Il Museo Guarnacci è uno dei più antichi Musei pubblici d'Europa: nasce poco dopo la metà del Settecento quando il nobile abate Mario Guarnacci dona il suo ingente patrimonio archeologico, raccolto in anni di ricerche e acquisti, al "pubblico della città di Volterra".
La donazione, che comprendeva anche una biblioteca ricca di oltre cinquantamila volumi, fu un atto di estrema lungimiranza in quanto, oltre a dotare la città di uno strumento culturale importantissimo, scongiurò il pericolo che l'ingente patrimonio accumulato si disperdesse.
Il Guarnacci, eruditissimo storico, ebbe sicuramente il grande merito di attrarre su Volterra le attenzioni dei massimi intelletti dell'epoca come Giovanni Lami, Scipione Maffei, Anton Francesco Gori, che si dedicarono alla divulgazione scientifica dei materiali della sua collezione attraverso importanti pubblicazioni e costanti notizie su riviste come "Le Novelle Letterarie", edite a Firenze per cura dello stesso Lami.
Anche se il nome del Museo richiama immediatamente il Guarnacci, non fu lui il solo ed esclusivo fondatore della raccolta museale. In realtà, tutti gli storici volterrani citano il nome di Pietro Franceschini, come fondatore di un Museo a Volterra di carattere pubblico nei primi anni del Settecento. Da quella esposizione si scatenò una vera e propria ricerca al reperto in Volterra, tanto che, intorno alla metà del Settecento, esistevano ben cinque Musei di antichità a Volterra. Oltre alle raccolte già menzionate, il Franceschini possedeva altri reperti che andarono a costituire una collezione privata. Un'altra collezione apparteneva alla famiglia Giorgi, una alla famiglia Galluzzi e una, molto più cospicua, appartenente alla famiglia Guarnacci.
Inizialmente la collezione guarnacciana ebbe come sede il palazzo Maffei di Via Matteotti, acquistato dal Guarnacci stesso per collocarvi il suo patrimonio; alla sua morte, i beni furono trasferiti, assieme alla biblioteca, nel duecentesco Palazzo dei Priori.
Il museo rimase all'interno di Palazzo dei Priori per tre anni quando, accresciuto da donativi, acquisti e dai frutti di fortunate ricerche condotte in prima persona dai responsabili scientifici dell'Istituzione, fu collocato dal direttore Niccolò Maffei nella sede di palazzo Desideri Tangassi. Dalla seconda metà dell'Ottocento a ora il museo non ha più subito trasferimenti.
Il fronte della parte centrale di Via Don Minzoni diventa, grazie alla facciata del Museo Etrusco Guarnacci, un ritmo continuo di alte finestre sormontate dal timpano triangolare con davanzali in pietra sporgenti dalle campiture di intonaco al primo piano e mensole al secondo, impastato simmetricamente sul portale centrale. Un profilo suggestivo dall'aspetto autoritario.
Il Palazzo Desideri Tangassi si riconosce anche dal suo bel portale e soprattutto dal maestoso portone con affisso un Satiro. Il battiporta alquanto macabro, dagli occhi pungenti e dalla bocca serafica, con il suo sguardo demoniaco cerca di proteggere dai malintenzionati i tesori che si trovano oltre la soglia d'accesso. Un'usanza tutta tipica dell'Ottocento.
La disposizione attuale e la collocazione dei materiali risentono dell'impostazione, di stampo positivistico, data loro dal Maffei, con una separazione per classi degli oggetti e una distinzione delle urne secondo il tema del bassorilievo della cassa. Nel rispetto di questa impostazione, essa stessa memoria storica del Museo, si è cercato, in tempi recentissimi, di affiancarne un'altra, più didascalica, con un percorso cronologico ricavato all'interno dell'esposizione stessa, in grado di condurre il visitatore attraverso la lunga vicenda storica dell'etrusca Velathri.
