Nel medioevo a Serrazzano esistevano due chiese; ve ne era una privata di proprietà del signore del castello e quella pubblica al servizio dei popolani della corte castellana. Quest'ultima era la Chiesa di San Donato, pieve situata lungo i viari più frequentati delle campagne del castello. Aveva la funzione di chiesa parrocchiale, quindi disponeva di una fonte battesimale e della facoltà di amministrarvi gli altri sacramenti, e fintanto che aveva questi titoli era considerata matrice, ovvero la chiesa madre di tutto il paese e delle zone circostanti.
Successivamente, con la crescita demografica di Serrazzano, la Diocesi di Volterra dovette ripensare alla collocazione della chiesa, preferendo un luogo più centrale all'interno delle mura. Dentro le mura vi era già una chiesa, era quella del castellano dedicato a San Michele Arcangelo, ma appena la Diocesi riuscì a metterci le mani sopra trasferì in essa tutti i titoli della Chiesa di San Donato, compreso il nome. Con questo passaggio la chiesa fuori dal paese fu intitolata a Sant’Antonio Abate anche se, per una sovrapposizione di culti, è il Sant’Antonio da Padova che oggi, e da due secoli almeno, vi si onora.
Quando la chiesa di San Donato era fuori dal castello disponeva del servizio battesimale per uno scopo molto più politico che sociale; infatti, pur essendo una chiesa minore, lontano dai traffici delle grandi città, con tale titolo si dimostrava particolarmente attiva e frequentata, impedendo così la tentazione di oltrepassare i confini parrocchiali e limitare le ingerenze religiose da parte di altre Diocesi.
In questo caso, cartina alla mano, la pieve risultava essere una delle ultime postazioni ai confini della antica Diocesi di Volterra e come tale si dimostrava utile per mantenere saldo il controllo delle sue proprietà a fronte dell'invadenza minacciosa della Diocesi di Massa Marittima. Tra i poderi ambiti e rispettivi appezzamenti di terra a cui la Chiesa di San Donato manteneva un certo potere vi erano quelli della Pieve di Lustignano e la Pieve di Bagno a Morba, da sempre oggetti di contestazioni territoriali, di cui oggi possiamo vederne solo le loro rovine.
Restaurata alla fine del Novecento, la chiesa di Sant'Antonio detiene il primato di essere la chiesa più antica delle colline metallifere: si tratta di un edificio protoromanico attribuibile almeno alla fine del decimo secolo. Sorse prima che Serrazzano fosse circondato da mura castellane e prima che fosse eretta la chiesa all'interno del castello.
Della struttura colpisce il bel portale con la sua architrave monolitica in pietra di forma trapezoidale in stile barbarico. Sulla parte superiore della facciata, si individua una finestrella ottocentesca e un piccolo campanile a vela. Al suo interno interessante è il sotto tetto travato e la finestrina centrale, a doppia strombatura, dell'abside semicircolare, che non ha eguali in tutta la zona. Il tocco di classe è la rifinitura rustica delle pareti tirate su con grosse bozze d'arenaria perfettamente squadrate e sovrapposte.
Le sue caratteristiche estetiche rimandano alle antiche costruzioni ritrovate in Corsica, alchè viene da pensare al ruolo che potrebbe aver avuto, in tale realizzazione, la Badia di San Pietro in Palazzuolo, in parte corsa, che intorno all'anno Mille imponeva la sua influenza sui territori della Valdicecina.
L'Oratorio di Sant'Antonio affiancava l'antico ospedale di Serrazzano. Era citato sia con il nome di San Michele, come la chiesa dentro le mura castellane, sia con il nome di Sant'Antonio di Vienne e addirittura con quello di Santa Maria Maddalena in riferimento ad un romitorio qui vicino di cui oggi non abbiamo alcuna traccia. Venne costruito intorno al Trecento dietro le volontà dei frati di Sant'Antonio di Vienne di Volterra, i quali vollero esplicitamente che fosse eretta vicino la chiesina perché di passaggio lungo la via vecchia di Cornia.
I lasciti testamentari degli abitanti del luogo permisero alla frateria di sostenere i costi dell'ospedale, ma scomparve alla fine del Trecento, nello stesso secolo in cui vide la luce, come la maggior parte degli spedali del territorio. Di sicuro nei censimenti redatti nel Cinquecento dell’ospedale non rimaneva traccia, ad eccezione del piccolo cimitero a destra della porta d’ingresso. Oggi è solo una storia da raccontare.
