà del Duecento, venderono, per cinquecento lire pisane, al Comune di Volterra la quarta parte di esso, del borgo e del suo territorio con la rispettiva giurisdizione. L'intera acquisizione avvenne invece soltanto nella metà del Quattrocento.
Il castello di Bruciano doveva essere il caposaldo della repubblica di Volterra verso la sottostante vallata del Pavone, torrente questo che divideva il suo territorio da quello del dirimpettaio Fosini. Per questo, alla fine del Duecento, i volterrani vollero che si sottoponesse al giuramento di fedeltà e soggezione: fu ritenuto troppo importante da perdere. Il castello di Bruciano, che si chiamava di Santa Lucia, dal quale la repubblica di Volterra ricavava ogni anno grande quantità di frumento, svolse la sua funzione di controllo del territorio fino a quando fu distrutto, insieme a quelli di Ripapoggioli e di Acquaviva, a seguito delle sedizioni fra Guelfi e Ghibellini.
Quando fu costituito il marchesato Castelnuovo, Bruciano non vi fu incluso pur essendo distante da esso solo quattro chilometri, e anche quando il granduca Leopoldo I abolì gli antichi feudi, questo territorio fu aggregato alla comunità di Pomarance.
Attualmente i ruderi del castello sono compresi nel territorio della Fattoria di Bruciano. Per fortuna la Villa della tenuta detiene molti reperti che sono custoditi gelosamente: la storia di questo posto è in qualche modo salva. Il poggio su cui risiede il castello è anche noto per le mofete che infestano il suolo di questa parte della Val di Cecina; non a caso viene chiamata Valle del Diavolo, una valle caratterizzata da numerose fumarole causate dalle emissioni fredde di anidride carbonica che fuoriescono dalle fessure del terreno.
Parlare delle origini del castello di Santa Lucìa in Bruciano è comunque assai difficile. Tuttavia si può avanzare la supposizione che a Bruciano, o nei dintorni, vi possa essere stata qualche colonia del tardo periodo etrusco e poi romano, come dimostrano i ritrovamenti di reperti archeologici fatti dallo stesso dott. Wesendonk, il quale li custodiva con amorevole ed encomiabile cura, in un ambiente della sua Fattoria.
A circa cinquecento metri di altitudine sopra il fossato del Raone si trovano i ruderi del fortilizio: lo si raggiunge da un versante dalla pendenza intorno al 40% con un ripido sentiero tutto ricoperto da fitta vegetazione e da un sottobosco rigoglioso.
I resti del castello sono disseminati sul piano con cui termina quel ripido colle e sono pressoché ricoperti dalla vegetazione e da sottobosco, per cui è difficile farsi un'idea chiara della precisa struttura dell'antica fortificazione. Camminando fra gli alberi, si vedono affiorare, tra il fogliame e gli arbusti, vari ruderi dell'antica costruzione e, qua e là, si possono localizzare impronte e sagome di alcune delle parti del castello e delle sue pertinenze, ma non è possibile dar loro una precisa definizione. Invece, sul versante di ponente, affiorano dal terreno alcune rovine che per la loro tipica forma e consistenza, possono essere identificate in due abbeveratoi, quasi due piccole cisterne.
La natura purtroppo impedisce anche un'accurata rilevazione fotografica delle rovine: un sopralluogo più fruttuoso sarebbe possibile effettuarlo solo dopo il taglio delle piante.
Sui monti a mezzogiorno di Castelnuovo Val di Cecina, là dove nasce il fiume Cornia, in vetta al versante che guarda la vallata percorsa dal torrente Pavone, si trovano i ruderi del castello di Santa Lucia in Bruciano. Questa fortificazione eretta sul poggio dell'Aia dei Diavoli, data la sua particolare posizione geografica, doveva essere senza dubbio imponente. Le rovine del castello sono segnalate anche sulla carta dell'Istituto Geografico Militare di Firenze e vi si accede dalla strada che da Castelnuovo porta al Sasso.