Alla cassa è possibile noleggiare delle audioguide portatili in lingua italiana, inglese, francese e tedesco; servono ad accompagnare il visitatore durante il percorso di visita del museo e sono utilissime per calarsi nell'atmosfera e per comprendere al meglio le opere presenti nel museo. A promemoria di ciò che si è visto il museo ospita un bookshop in cui si possono acquistare numerosi articoli che si ispirano alle collezioni del museo: guide e cataloghi, diverse pubblicazioni didattiche e divulgative sugli etruschi.
Il percorso cronologico inizia al Piano terreno dove sono esposti monumenti significativi pre e protostorici, orientalizzanti e arcaici, poi quelli classici e prosegue al secondo piano dove è illustrato il periodo storico della grande fioritura economica e artistica della città, quello dalla fine del IV secolo a.C.
All'inizio del percorso segnalo la ricostruzione delle sepolture della prima età del ferro, i materiali ricavati dagli scavi delle necropoli di Badia e Guerruccia; nelle adiacenze quelli della necropoli delle Ripaie.
Poi si passa al periodo orientalizzante, scarsamente documentato a Volterra, che è rappresentato da oggetti significativi: il kyathos (attingitoio) in bucchero da Monteriggioni con incisa una iscrizione dedicatoria, una serie di bronzetti di offerenti, e le eccezionali oreficerie provenienti da Gesseri di Berignone donate al Museo dal Vescovo Incontri agli inizi dell'Ottocento.
AI periodo arcaico appartiene invece uno dei monumenti più noti della collezione guarnacciana: la stele di Avile Tite, un monumento funerario che raffigura un guerriero armato di lancia e spada che, stilisticamente mostra strette affinità con opere greco-orientali. Altri ritrovamenti rilevanti sono uno scarabeo in corniola con iscrizione greca relativa all'artefice (Lysandros), un cratere attico attribuito alla tarda produzione del Pittore di Berlino e bronzetti di età classica con varie raffigurazioni. Di oggetti curiosi ve ne sono una infinità!
Il percorso prosegue al primo e secondo piano, che, attraverso un'esposizione selettiva di monumenti, intende dare un'immagine panoramica delle produzioni e delle sepolture del periodo convenzionalmente definito Ellenistico. Elemento caratterizzante l'esposizione è l'urna cineraria tipica di Volterra e del suo territorio: in essa venivano riposti i resti del defunto dopo il rito della cremazione, quasi esclusivo a Volterra.
Al primo piano sono esposte oltre seicento urne ordinate sulla base del soggetto dei bassorilievi della cassa: motivi ornamentali (demoni, maschere, rosoni); animali fantastici e feroci; addio del defunto ai parenti; viaggio agli inferi a cavallo, con il carro coperto (carpentum) o con la quadriga.
Non mancano urne con bassorilevi di argomento mitologico greco. Ciclo troiano: Cadmo che uccide il drago, Atteone sbranato dai cani, il supplizio di Dirce, Edipo e la Sfinge, i sette contro Tebe, sala XVI; Il riconoscimento di Paride per figlio di Priamo, il rapimento di Elena, Telefo nel campo dei greci, Filottete abbandonato nell'isola di Lemno, l'arrivo delle Amazzoni in aiuto di Priamo, il sacrificio dei prigionieri troiani in onore di Patroclo; saghe ateniesi: Teseo e il Minotauro, il ratto delle Leucippidi; miti argivi: Perseo libera Andromeda, la vicenda di Pelope, Enomao e Ippodamia. Alcuni episodi sono tratti direttamente dall'Odissea: Ulisse e le Sirene, l'accecamento di Polifemo, la trasformazione in animali dei marinai di Ulisse, l'uccisione dei Proci.
Con un particolare risalto è esposto uno dei monumenti più significativi di tutta la collezione Il coperchio degli Sposi, due anziani coniugi distesi sul letto del convivio con i volti fortemente caratterizzati, modellati in terracotta.
