A pochi metri dal letto del Pavone

La fortuna del rame

Il territorio della Val di Cecina, specialmente la parte alta, ha un'attrazione particolare, quasi si trattasse di una sorta di "Shangrilà", di un luogo magico di grandi leggende pagane e scenari lugubri fatti pozzi senza fine, buio pesto, animali feroci e quanto di più terrificante per convincerci che quelli erano posti da non esplorare. Ovviamente quando la conoscenza scaccia i mostri generati dalla ignoranza, ti accorgi della ineguagliabile bellezza che queste zone possiedono.

Stretta tra la mole della torre di Sillano da una parte e Montecastelli dall'altra, a pochi metri dal letto del Pavone si trova la Miniera del Pavone da cui fino alla fine dell'ottocento si estraeva il prezioso, per quei tempi, minerale che era il rame.

Dell'importanza della miniera e di ciò che si estraeva è sufficiente guardare di che materiale fossero fatti la maggior parte degli utensili domestici di un secolo fa. I paioli, le pentole, le condutture del "carburo" che serviva per l'illuminazione e tantissimi altri oggetti erano costruiti in rame o sue leghe come l'ottone, realizzato fondendo il rame con lo zinco.

Dalla crisi alla crisi

Il lavoro di una volta

Le miniere erano ritenute importanti perché alleviavano anche la cronica scarsità di lavoro di queste zone un po' ai margini dei centri industrializzati che vedevano nel lavoro in cava uno sbocco occupazionale non secondario, considerato il fatto che tali lavorazioni necessitavano di ingente quantità di manodopera.

Tale importanza tuttavia, alla fine dell'Ottocento, generò una grande crisi di occupazione. La chiusura definitiva in grande scala dei lavori in miniera fu talmente critica da essere menzionata nella relazione del IV Censimento della Popolazione. Nel documento si faceva notare come: "Il maggior numero delle emigrazioni di fronte alle immigrazioni deriva dalla sovrabbondanza di popolazione per le occorrenze locali allo stato delle colture e delle industrie verificatosi dopo la chiusura delle miniere di Montecastelli". Non è quindi difficile immaginare che la miniera con il suo indotto di attività artigianali avessero dato lavoro, nel periodo di maggior sviluppo, a diverse centinaia di persone. Questo è avvalorato anche dall'imponenza dei lavori eseguiti che ancora oggi sono ben visibili e apprezzabili sia per l'accuratezza che per le soluzioni tecniche d'avanguardia adottate.

All'interno della montagna

Gallerie lunghissime

L'apertura di numerose gallerie fra le quali la più lunga, oltre settecento metri, era quella destinata al deflusso delle acque che servivano sia da forza motrice per il funzionamento dei vari macchinari all'interno della montagna che per il lavaggio del minerale estratto. Inoltre un pozzo che per raggiungere il livello più basso era profondo centosettanta metri. Gli edifici che si trovano all'esterno avevano anche loro una specifica funzione di supporto per l'intera attività estrattiva. Vi erano officine per la realizzazione di arnesi, la loro riparazione, alloggi, magazzini, stalle per gli animali che erano per lo più utilizzati per il trasporto del prezioso minerale il quale lavato e quindi raffinato in opportune "lavanderie" ancora oggi visibili all'esterno, veniva poi mandato alla fonderia.

Altra opera molto importante e di avanzata tecnologia è la diga o "ripresa" che venne innalzata cinquecento metri più a monte sul torrente Pavone e che grazie a un lungo "gorile" portava la quantità d'acqua necessaria per azionare i macchinari all'interno delle gallerie.

I luoghi dei minatori

La vita sotto terra

Le gallerie sono, almeno nella parte dove erano presenti i macchinari, in buono stato di conservazione, nonostante sia passato più di un secolo da quando fu interrotta ogni attività. Sono molto ampie e completamente armate da volte in mattoni intonacati e parzialmente dipinti, come nel caso della piccola cappellina dove si pregava, in cui la tinta azzurra è ancora ben visibile. L'areazione è sufficiente e ben si tollera il fatto di essere nelle viscere della montagna. Il sistema che era stato escogitato permetteva una naturale circolazione dell'aria grazie ad un principio fisico molto semplice: sfruttavano la teoria dei moti convettivi dei gas che si innescano al variare della temperatura di questi.