Per coloro che intendessero visitare questi ruderi è consigliabile raggiungerli dalla strada che, dopo tre chilometri da Larderello, porta verso Serazzano, deviando per la Leccia e Sasso Pisano, per poi, ritornando verso Castelnuovo, incontrare il bivio che porta alla fattoria di Bruciano e, poco dopo, il monte dove si trovano le rovine del castello. La macchina dobbiamo posteggiarla ai bordi della strada presso il vecchio casolare del Mulino di Bruciano e risalire a piedi il monte situato sulla sinistra della strada stessa.
Sono poche le notizie storiche su questo castello a noi pervenute. Si rammenta per la prima volta Bruciano nel Duecento, in occasione della divisione dei beni di proprietà dei Lambardi, insieme ai castelli di Elci, Castelnuovo, Monte Rotondo e Cornia, mentre altre attribuiscono la proprietà del castello ai Pannocchieschi del ramo dei conti di Elci, alcuni dei quali, a metà del Duecento, venderono, per cinquecento lire pisane, al Comune di Volterra la quarta parte di esso, del borgo e del suo territorio con la rispettiva giurisdizione. L'intera acquisizione avvenne invece soltanto nella metà del Quattrocento.
Il castello di Bruciano doveva essere il caposaldo della repubblica di Volterra verso la sottostante vallata del Pavone, torrente questo che divideva il suo territorio da quello del dirimpettaio Fosini. Per questo, alla fine del Duecento, i volterrani vollero che si sottoponesse al giuramento di fedeltà e soggezione: fu ritenuto troppo importante da perdere. Il castello di Bruciano, che si chiamava di Santa Lucia, dal quale la repubblica di Volterra ricavava ogni anno grande quantità di frumento, svolse la sua funzione di controllo del territorio fino a quando fu distrutto, insieme a quelli di Ripapoggioli e di Acquaviva, a seguito delle sedizioni fra Guelfi e Ghibellini.
Quando fu costituito il marchesato Castelnuovo, Bruciano non vi fu incluso pur essendo distante da esso solo quattro chilometri, e anche quando il granduca Leopoldo I abolì gli antichi feudi, questo territorio fu aggregato alla comunità di Pomarance.
Attualmente i ruderi del castello sono compresi nel territorio della Fattoria di Bruciano. Per fortuna la Villa della tenuta detiene molti reperti che sono custoditi gelosamente: la storia di questo posto è in qualche modo salva. Il poggio su cui risiede il castello è anche noto per le mofete che infestano il suolo di questa parte della Val di Cecina; non a caso viene chiamata Valle del Diavolo, una valle caratterizzata da numerose fumarole causate dalle emissioni fredde di anidride carbonica che fuoriescono dalle fessure del terreno.
Parlare delle origini del castello di Santa Lucìa in Bruciano è comunque assai difficile. Tuttavia si può avanzare la supposizione che a Bruciano, o nei dintorni, vi possa essere stata qualche colonia del tardo periodo etrusco e poi romano, come dimostrano i ritrovamenti di reperti archeologici fatti dallo stesso dott. Wesendonk, il quale li custodiva con amorevole ed encomiabile cura, in un ambiente della sua Fattoria.
A circa cinquecento metri di altitudine sopra il fossato del Raone si trovano i ruderi del fortilizio: lo si raggiunge da un versante dalla pendenza intorno al 40% con un ripido sentiero tutto ricoperto da fitta vegetazione e da un sottobosco rigoglioso.
I resti del castello sono disseminati sul piano con cui termina quel ripido colle e sono pressoché ricoperti dalla vegetazione e da sottobosco, per cui è difficile farsi un'idea chiara della precisa struttura dell'antica fortificazione. Camminando fra gli alberi, si vedono affiorare, tra il fogliame e gli arbusti, vari ruderi dell'antica costruzione e, qua e là, si possono localizzare impronte e sagome di alcune delle parti del castello e delle sue pertinenze, ma non è possibile dar loro una precisa definizione. Invece, sul versante di ponente, affiorano dal terreno alcune rovine che per la loro tipica forma e consistenza, possono essere identificate in due abbeveratoi, quasi due piccole cisterne.
La natura purtroppo impedisce anche un'accurata rilevazione fotografica delle rovine: un sopralluogo più fruttuoso sarebbe possibile effettuarlo solo dopo il taglio delle piante.
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Ottobre 10, 2024 23:07 local time