Il pezzo indiscusso più conosciuto al mondo, richiesto in molte mostre estere, nonchè soggetto di ispirazione di arte contemporanea e letteraria, rimane l'ex-voto allungato di un giovinetto noto come Ombra della Sera. La sua grandissima fama, arricchita da leggende tanto curiose quanto false, è dovuta essenzialmente alla singolare forma di questo bronzo votivo che evoca l'ombra proiettata sul terreno dalla figura umana alla luce del tramonto e che trova singolari assonanze con opere di scultura contemporanea. Questa sua "modernità", unita allo straordinario modellato delle forme, anomale per l'allungamento innaturale della figura ma, al contempo, perfettamente proporzionate, fanno di questo bronzo uno dei capolavori della scultura etrusca.
Dopo una rampa di scale con al centro della tromba la figura marmorea del Guarnacci, l'archeologia si eleva al primo piano del Museo, che ha in tutte le sale pavimenti a mosaico provenienti da edifici di età imperiale romana di Volterra o di Segalari. Qui ci sono importanti sezioni della collezione guarnacciana: il monetiere con rarissimi esemplari etruschi in oro, argento, bronzo e oltre tremila monete greche, romane repubblicane e imperiali, i bronzetti, le oreficerie e le gemme.
Conclude la visita del primo piano la sala dedicata alla Volterra romana, nella quale sono esposti materiali provenienti dall'area urbana e da Vallebuona dove si trova il Teatro Romano, splendidamente conservato del quale consigliamo la visita. Qui è stata ricostruita l'iscrizione dedicatoria del Teatro fatto costruire da due personaggi della gens Caecina ai tempi di Augusto e di Tiberio.
Lungo le scale di accesso ai piani del Museo sono collocate alla parete, secondo una consuetudine del secolo scorso, moltissime epigrafi funerarie latine provenienti da Roma o dal Volterra e il suo territorio.
Al secondo piano il focus va sull'esemplificazione dei soggetti rappresentati nei bassorilievi delle casse: miti greci oppure scene del viaggio del defunto nell'aldilà che ci illuminano sui gusti della committenza. Con la tematica del "ritratto" sui coperchi, si chiude la sezione relativa alle urne e si allarga la panoramica sulle altre produzioni artigianali della Volterra ellenistica: la lavorazione del bronzo con specchi, statuette votive, vasellame, monete battute dalla zecca locale e ceramiche a vernice nera o a figure rosse.
Non mancano alcuni monumenti scultorei di uso funerario tra i quali particolare importanza riveste la statua di donna con bambino (la cosiddetta kourotrophos Maffei) con iscrizione dedicatoria e le ceramiche a figure nere: skyphoi, kylikes, oinochoai, situle. Nel corridoio di uscita del secondo piano sono collocati frammenti della decorazione in terracotta proveniente da un tempio scavato sull'acropoli di Castello.
In questo Museo sono essenzialmente privilegiati complessi tombali di recente acquisizione che consentono di visualizzare l'urna nel suo contesto originario: quello della tomba familiare che accoglieva anche gli oggetti che i parenti collocavano accanto al monumento funerario e che, simbolicamente, consentivano al defunto di sopravvivere nell'aldilà: sono in genere suppellettili relative al banchetto (vasi per mescolare l'acqua col vino, per versare e per bere), ma anche oggetti d'ornamento e da toletta, in particolare per le donne.
Nelle altre sale non mancano corredi tombali con urne dalla necropoli di Badia e una produzione di urne in alabastro, la pietra locale, simile al marmo, che gli Etruschi volterrani impiegavano esclusivamente per uso funerario. La scenografia, premiata dai giochi delle luci strutturali e dall'arredamento vintage del museo, rende l'esposizione molto suggestiva, a tratti ansiogena, ma del tutto memorabile.
