Il faro dell'Alta Valdicecina

Rocca di Sillano

Tra i ruderi della Valdicecina, sono emersi per numero e fascino i castelli-fortilizi, da quello di Monte Voltraio a quello di Berignone, in una campagna ricca di testimonianze storiche lontane e recenti. Ma senza dubbio, fra tutti merita una particolare considerazione la rocca di Sillano, che si erge sul vertice di una collina a forma conica, sopra una verruca di gabbro. La notte si illumina per intero e per chilometri la si individua con molta facilità: è il cosiddetto faro dell'Alta Valdicecina che permette di valutare le distanze dei luoghi boschivi e isolati del territorio pomarancino.

Sulla strada provinciale per Montecastelli, mezzo chilometro dopo San Dalmazio, s'incontra il cartello turistico che indica la strada da seguire. Si tratta di un selciato asfaltato, ma molto stretto. Prima s'incontra sulla destra l'antica Pieve di San Giovanni a Sillano poi, a breve distanza, sempre sulla destra, vi è la deviazione per Sillano. Sulla traversa si abbandona l'asfalto per percorrere un breve tratto dell'antica strada medievale, che conduce ad un parcheggio improvvisato situato alle falde della collina, e da qui, a piedi, si deve salire, lungo il pendio, fino in cima.

Il grande bastione

La salita verso l'eremo

L'ascesa, seppur ripida, è breve e per prima cosa s'incontrano le rovine della prima cinta muraria. Il castello si presenta agli occhi del visitatore come un enorme bastione, quasi di forma quadrata, con ad ogni suo canto una guardiola sovrastate da una imponente torre che si eleva verso il cielo. Questo bastione, nella parte più bassa, è costruito in bozzato, poi sostituito da mattoni. La porta di accesso alla Rocca, rispetto a chi sale verso la cima della collina, è sul retro ed è situata ai pedi della torre.

Davanti all'ingresso c'è una profonda cisterna per la conservazione dell'acqua piovana, ricavata nel masso che s'incunea anche sotto la costruzione. L'apertura del mastodontico deposito trova nello stretto tratto che separa la porta di accesso dallo strapiombo sottostante ed è quantomeno vertiginoso trovarsi a metà fra il burrone e la cisterna, ritti su poco più di un metro e mezzo di roccia, a fissare quel baratro e cercando di guadagnare al più presto la Rocca. Ovviamente, meglio precisare, tutto è in sicurezza; non si incorre ad alcuna tipologia di pericolo.

Panorami incantevoli

Sulla collina del silenzio

L'interno della fortificazione è sempre notevolmente integro ed anche la torre, nella sua parte più bassa, si presenta inalterata. Ma solo quando si è giunti sulla cresta del bastione, ci si può rendere conto quale senso di possente sicurezza possa dare una simile imponente opera; sicurezza certo, fiducia, forza, mista a fascino e ammirazione per una panorama inimmaginabile, ed un senso di sbalordimento nel contemplare un orizzonte infinito, e di smarrimento e paura nel vedere l'interminabile burrone, dove scorre il torrente Pavone.

Da quassù si comprende il motivo per cui la Rocca Sillana abbia acquisito anche il titolo di Collina del Silenzio, maturiamo l'idea di questo luogo solitario e allo stesso tempo selvaggio: regna il più assoluto silenzio, unitamente a un senso di fantastico e di misterioso, che rasenta quasi il leggendario e riesce ad impadronirsi delle nostre emozioni in modo dolce e severo. Le riflessioni spaziano dal desiderio di vedere come le generazioni addietro potevano vivere qui e di come sarebbe difficile abitarlo adesso.

Le rocche più forti del volterrano

Sillano Versus Monte Voltraio

Sillano, così lontano da tutto, era considerato uno del luoghi più forti del territorio e "luogo forte" nel medioevo significava che era davvero di difficile espugnazione, sia per la sua particolare struttura di effettivo fortilizio, sia per la sua dominante posizione geografica, che consentiva di resistere con facilità a lunghi assedi, senza eccessivo impiego di forze per la difesa. Si contendeva il primo posto con Monte Voltraio, perché a detta dei documenti storici, furono le più ambite fortificazioni del territorio.

