Testimonianza permanente del lavoro moderno

Nel borgo di Canneto

Canneto si erge su una altura ai limiti della Valdicecina, circondato dai boschi e le colline che separano la valle dello Sterza da quello della val di Cornia. Una piccola località della giurisdizione di Monteverdi Marittimo che per secoli si è legata alla adiacente foresta di Monterufoli-Caselli e alle sue fruttuose attività minerarie. La storia delle miniere apre le porte al primo piano delle ex scuole di via Roma, lungo la direttrice della Canneto moderna che unisce Casino di Terra a Monteverdi.

In queste stanze è stata allestita una testimonianza permanente di un'industria fiorente che si è sviluppata dalla metà del Settecento fino al secondo dopoguerra. Sui poggi di Monterufoli si scavava alla ricerca del calcedonio, prezioso quarzo da inviare a Firenze, all'Opificio delle pietre dure, per essere trasformato in luccicanti oggetti ornamentali; poi fu la volta della magnesite e della lignite, trovate in quantità da giustificare la costruzione di una ferrovia ad hoc. Invece sul Monte Canneto, nel Novecento, si cominciò a cercare il manganese, fondamentale nelle lavorazioni siderurgiche di Piombino.

Si annetteva alla Cecina - Saline di Volterra

La ferrovia di Monterufoli

La linea ferroviaria, lunga circa diciassette chilometri, ha funzionato come ferrovia privata per oltre cinquant'anni fino a poco prima della metà del Novecento ed era riservata quasi esclusivamente al traffico merci. Partendo dalla zona della miniera, detta Villetta di Monterufoli, la linea seguiva il corso del torrente Ritasso, con tratti in rilevato ed alcune trincee, scavate a quel tempo nella roccia con le picconate. Per i primi cinque chilometri esistevano anche tre bei ponti in muratura, di cui sono tutt'ora ben visibili i cospicui resti, che scavalcavano il torrente anche a grande altezza.

La parte restante della ferrovia, invece, correva per circa dodici chilometri lungo lo Sterza, fino a Casino di Terra, dove si ricongiungeva con la linea Cecina-Saline di Volterra. Poi da qui raggiungeva il mercato internazionale, passando per Piombino o per Pisa. Il progressivo esaurimento dei filoni di lignite, insieme a una serie di incidenti che si verificarono nelle miniere e alla difficoltà di condurre nuove ricerche, segnò l'irreversibile declino della miniera e lo smantellamento della ferrovia. Il percorso della vecchia ferrovia è diventato un interessante itinerario, soprattutto nella zona vicino alla miniera.

Storie pluricentenarie

In ricordo dei minatori

Inoltrarsi all'interno della foresta di Caselli per toccare con mano la vita di miniera non è affare di tutti, dipende anche dallo spirito avventuriero personale di ognuno. Proprio per sopperire alle eventuali difficoltà è stato creato un museo permanente, che potesse fornire tutte le informazioni sull'argomento senza sudare troppo. Il Comune di Monteverdi ci ha messo i locali, l'Associazione Geostorici il materiale iconografico e documentario. L'allestimento delle sale porta la firma dell'architetto cecinese Massimo Argelassi, compresa la riproposizione di uno spezzone di miniera, con spazi interattivi che raccontano una storia pluricentenaria di scavi e minatori.

Gli utensili e gli oggetti di uso comune di un tempo hanno acquisito una loro valenza culturale. Nelle bacheche della mostra sono esposti per lo più oggetti personali, serie di foto private e documenti appartenuti ai minatori e alle aziende detentrici delle zone di scavo; con meraviglia evidenziano quanto fosse duro il mestiere del minatore che, ogni giorno sia uomini e donne, era costretto a fare Canneto-miniera-Canneto a piedi o in bici, perché a quel tempo di altro non si campava.

Testimonianza permanente del lavoro moderno

Nel borgo di Canneto

Canneto si erge su una altura ai limiti della Valdicecina, circondato dai boschi e le colline che separano la valle dello Sterza da quello della val di Cornia. Una piccola località della giurisdizione di Monteverdi Marittimo che per secoli si è legata alla adiacente foresta di Monterufoli-Caselli e alle sue fruttuose attività minerarie. La storia delle miniere apre le porte al primo piano delle ex scuole di via Roma, lungo la direttrice della Canneto moderna che unisce Casino di Terra a Monteverdi.

In queste stanze è stata allestita una testimonianza permanente di un'industria fiorente che si è sviluppata dalla metà del Settecento fino al secondo dopoguerra. Sui poggi di Monterufoli si scavava alla ricerca del calcedonio, prezioso quarzo da inviare a Firenze, all'Opificio delle pietre dure, per essere trasformato in luccicanti oggetti ornamentali; poi fu la volta della magnesite e della lignite, trovate in quantità da giustificare la costruzione di una ferrovia ad hoc. Invece sul Monte Canneto, nel Novecento, si cominciò a cercare il manganese, fondamentale nelle lavorazioni siderurgiche di Piombino.

Si annetteva alla Cecina - Saline di Volterra

La ferrovia di Monterufoli

La linea ferroviaria, lunga circa diciassette chilometri, ha funzionato come ferrovia privata per oltre cinquant'anni fino a poco prima della metà del Novecento ed era riservata quasi esclusivamente al traffico merci. Partendo dalla zona della miniera, detta Villetta di Monterufoli, la linea seguiva il corso del torrente Ritasso, con tratti in rilevato ed alcune trincee, scavate a quel tempo nella roccia con le picconate. Per i primi cinque chilometri esistevano anche tre bei ponti in muratura, di cui sono tutt'ora ben visibili i cospicui resti, che scavalcavano il torrente anche a grande altezza.

La parte restante della ferrovia, invece, correva per circa dodici chilometri lungo lo Sterza, fino a Casino di Terra, dove si ricongiungeva con la linea Cecina-Saline di Volterra. Poi da qui raggiungeva il mercato internazionale, passando per Piombino o per Pisa. Il progressivo esaurimento dei filoni di lignite, insieme a una serie di incidenti che si verificarono nelle miniere e alla difficoltà di condurre nuove ricerche, segnò l'irreversibile declino della miniera e lo smantellamento della ferrovia. Il percorso della vecchia ferrovia è diventato un interessante itinerario, soprattutto nella zona vicino alla miniera.

Storie pluricentenarie

In ricordo dei minatori

Inoltrarsi all'interno della foresta di Caselli per toccare con mano la vita di miniera non è affare di tutti, dipende anche dallo spirito avventuriero personale di ognuno. Proprio per sopperire alle eventuali difficoltà è stato creato un museo permanente, che potesse fornire tutte le informazioni sull'argomento senza sudare troppo. Il Comune di Monteverdi ci ha messo i locali, l'Associazione Geostorici il materiale iconografico e documentario. L'allestimento delle sale porta la firma dell'architetto cecinese Massimo Argelassi, compresa la riproposizione di uno spezzone di miniera, con spazi interattivi che raccontano una storia pluricentenaria di scavi e minatori.

Gli utensili e gli oggetti di uso comune di un tempo hanno acquisito una loro valenza culturale. Nelle bacheche della mostra sono esposti per lo più oggetti personali, serie di foto private e documenti appartenuti ai minatori e alle aziende detentrici delle zone di scavo; con meraviglia evidenziano quanto fosse duro il mestiere del minatore che, ogni giorno sia uomini e donne, era costretto a fare Canneto-miniera-Canneto a piedi o in bici, perché a quel tempo di altro non si campava.