Andando oltre, agli estremi dove veniva estratto il minerale, le gallerie sono molto più piccole, non armate e con scarsa ventilazione. Le difficoltà dovevano essere immense, se si pensa solo al fatto che i materiali da costruzione erano interamente realizzati in loco; la calcina, i mattoni tutto era realizzato partendo da zero ed in quantità davvero ingenti. Il legname serviva in abbondanza e fu proprio in quel periodo che venne tagliato praticamente tutto ciò che era disponibile nei dintorni, rendendo Poggiamonti brullo.

Luoghi rifugio di pipistrelli

Pericolose da visitare

Il disboscamento, tra l'altro, innescò un dissesto idrogeologico molto forte, che solo da qualche anno si è parzialmente ridotto grazie al piano di rimboschimento effettuato negli anni cinquanta e all'oblio in cui è caduta la miniera da più di un secolo. Gli equilibri e le ferite che la natura riesce a ristabilire ed a risanare sono molto fragili ed hanno bisogno di tempi lunghi ed è per questo che solo grazie alla sua collocazione difficilmente raggiungibile è stato possibile mantenere inalterato tutto ciò.

I pipistrelli che vi abitano abitualmente sono assai numerosi e, considerato le dimensioni delle gallerie, quando questi si muovono in massa verso l'uscita, conviene mettersi di lato e farli passare per evitare di trovarseli anche in tasca. Comunque sono animaletti innocui ed utilissimi quindi da proteggere in tutti i modi. Il consiglio sentito è quello di non avventurarsi senza guida professionale all'interno dei ruderi esterni tantomeno nelle gallerie dai quali si possono staccare pietre e mattoni che, cadendo, potrebbero risultare pericolosi. Vi sono infatti su tutto il comprensorio minerario cartelli che impongono l'assoluto divieto di entrata.

A pochi metri dal letto del Pavone

La fortuna del rame

Il territorio della Val di Cecina, specialmente la parte alta, ha un'attrazione particolare, quasi si trattasse di una sorta di "Shangrilà", di un luogo magico di grandi leggende pagane e scenari lugubri fatti pozzi senza fine, buio pesto, animali feroci e quanto di più terrificante per convincerci che quelli erano posti da non esplorare. Ovviamente quando la conoscenza scaccia i mostri generati dalla ignoranza, ti accorgi della ineguagliabile bellezza che queste zone possiedono.

Stretta tra la mole della torre di Sillano da una parte e Montecastelli dall'altra, a pochi metri dal letto del Pavone si trova la Miniera del Pavone da cui fino alla fine dell'ottocento si estraeva il prezioso, per quei tempi, minerale che era il rame.

Dell'importanza della miniera e di ciò che si estraeva è sufficiente guardare di che materiale fossero fatti la maggior parte degli utensili domestici di un secolo fa. I paioli, le pentole, le condutture del "carburo" che serviva per l'illuminazione e tantissimi altri oggetti erano costruiti in rame o sue leghe come l'ottone, realizzato fondendo il rame con lo zinco.

Dalla crisi alla crisi

Il lavoro di una volta

Le miniere erano ritenute importanti perché alleviavano anche la cronica scarsità di lavoro di queste zone un po' ai margini dei centri industrializzati che vedevano nel lavoro in cava uno sbocco occupazionale non secondario, considerato il fatto che tali lavorazioni necessitavano di ingente quantità di manodopera.

Tale importanza tuttavia, alla fine dell'Ottocento, generò una grande crisi di occupazione. La chiusura definitiva in grande scala dei lavori in miniera fu talmente critica da essere menzionata nella relazione del IV Censimento della Popolazione. Nel documento si faceva notare come: "Il maggior numero delle emigrazioni di fronte alle immigrazioni deriva dalla sovrabbondanza di popolazione per le occorrenze locali allo stato delle colture e delle industrie verificatosi dopo la chiusura delle miniere di Montecastelli". Non è quindi difficile immaginare che la miniera con il suo indotto di attività artigianali avessero dato lavoro, nel periodo di maggior sviluppo, a diverse centinaia di persone. Questo è avvalorato anche dall'imponenza dei lavori eseguiti che ancora oggi sono ben visibili e apprezzabili sia per l'accuratezza che per le soluzioni tecniche d'avanguardia adottate.