Nel medioevo a Serrazzano esistevano due chiese; ve ne era una privata di proprietà del signore del castello e quella pubblica al servizio dei popolani della corte castellana. Quest'ultima era la Chiesa di San Donato, pieve situata lungo i viari più frequentati delle campagne del castello. Aveva la funzione di chiesa parrocchiale, quindi disponeva di una fonte battesimale e della facoltà di amministrarvi gli altri sacramenti, e fintanto che aveva questi titoli era considerata matrice, ovvero la chiesa madre di tutto il paese e delle zone circostanti.
Successivamente, con la crescita demografica di Serrazzano, la Diocesi di Volterra dovette ripensare alla collocazione della chiesa, preferendo un luogo più centrale all'interno delle mura. Dentro le mura vi era già una chiesa, era quella del castellano dedicato a San Michele Arcangelo, ma appena la Diocesi riuscì a metterci le mani sopra trasferì in essa tutti i titoli della Chiesa di San Donato, compreso il nome. Con questo passaggio la chiesa fuori dal paese fu intitolata a Sant’Antonio Abate anche se, per una sovrapposizione di culti, è il Sant’Antonio da Padova che oggi, e da due secoli almeno, vi si onora.
Quando la chiesa di San Donato era fuori dal castello disponeva del servizio battesimale per uno scopo molto più politico che sociale; infatti, pur essendo una chiesa minore, lontano dai traffici delle grandi città, con tale titolo si dimostrava particolarmente attiva e frequentata, impedendo così la tentazione di oltrepassare i confini parrocchiali e limitare le ingerenze religiose da parte di altre Diocesi.
In questo caso, cartina alla mano, la pieve risultava essere una delle ultime postazioni ai confini della antica Diocesi di Volterra e come tale si dimostrava utile per mantenere saldo il controllo delle sue proprietà a fronte dell'invadenza minacciosa della Diocesi di Massa Marittima. Tra i poderi ambiti e rispettivi appezzamenti di terra a cui la Chiesa di San Donato manteneva un certo potere vi erano quelli della Pieve di Lustignano e la Pieve di Bagno a Morba, da sempre oggetti di contestazioni territoriali, di cui oggi possiamo vederne solo le loro rovine.
Restaurata alla fine del Novecento, la chiesa di Sant'Antonio detiene il primato di essere la chiesa più antica delle colline metallifere: si tratta di un edificio protoromanico attribuibile almeno alla fine del decimo secolo. Sorse prima che Serrazzano fosse circondato da mura castellane e prima che fosse eretta la chiesa all'interno del castello.
Della struttura colpisce il bel portale con la sua architrave monolitica in pietra di forma trapezoidale in stile barbarico. Sulla parte superiore della facciata, si individua una finestrella ottocentesca e un piccolo campanile a vela. Al suo interno interessante è il sotto tetto travato e la finestrina centrale, a doppia strombatura, dell'abside semicircolare, che non ha eguali in tutta la zona. Il tocco di classe è la rifinitura rustica delle pareti tirate su con grosse bozze d'arenaria perfettamente squadrate e sovrapposte.
Le sue caratteristiche estetiche rimandano alle antiche costruzioni ritrovate in Corsica, alchè viene da pensare al ruolo che potrebbe aver avuto, in tale realizzazione, la Badia di San Pietro in Palazzuolo, in parte corsa, che intorno all'anno Mille imponeva la sua influenza sui territori della Valdicecina.
L'Oratorio di Sant'Antonio affiancava l'antico ospedale di Serrazzano. Era citato sia con il nome di San Michele, come la chiesa dentro le mura castellane, sia con il nome di Sant'Antonio di Vienne e addirittura con quello di Santa Maria Maddalena in riferimento ad un romitorio qui vicino di cui oggi non abbiamo alcuna traccia. Venne costruito intorno al Trecento dietro le volontà dei frati di Sant'Antonio di Vienne di Volterra, i quali vollero esplicitamente che fosse eretta vicino la chiesina perché di passaggio lungo la via vecchia di Cornia.
I lasciti testamentari degli abitanti del luogo permisero alla frateria di sostenere i costi dell'ospedale, ma scomparve alla fine del Trecento, nello stesso secolo in cui vide la luce, come la maggior parte degli spedali del territorio. Di sicuro nei censimenti redatti nel Cinquecento dell’ospedale non rimaneva traccia, ad eccezione del piccolo cimitero a destra della porta d’ingresso. Oggi è solo una storia da raccontare.
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Dicembre 14, 2024 18:42 local time