Sillano ha tutt'ora le caratteristiche per essere considerato un'ambita fortezza, mentre per Monte Voltraio, nonostante che gli atti arrivati a noi ce lo descrivano assai forte viene da pensare che dovesse la sua potenza più al ruolo politico che militare: ricevette, infatti, una crescente considerazione ed impose facilmente un potere diplomatico notevole, in conseguenza delle personalità che vi avevano pressoché fissa dimora (Vescovo e varie famiglie nobili), nonché per gli importanti personaggi che spesso ospitava, riservando anche una non trascurabile comodità, ma, naturalmente, a scapito della sua pur non modesta fortificazione.

Dagli etruschi ad oggi

Abitato in epoche lontanissime

Sillano fu abitato già negli antichi tempi romani, e ciò è confermato sia dalla quantità, che dalla qualità degli oggetti e delle monete qui trovate, anche se logicamente si deve immaginare che, a quel tempo, la sua struttura non poteva corrispondere a quella medievale giunta fino a noi. Anzi, a seguito del ritrovamento di alcune tombe etrusche nella zona attigua, non è azzardato sostenere che la collina fosse abitata anche in quelle epoche più lontane. La civiltà in questi luoghi fu sicuramente legata alla vicinanza con il fiume Pavone che scorre ai piedi della sua collina: l'acqua era fondamentale per la sopravvivenza.

Il primo documento che riguarda Sillano risale a pochi anni prima dell'anno Mille e dimostra che già a quel tempo questo colle aveva una certa importanza. Ci comunica anche l'esistenza, nella sua chiesa, di un fonte battesimale, requisito questo riservato a non tutte le parrocchie, ma esclusivamente a quelle che si trovavano in un territorio alquanto abitato e quindi definite chiese madri.

Le prime tensioni

Dal Vescovo al Comune di Volterra

Il Vescovo vi possedeva beni e diritti fiscali di una certa rilevanza: la Pieve, case, poderi e mulini, ma non fu mai signore di quel castello infeudato agli Aldobrandeschi o Conti di Santa Flora. Gli Aldobrandeschi risultarono per molto tempo i veri dominatori di questo territorio, con piena giurisdizione anche sulle persone, ma con obblighi militari e di versamenti tributari a favore dell'Imperatore; al loro seguito la signoria dei Buomparenti esercitava autorità sul castello in qualità di vassalli.

Finita l'epopea degli Aldobrandeschi, poco prima della metà del Duecento Sillano passò sotto la giurisdizione della repubblica di Volterra, in base ad un accordo, stipulato fra Silimanno d'Ugolino Buomparenti e il potestà Sigerio con diversi patti favorevoli a quella casata e ai sudditi, fra i quali quello del riconoscimento del diritto alla cittadinanza volterrana. I rapporti fra il Vescovo e la città di Volterra non era teso: fu convenuto che spettasse all'episcopato volterrano la metà dei bandi, condennagioni, dazi, imposte ed accatti.

La potenza della repubblica di Volterra

Sotto il dominio di Volterra

A metà del Duecento il credito e la potenza del Comune di Volterra andava sempre aumentando, al quale si era assoggettato ormai anche il comune rustico di Monte Voltraio e Sillano. Quando però furono stipulati ulteriori patti fra Il Comune di Volterra e il Vescovo, per cui fu necessario fare provvigione di denaro per far fronte alle maggiori spese e reclutare nuovi soldati, furono allirati vari luoghi del volterrano e fra essi anche la rocca. Il contado di Volterra allora era assai popolato e nel solo castello di Sillano vi erano, a quel tempo, quasi settanta famiglie.