All'interno della montagna

Gallerie lunghissime

L'apertura di numerose gallerie fra le quali la più lunga, oltre settecento metri, era quella destinata al deflusso delle acque che servivano sia da forza motrice per il funzionamento dei vari macchinari all'interno della montagna che per il lavaggio del minerale estratto. Inoltre un pozzo che per raggiungere il livello più basso era profondo centosettanta metri. Gli edifici che si trovano all'esterno avevano anche loro una specifica funzione di supporto per l'intera attività estrattiva. Vi erano officine per la realizzazione di arnesi, la loro riparazione, alloggi, magazzini, stalle per gli animali che erano per lo più utilizzati per il trasporto del prezioso minerale il quale lavato e quindi raffinato in opportune "lavanderie" ancora oggi visibili all'esterno, veniva poi mandato alla fonderia.

Altra opera molto importante e di avanzata tecnologia è la diga o "ripresa" che venne innalzata cinquecento metri più a monte sul torrente Pavone e che grazie a un lungo "gorile" portava la quantità d'acqua necessaria per azionare i macchinari all'interno delle gallerie.

I luoghi dei minatori

La vita sotto terra

Le gallerie sono, almeno nella parte dove erano presenti i macchinari, in buono stato di conservazione, nonostante sia passato più di un secolo da quando fu interrotta ogni attività. Sono molto ampie e completamente armate da volte in mattoni intonacati e parzialmente dipinti, come nel caso della piccola cappellina dove si pregava, in cui la tinta azzurra è ancora ben visibile. L'areazione è sufficiente e ben si tollera il fatto di essere nelle viscere della montagna. Il sistema che era stato escogitato permetteva una naturale circolazione dell'aria grazie ad un principio fisico molto semplice: sfruttavano la teoria dei moti convettivi dei gas che si innescano al variare della temperatura di questi.

Andando oltre, agli estremi dove veniva estratto il minerale, le gallerie sono molto più piccole, non armate e con scarsa ventilazione. Le difficoltà dovevano essere immense, se si pensa solo al fatto che i materiali da costruzione erano interamente realizzati in loco; la calcina, i mattoni tutto era realizzato partendo da zero ed in quantità davvero ingenti. Il legname serviva in abbondanza e fu proprio in quel periodo che venne tagliato praticamente tutto ciò che era disponibile nei dintorni, rendendo Poggiamonti brullo.

Luoghi rifugio di pipistrelli

Pericolose da visitare

Il disboscamento, tra l'altro, innescò un dissesto idrogeologico molto forte, che solo da qualche anno si è parzialmente ridotto grazie al piano di rimboschimento effettuato negli anni cinquanta e all'oblio in cui è caduta la miniera da più di un secolo. Gli equilibri e le ferite che la natura riesce a ristabilire ed a risanare sono molto fragili ed hanno bisogno di tempi lunghi ed è per questo che solo grazie alla sua collocazione difficilmente raggiungibile è stato possibile mantenere inalterato tutto ciò.

I pipistrelli che vi abitano abitualmente sono assai numerosi e, considerato le dimensioni delle gallerie, quando questi si muovono in massa verso l'uscita, conviene mettersi di lato e farli passare per evitare di trovarseli anche in tasca. Comunque sono animaletti innocui ed utilissimi quindi da proteggere in tutti i modi. Il consiglio sentito è quello di non avventurarsi senza guida professionale all'interno dei ruderi esterni tantomeno nelle gallerie dai quali si possono staccare pietre e mattoni che, cadendo, potrebbero risultare pericolosi. Vi sono infatti su tutto il comprensorio minerario cartelli che impongono l'assoluto divieto di entrata.

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  • Ottobre 10, 2024 22:55 local time