Il Museo Guarnacci è uno dei più antichi Musei pubblici d'Europa: nasce poco dopo la metà del Settecento quando il nobile abate Mario Guarnacci dona il suo ingente patrimonio archeologico, raccolto in anni di ricerche e acquisti, al "pubblico della città di Volterra".
La donazione, che comprendeva anche una biblioteca ricca di oltre cinquantamila volumi, fu un atto di estrema lungimiranza in quanto, oltre a dotare la città di uno strumento culturale importantissimo, scongiurò il pericolo che l'ingente patrimonio accumulato si disperdesse.
Il Guarnacci, eruditissimo storico, ebbe sicuramente il grande merito di attrarre su Volterra le attenzioni dei massimi intelletti dell'epoca come Giovanni Lami, Scipione Maffei, Anton Francesco Gori, che si dedicarono alla divulgazione scientifica dei materiali della sua collezione attraverso importanti pubblicazioni e costanti notizie su riviste come "Le Novelle Letterarie", edite a Firenze per cura dello stesso Lami.
Anche se il nome del Museo richiama immediatamente il Guarnacci, non fu lui il solo ed esclusivo fondatore della raccolta museale. In realtà, tutti gli storici volterrani citano il nome di Pietro Franceschini, come fondatore di un Museo a Volterra di carattere pubblico nei primi anni del Settecento. Da quella esposizione si scatenò una vera e propria ricerca al reperto in Volterra, tanto che, intorno alla metà del Settecento, esistevano ben cinque Musei di antichità a Volterra. Oltre alle raccolte già menzionate, il Franceschini possedeva altri reperti che andarono a costituire una collezione privata. Un'altra collezione apparteneva alla famiglia Giorgi, una alla famiglia Galluzzi e una, molto più cospicua, appartenente alla famiglia Guarnacci.
Inizialmente la collezione guarnacciana ebbe come sede il palazzo Maffei di Via Matteotti, acquistato dal Guarnacci stesso per collocarvi il suo patrimonio; alla sua morte, i beni furono trasferiti, assieme alla biblioteca, nel duecentesco Palazzo dei Priori.
Il museo rimase all'interno di Palazzo dei Priori per tre anni quando, accresciuto da donativi, acquisti e dai frutti di fortunate ricerche condotte in prima persona dai responsabili scientifici dell'Istituzione, fu collocato dal direttore Niccolò Maffei nella sede di palazzo Desideri Tangassi. Dalla seconda metà dell'Ottocento a ora il museo non ha più subito trasferimenti.
Il fronte della parte centrale di Via Don Minzoni diventa, grazie alla facciata del Museo Etrusco Guarnacci, un ritmo continuo di alte finestre sormontate dal timpano triangolare con davanzali in pietra sporgenti dalle campiture di intonaco al primo piano e mensole al secondo, impastato simmetricamente sul portale centrale. Un profilo suggestivo dall'aspetto autoritario.
Il Palazzo Desideri Tangassi si riconosce anche dal suo bel portale e soprattutto dal maestoso portone con affisso un Satiro. Il battiporta alquanto macabro, dagli occhi pungenti e dalla bocca serafica, con il suo sguardo demoniaco cerca di proteggere dai malintenzionati i tesori che si trovano oltre la soglia d'accesso. Un'usanza tutta tipica dell'Ottocento.
La disposizione attuale e la collocazione dei materiali risentono dell'impostazione, di stampo positivistico, data loro dal Maffei, con una separazione per classi degli oggetti e una distinzione delle urne secondo il tema del bassorilievo della cassa. Nel rispetto di questa impostazione, essa stessa memoria storica del Museo, si è cercato, in tempi recentissimi, di affiancarne un'altra, più didascalica, con un percorso cronologico ricavato all'interno dell'esposizione stessa, in grado di condurre il visitatore attraverso la lunga vicenda storica dell'etrusca Velathri.
