Memorie di una famiglia

Il quartiere dei Cancellieri

Da Piazza del Popolo di Casale Marittimo si può accedere al Castello ma anche ai Borghi: i quartieri sviluppatisi fuori dalle mura a partire dalla fine del Cinquecento. Lungo quest'ultima direzione si apre il quartiere dei facoltosi Cancellieri che con le riforme del Granduca Pietro Leopoldo, ebbe la possibilità di acquistare numerosi terreni del paese, assieme alle famiglie degli Sparapani, dei Marchionneschi e dei Mannari. Famiglie importanti che per tutto l'Ottocento e per una buona metà del Novecento hanno detenuto grande potere sul Comune di Casale.

La memoria rivolta ai Cancellieri tocca il Palazzo omonimo in adiacenza a Piazza del Popolo, un tempo Piazza Cancellieri, e si estende su tutta la via a seguire, dedicata ancora a Giusto Cancellieri. Ovviamente, la rappresentanza più concreta si esprime con il Palazzo Cancellieri che si sviluppa dall'edificio centrale di Piazza del Popolo, chiamata volgarmente la Nave per le sue strane sembianze di una poppa da imbarcazione, prosegue montando sulla schiena di un sottopassaggio ad arco di Via Giusto Cancellieri e ruota infine sulla facciata opposta. Dall'alto ha la forma di una grossa C.

A capo di una unità di fanteria

Tenente tra i Granatieri di Sardegna

Lungo la facciata del palazzo si scorge una sinuosa balaustra formata da eleganti colonnine in conglomerato cementizio tipiche degli edifici a cavallo tra il Settecento e l'Ottocento; guardando il sottopassaggio, alla sinistra si può giungere ad uno dei punti più suggestivi per ammirare la bellezza della campagna, sulla destra invece si può ammirare un busto in marmo del capitano Jacopo Cancellieri, medaglia d'argento, caduto in Adua il 1° Marzo 1896 e una targa commemorativa sotto al monumento che ci riporta ad un periodo di guerre coloniche.

Jacopo Cancellieri fu uno dei tenenti di comando della Brigata meccanizzata Granatieri di Sardegna, una grande unità di fanteria dell'esercito italiano di stanza a Roma. Questo corpo militare discende discendente dall’antico Reggimento delle Guardie creato nella metà del Seicento dal duca Carlo Emanuele II. L’appellativo Granatieri deriva dal fatto che re Vittorio Amedeo II assegnò a ogni compagnia del Reggimento delle Guardie sei soldati capaci di lanciare allo scoperto le granate.

Una guerra colonica

Spedizione nell'Africa settentrionale

L'Italia aveva posto militarmente la prima volta piede in Africa alla fine dell'Ottocento quando un suo Corpo di Spedizione forte di ottocentodue uomini al comando del colonnello Tancredi Saletta era sbarcato a Massaua, costituendovi poi le prime orde di soldati indigeni, poste agli ordini di ufficiali italiani poi caduti nel primo combattimento contro le truppe del degiac Debeb Araja. Tali soldati indigeni, su proposta del generale Antonio Baldissera erano stati ordinati in otto battaglioni regolari di truppe eritree.

Le molte battaglie che avevano visto immolarsi numerosi ufficiali italiani alla testa dei soldati indigeni sia in Eritrea che in Libria e in Somalia, indussero l'Italia a costituire in Africa un Corpo di Spedizione di quindicimila uomini, ascari e bande indigene compresi, agli ordini del generale Oreste Baratieri. Di tale Corpo di spedizione fecero parte due Compagnie di volontari fornite dai due reggimenti di Granatieri di Sardegna. Esse furono inquadrate in battaglioni di nuova formazione e consistettero di trentaquattro ufficiali e cinquecento soldati. L'operazione si concluse con la disfatta di Adua.

Sotto la scure di Menelik

La disfatta di Adua

Il Corpo di operazioni italiano si trovò contro un esercito molto superiore di forze, centoventimila uomini al comando del negus Menelik. Una volta mossisi da Saurià, al mattino gli italiani vennero attaccati violentemente, e a sole alto i combattimenti erano già finiti. L'esercito si disponeva su quattro colonne, due al comando dei generali Albertone e Dabormida ai fianchi, quella al comando del generale Arimondi al centro e quella al comando del generale Ellena di riserva: quest'ultima di quattromiladuecento italiani, mentre le altre erano formate io tutto o in prevalenza da elementi indigeni.

I generali Arimondi e Dabormida caddero sul campo, e con loro duecentosettanta ufficiali, quattromila soldati italiani e duemila indigeni. Tra i caduti, quattro ufficiali dei granatieri: uno dei quali il capitano Jacopo Cancellieri, del 1° reggimento che con il V Battaglione combatté eroicamente finché perdette la vita, come si legge nella motivazione della sua medaglia d'argento alla memoria. Con Adua gli italiani subirono una pesante sconfitta, che arrestò per molti anni le ambizioni coloniali sul corno d'Africa.

