La Chiesa si trova lungo la direttrice che attraversa tutta Riparbella. Fu eretta poco prima della metà dell'Ottocento sulla pianta di una vecchia chiesa, mantenendo la sua architettura intatta fino alla Seconda Guerra Mondiale, quando poi venne lesa gravemente da una cannonata. Oggi ne vediamo il restauro con una facciata molto imponente e coesa con gli abitati adiacenti nei colori della pietra e di intonaci chiari, tipica di tutto il borgo. Dispone di due ingressi; uno principale frontale, l'altro secondario laterale: entrambe dotate di scalini con un accesso rialzato. Della preesistente chiesa oggi puoi notare solo il campanile situato al fianco sinistro.
L'interno fu completamente restaurato negli anni Settanta del secolo scorso. Si presenta a navata unica coperta a capriate e termina con un'abside affrescata negli anni Novanta da Stefano Ghezzani con scene dell'Ultima cena e Cristo in gloria. All'entrata sono presenti due acquasantiere in pietra del Seicento, mentre nel secondo altare a destra fanno mostra di sé due statue lignee della Vergine Annunziata e dell'Angelo Annunziante, opere del Cinquecento provenienti dal vicino sconsacrato oratorio della Santissima Annunziata.
Anche Riparbella ha le sue tradizioni. Una di queste è davvero molto impegnativa e sembra testare il grado di fedeltà dei credenti. Una volta all'anno, in una domenica del mese di giugno e in occasione delle seconde comunione, la parrocchia organizza un pellegrinaggio fino alla Madonna di Montenero. Nove ore di cammino senza sosta per una giornata all'insegna dei vecchie usanze.
Montenero è collocato su una collina che domina il mare di Livorno ed è famosa in tutta la Toscana proprio per questo santuario. Le origini del santuario risalgono alla metà del Trecento; tradizione vuole che un contadino trovò l'immagine della Vergine Maria durante la festa di Pentecoste e la portò su quell'altura additata di essere il monte del diavolo, sede di molti briganti della zona.
Per certi versi questo è un pellegrinaggio davvero unico nella nostra zona tra natura e storia, poiché sono quasi quaranta chilometri di strada da fare a piedi. Sebbene il percorso sia davvero lungo e non alla portata di tutti può essere anche occasione per riscoprire le vecchie strade bianche che collegavano le terre pisane con quelle livornesi.
La benedizione degli animali è un'altra delle tradizioni locali di Riparbella che gli abitanti del paese rispettano. Onorare il protettore Sant'Antonio Abate è infatti una usanza molto sentita nei paesi della Val di Cecina tipicamente di anima rustica e campagnola a stretto legame con la natura che li circonda.
La festa si svolge all'interno della Chiesa di San Giovanni Evangelista vede coinvolti adulti, bambini ma soprattutto gli animali. Un giorno speciale per la gioia dei più giovani perché è davvero insolito vedere questo luogo sacro popolato da cani di tutte le razze, gatti, coniglietti, criceti, pappagalli, tartarughe e di altri simpatici animali domestici, compagni nella vita di tutti i giorni.
La benedizione non esclude proprio nessun animale, ma per le grande taglie, l'invocazione della protezione viene effettuata nella vicina Piazza Marconi. A campo libero dunque, dove non possono far danni. A mostrarsi sono i muli, i cavalli, le pecore e le mucche tanto cari a chi vive in fattoria.
Nella sagrestia della Chiesa di San Giovanni sono conservate due grandi reliquie: una di San Ranieri, l'altra di San Celestino. Le falangi di San Ranieri, patrono di Pisa, vennero donate alla parrocchia di Riparbella nel Seicento, quando l'arcivescovo di Pisa volle ringraziarla per la protezione accordata ad Oddone di Sala (altro arcivescovo di Pisa del Trecento) che fuggì dalle tumultuose lotte di famiglia. Recidere le falangi alla salma di San Ranieri non fu un gesto da ritenersi insolito ne azzardato, bensì un atto oculato per fare di esse uno strumento di venerazione. Appunto, una reliquia.
L'altra reliquia, invece, seppur di valore, non trova fondamento alcuno con la storia che sfortunatamente si insabbia nelle leggende e nelle credenze popolari. La tradizione vuole sia appartenuta a San Celestino; altre dicerie a Celestino V che rifiutò il trono papale: quella stessa figura che Dante Alighieri sistemò nella Divina Commedia tra gli ignavi. Certo è che la reliquia fu donata alla comunità di Riparbella da Papa Innocenzo XI nel Cinquecento scatenando una eccessiva rivalità tra Riparbella e Castellina Marittima comune adiacente, dove in passato questo oggetto era originariamente conservato.