Alla cassa è possibile noleggiare delle audioguide portatili in lingua italiana, inglese, francese e tedesco; servono ad accompagnare il visitatore durante il percorso di visita del museo e sono utilissime per calarsi nell'atmosfera e per comprendere al meglio le opere presenti nel museo. A promemoria di ciò che si è visto il museo ospita un bookshop in cui si possono acquistare numerosi articoli che si ispirano alle collezioni del museo: guide e cataloghi, diverse pubblicazioni didattiche e divulgative sugli etruschi.
Il percorso cronologico inizia al Piano terreno dove sono esposti monumenti significativi pre e protostorici, orientalizzanti e arcaici, poi quelli classici e prosegue al secondo piano dove è illustrato il periodo storico della grande fioritura economica e artistica della città, quello dalla fine del IV secolo a.C.
All'inizio del percorso segnalo la ricostruzione delle sepolture della prima età del ferro, i materiali ricavati dagli scavi delle necropoli di Badia e Guerruccia; nelle adiacenze quelli della necropoli delle Ripaie.
Poi si passa al periodo orientalizzante, scarsamente documentato a Volterra, che è rappresentato da oggetti significativi: il kyathos (attingitoio) in bucchero da Monteriggioni con incisa una iscrizione dedicatoria, una serie di bronzetti di offerenti, e le eccezionali oreficerie provenienti da Gesseri di Berignone donate al Museo dal Vescovo Incontri agli inizi dell'Ottocento.
AI periodo arcaico appartiene invece uno dei monumenti più noti della collezione guarnacciana: la stele di Avile Tite, un monumento funerario che raffigura un guerriero armato di lancia e spada che, stilisticamente mostra strette affinità con opere greco-orientali. Altri ritrovamenti rilevanti sono uno scarabeo in corniola con iscrizione greca relativa all'artefice (Lysandros), un cratere attico attribuito alla tarda produzione del Pittore di Berlino e bronzetti di età classica con varie raffigurazioni. Di oggetti curiosi ve ne sono una infinità!
Il percorso prosegue al primo e secondo piano, che, attraverso un'esposizione selettiva di monumenti, intende dare un'immagine panoramica delle produzioni e delle sepolture del periodo convenzionalmente definito Ellenistico. Elemento caratterizzante l'esposizione è l'urna cineraria tipica di Volterra e del suo territorio: in essa venivano riposti i resti del defunto dopo il rito della cremazione, quasi esclusivo a Volterra.
Al primo piano sono esposte oltre seicento urne ordinate sulla base del soggetto dei bassorilievi della cassa: motivi ornamentali (demoni, maschere, rosoni); animali fantastici e feroci; addio del defunto ai parenti; viaggio agli inferi a cavallo, con il carro coperto (carpentum) o con la quadriga.
Non mancano urne con bassorilevi di argomento mitologico greco. Ciclo troiano: Cadmo che uccide il drago, Atteone sbranato dai cani, il supplizio di Dirce, Edipo e la Sfinge, i sette contro Tebe, sala XVI; Il riconoscimento di Paride per figlio di Priamo, il rapimento di Elena, Telefo nel campo dei greci, Filottete abbandonato nell'isola di Lemno, l'arrivo delle Amazzoni in aiuto di Priamo, il sacrificio dei prigionieri troiani in onore di Patroclo; saghe ateniesi: Teseo e il Minotauro, il ratto delle Leucippidi; miti argivi: Perseo libera Andromeda, la vicenda di Pelope, Enomao e Ippodamia. Alcuni episodi sono tratti direttamente dall'Odissea: Ulisse e le Sirene, l'accecamento di Polifemo, la trasformazione in animali dei marinai di Ulisse, l'uccisione dei Proci.
Con un particolare risalto è esposto uno dei monumenti più significativi di tutta la collezione Il coperchio degli Sposi, due anziani coniugi distesi sul letto del convivio con i volti fortemente caratterizzati, modellati in terracotta.