Memorie di una famiglia

Il quartiere dei Cancellieri

Da Piazza del Popolo di Casale Marittimo si può accedere al Castello ma anche ai Borghi: i quartieri sviluppatisi fuori dalle mura a partire dalla fine del Cinquecento. Lungo quest'ultima direzione si apre il quartiere dei facoltosi Cancellieri che con le riforme del Granduca Pietro Leopoldo, ebbe la possibilità di acquistare numerosi terreni del paese, assieme alle famiglie degli Sparapani, dei Marchionneschi e dei Mannari. Famiglie importanti che per tutto l'Ottocento e per una buona metà del Novecento hanno detenuto grande potere sul Comune di Casale.

La memoria rivolta ai Cancellieri tocca il Palazzo omonimo in adiacenza a Piazza del Popolo, un tempo Piazza Cancellieri, e si estende su tutta la via a seguire, dedicata ancora a Giusto Cancellieri. Ovviamente, la rappresentanza più concreta si esprime con il Palazzo Cancellieri che si sviluppa dall'edificio centrale di Piazza del Popolo, chiamata volgarmente la Nave per le sue strane sembianze di una poppa da imbarcazione, prosegue montando sulla schiena di un sottopassaggio ad arco di Via Giusto Cancellieri e ruota infine sulla facciata opposta. Dall'alto ha la forma di una grossa C.

A capo di una unità di fanteria

Tenente tra i Granatieri di Sardegna

Lungo la facciata del palazzo si scorge una sinuosa balaustra formata da eleganti colonnine in conglomerato cementizio tipiche degli edifici a cavallo tra il Settecento e l'Ottocento; guardando il sottopassaggio, alla sinistra si può giungere ad uno dei punti più suggestivi per ammirare la bellezza della campagna, sulla destra invece si può ammirare un busto in marmo del capitano Jacopo Cancellieri, medaglia d'argento, caduto in Adua il 1° Marzo 1896 e una targa commemorativa sotto al monumento che ci riporta ad un periodo di guerre coloniche.

Jacopo Cancellieri fu uno dei tenenti di comando della Brigata meccanizzata Granatieri di Sardegna, una grande unità di fanteria dell'esercito italiano di stanza a Roma. Questo corpo militare discende discendente dall’antico Reggimento delle Guardie creato nella metà del Seicento dal duca Carlo Emanuele II. L’appellativo Granatieri deriva dal fatto che re Vittorio Amedeo II assegnò a ogni compagnia del Reggimento delle Guardie sei soldati capaci di lanciare allo scoperto le granate.

Una guerra colonica

Spedizione nell'Africa settentrionale

L'Italia aveva posto militarmente la prima volta piede in Africa alla fine dell'Ottocento quando un suo Corpo di Spedizione forte di ottocentodue uomini al comando del colonnello Tancredi Saletta era sbarcato a Massaua, costituendovi poi le prime orde di soldati indigeni, poste agli ordini di ufficiali italiani poi caduti nel primo combattimento contro le truppe del degiac Debeb Araja. Tali soldati indigeni, su proposta del generale Antonio Baldissera erano stati ordinati in otto battaglioni regolari di truppe eritree.

Le molte battaglie che avevano visto immolarsi numerosi ufficiali italiani alla testa dei soldati indigeni sia in Eritrea che in Libria e in Somalia, indussero l'Italia a costituire in Africa un Corpo di Spedizione di quindicimila uomini, ascari e bande indigene compresi, agli ordini del generale Oreste Baratieri. Di tale Corpo di spedizione fecero parte due Compagnie di volontari fornite dai due reggimenti di Granatieri di Sardegna. Esse furono inquadrate in battaglioni di nuova formazione e consistettero di trentaquattro ufficiali e cinquecento soldati. L'operazione si concluse con la disfatta di Adua.

Sotto la scure di Menelik

La disfatta di Adua

Il Corpo di operazioni italiano si trovò contro un esercito molto superiore di forze, centoventimila uomini al comando del negus Menelik. Una volta mossisi da Saurià, al mattino gli italiani vennero attaccati violentemente, e a sole alto i combattimenti erano già finiti. L'esercito si disponeva su quattro colonne, due al comando dei generali Albertone e Dabormida ai fianchi, quella al comando del generale Arimondi al centro e quella al comando del generale Ellena di riserva: quest'ultima di quattromiladuecento italiani, mentre le altre erano formate io tutto o in prevalenza da elementi indigeni.

I generali Arimondi e Dabormida caddero sul campo, e con loro duecentosettanta ufficiali, quattromila soldati italiani e duemila indigeni. Tra i caduti, quattro ufficiali dei granatieri: uno dei quali il capitano Jacopo Cancellieri, del 1° reggimento che con il V Battaglione combatté eroicamente finché perdette la vita, come si legge nella motivazione della sua medaglia d'argento alla memoria. Con Adua gli italiani subirono una pesante sconfitta, che arrestò per molti anni le ambizioni coloniali sul corno d'Africa.

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  • Marzo 29, 2024 04:52 local time