La Chiesa si trova lungo la direttrice che attraversa tutta Riparbella. Fu eretta poco prima della metà dell'Ottocento sulla pianta di una vecchia chiesa, mantenendo la sua architettura intatta fino alla Seconda Guerra Mondiale, quando poi venne lesa gravemente da una cannonata. Oggi ne vediamo il restauro con una facciata molto imponente e coesa con gli abitati adiacenti nei colori della pietra e di intonaci chiari, tipica di tutto il borgo. Dispone di due ingressi; uno principale frontale, l'altro secondario laterale: entrambe dotate di scalini con un accesso rialzato. Della preesistente chiesa oggi puoi notare solo il campanile situato al fianco sinistro.
L'interno fu completamente restaurato negli anni Settanta del secolo scorso. Si presenta a navata unica coperta a capriate e termina con un'abside affrescata negli anni Novanta da Stefano Ghezzani con scene dell'Ultima cena e Cristo in gloria. All'entrata sono presenti due acquasantiere in pietra del Seicento, mentre nel secondo altare a destra fanno mostra di sé due statue lignee della Vergine Annunziata e dell'Angelo Annunziante, opere del Cinquecento provenienti dal vicino sconsacrato oratorio della Santissima Annunziata.
Anche Riparbella ha le sue tradizioni. Una di queste è davvero molto impegnativa e sembra testare il grado di fedeltà dei credenti. Una volta all'anno, in una domenica del mese di giugno e in occasione delle seconde comunione, la parrocchia organizza un pellegrinaggio fino alla Madonna di Montenero. Nove ore di cammino senza sosta per una giornata all'insegna dei vecchie usanze.
Montenero è collocato su una collina che domina il mare di Livorno ed è famosa in tutta la Toscana proprio per questo santuario. Le origini del santuario risalgono alla metà del Trecento; tradizione vuole che un contadino trovò l'immagine della Vergine Maria durante la festa di Pentecoste e la portò su quell'altura additata di essere il monte del diavolo, sede di molti briganti della zona.
Per certi versi questo è un pellegrinaggio davvero unico nella nostra zona tra natura e storia, poiché sono quasi quaranta chilometri di strada da fare a piedi. Sebbene il percorso sia davvero lungo e non alla portata di tutti può essere anche occasione per riscoprire le vecchie strade bianche che collegavano le terre pisane con quelle livornesi.
La benedizione degli animali è un'altra delle tradizioni locali di Riparbella che gli abitanti del paese rispettano. Onorare il protettore Sant'Antonio Abate è infatti una usanza molto sentita nei paesi della Val di Cecina tipicamente di anima rustica e campagnola a stretto legame con la natura che li circonda.
La festa si svolge all'interno della Chiesa di San Giovanni Evangelista vede coinvolti adulti, bambini ma soprattutto gli animali. Un giorno speciale per la gioia dei più giovani perché è davvero insolito vedere questo luogo sacro popolato da cani di tutte le razze, gatti, coniglietti, criceti, pappagalli, tartarughe e di altri simpatici animali domestici, compagni nella vita di tutti i giorni.
La benedizione non esclude proprio nessun animale, ma per le grande taglie, l'invocazione della protezione viene effettuata nella vicina Piazza Marconi. A campo libero dunque, dove non possono far danni. A mostrarsi sono i muli, i cavalli, le pecore e le mucche tanto cari a chi vive in fattoria.
Nella sagrestia della Chiesa di San Giovanni sono conservate due grandi reliquie: una di San Ranieri, l'altra di San Celestino. Le falangi di San Ranieri, patrono di Pisa, vennero donate alla parrocchia di Riparbella nel Seicento, quando l'arcivescovo di Pisa volle ringraziarla per la protezione accordata ad Oddone di Sala (altro arcivescovo di Pisa del Trecento) che fuggì dalle tumultuose lotte di famiglia. Recidere le falangi alla salma di San Ranieri non fu un gesto da ritenersi insolito ne azzardato, bensì un atto oculato per fare di esse uno strumento di venerazione. Appunto, una reliquia.
L'altra reliquia, invece, seppur di valore, non trova fondamento alcuno con la storia che sfortunatamente si insabbia nelle leggende e nelle credenze popolari. La tradizione vuole sia appartenuta a San Celestino; altre dicerie a Celestino V che rifiutò il trono papale: quella stessa figura che Dante Alighieri sistemò nella Divina Commedia tra gli ignavi. Certo è che la reliquia fu donata alla comunità di Riparbella da Papa Innocenzo XI nel Cinquecento scatenando una eccessiva rivalità tra Riparbella e Castellina Marittima comune adiacente, dove in passato questo oggetto era originariamente conservato.
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Novembre 4, 2024 10:29 local time