Il pezzo indiscusso più conosciuto al mondo, richiesto in molte mostre estere, nonchè soggetto di ispirazione di arte contemporanea e letteraria, rimane l'ex-voto allungato di un giovinetto noto come Ombra della Sera. La sua grandissima fama, arricchita da leggende tanto curiose quanto false, è dovuta essenzialmente alla singolare forma di questo bronzo votivo che evoca l'ombra proiettata sul terreno dalla figura umana alla luce del tramonto e che trova singolari assonanze con opere di scultura contemporanea. Questa sua "modernità", unita allo straordinario modellato delle forme, anomale per l'allungamento innaturale della figura ma, al contempo, perfettamente proporzionate, fanno di questo bronzo uno dei capolavori della scultura etrusca.
Dopo una rampa di scale con al centro della tromba la figura marmorea del Guarnacci, l'archeologia si eleva al primo piano del Museo, che ha in tutte le sale pavimenti a mosaico provenienti da edifici di età imperiale romana di Volterra o di Segalari. Qui ci sono importanti sezioni della collezione guarnacciana: il monetiere con rarissimi esemplari etruschi in oro, argento, bronzo e oltre tremila monete greche, romane repubblicane e imperiali, i bronzetti, le oreficerie e le gemme.
Conclude la visita del primo piano la sala dedicata alla Volterra romana, nella quale sono esposti materiali provenienti dall'area urbana e da Vallebuona dove si trova il Teatro Romano, splendidamente conservato del quale consigliamo la visita. Qui è stata ricostruita l'iscrizione dedicatoria del Teatro fatto costruire da due personaggi della gens Caecina ai tempi di Augusto e di Tiberio.
Lungo le scale di accesso ai piani del Museo sono collocate alla parete, secondo una consuetudine del secolo scorso, moltissime epigrafi funerarie latine provenienti da Roma o dal Volterra e il suo territorio.
Al secondo piano il focus va sull'esemplificazione dei soggetti rappresentati nei bassorilievi delle casse: miti greci oppure scene del viaggio del defunto nell'aldilà che ci illuminano sui gusti della committenza. Con la tematica del "ritratto" sui coperchi, si chiude la sezione relativa alle urne e si allarga la panoramica sulle altre produzioni artigianali della Volterra ellenistica: la lavorazione del bronzo con specchi, statuette votive, vasellame, monete battute dalla zecca locale e ceramiche a vernice nera o a figure rosse.
Non mancano alcuni monumenti scultorei di uso funerario tra i quali particolare importanza riveste la statua di donna con bambino (la cosiddetta kourotrophos Maffei) con iscrizione dedicatoria e le ceramiche a figure nere: skyphoi, kylikes, oinochoai, situle. Nel corridoio di uscita del secondo piano sono collocati frammenti della decorazione in terracotta proveniente da un tempio scavato sull'acropoli di Castello.
In questo Museo sono essenzialmente privilegiati complessi tombali di recente acquisizione che consentono di visualizzare l'urna nel suo contesto originario: quello della tomba familiare che accoglieva anche gli oggetti che i parenti collocavano accanto al monumento funerario e che, simbolicamente, consentivano al defunto di sopravvivere nell'aldilà: sono in genere suppellettili relative al banchetto (vasi per mescolare l'acqua col vino, per versare e per bere), ma anche oggetti d'ornamento e da toletta, in particolare per le donne.
Nelle altre sale non mancano corredi tombali con urne dalla necropoli di Badia e una produzione di urne in alabastro, la pietra locale, simile al marmo, che gli Etruschi volterrani impiegavano esclusivamente per uso funerario. La scenografia, premiata dai giochi delle luci strutturali e dall'arredamento vintage del museo, rende l'esposizione molto suggestiva, a tratti ansiogena, ma del tutto memorabile.
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Dicembre 14, 2024 19:15 local time