Da quel periodo la cronaca storica è cominciata ad ingarbugliarsi, perché varie notizie inerenti a Sillano si accavallano e talvolta si contraddicono e rimane difficile seguire un filo conduttore. Si parla, ad esempio, di una mediazione della repubblica Fiorentina nella lite fra gli Aldobrandeschi e il Comune di Volterra, senza sapere con precisione come si concluse; si può facilmente supporre che la peggio l'ebbero i Conti e si dice che questi, successivamente, cercarono di riottenere con la forza, ciò che non avevano raggiunto con la diplomazia.

Nel pieno fermento tra guelfi e ghibellini

Dai Buomparenti ai Petroni

I Buomparenti, cacciati dalle città perché Ghibellini, si fecero forti in Sillano, assieme ai Conti Petroni di Siena, loro parenti. Quest'ultimi, con l'inganno, divennero i soli signori della Rocca: diverse so­no le ipotesi formulate su come questa fa­miglia ne sia venuta in possesso, ma il fatto comunque risulta essere legato ai giochi di po­tere fra le diverse famiglie guelfe e ghi­belline che si alternarono alla guida del­la città di Volterra. Una volta ottenuto Sillano i Petroni lo vendettero alla Repubblica di Firenze. Firenze poi la ricedette al Comune di Volterra per lo stesso prezzo che l'aveva pagato.

La presenza dei Petroni in Sillano è certa alla metà del Trecento. Tuttavia, durante la signoria del Petroni, Sillano fu espugnato da un certo Martino Magli di Casole d'Elsa, detto Martin Cione. Da quanto si legge in merito, Martin Cione era la caratteristica figura di un avventuriero e, assieme ai suoi compagni, appena espugnata la Rocca, si dette alla bella vita, comportandosi da effettivo padrone, disponendo quindi di vita e di morte dei sudditi di Sillano, e concedendosi, fra l'altro, anche numerose scorrerie nei dintorni.

Ucciso e tagliato a pezzi

La figura leggendaria di Martin Cione

Martin Cione si trattò di un individuo privo di scrupoli, ladro, omicida, assai audace, che si perse, probabilmente, quando volle entrare in trame e trattative politiche, che andavano ben al di là della sua intelligenza. Anche lui propose al Comune di Firenze la vendita di Sillano. Ai FIorentini, come più volte si è visto nel corso dei precedenti servizi, tornava molto comodo introdursi nel territorio volterrano, per assecondare le proprie mire di espansione in tutta la Toscana, quindi accettarono l'offerta e come contropartita intimarono a Volterra di togliere il bando che aveva messo contro Martin Cione.

Volterra tuttavia non si dimostrò propensa a tale assoluzione e, nonostante le ripetute imposizioni del Fiorentini, non tolse il bando, cosa invece eseguita poi dal capitano del popolo Guccio de' Nobili di Firenze, che gli assegnò perfino un ufficio. Definite le parti i Fiorentini dunque presero possesso di Sillano, liberando i Petroni, che fino allora, erano stati tenuti prigionieri da Martin Cione. Ma quando la vita di questo avventuriero sembrava ormai avviarsi alla normalizzazione, fu catturato da ventinove cittadini Volterrani, ucciso e tagliato a pezzi.

Vedetta di controllo contro i volterrani

La roccaforte di Firenze

La repubblica Fiorentina mise al bando i giustizieri. Il Comune di Volterra, temendo le rappresaglie della più potente città, tramite suoi ambasciatori, chiese che fosse scusato l'eccesso e, promettendo di aderire ai manifestati desideri, tolse il bando nei confronti dei compagni di Martin Cione. Così Firenze divenne l'assoluta proprietaria di Sillano, tanto è vero che, al fine di togliere ogni ombra di incauto acquisto, comprò anche ogni diritto spettante al Petroni di Siena.

Alla fine del Quattrocento, a fronte dei contrasti sempre più accesi tra Firenze e Volterra relativamente allo sfruttamento di alcune miniere di allume presenti nel territorio, i volterrani si ribellarono alla potente Repubblica Fiorentina. Dinanzi a simile contropiede Lorenzo de' Medici vide la necessità di erigere castelli e roccaforti per contrastare gli animi incandescenti dei volterrani. All'interno di questo piano militare la Rocca Sillana fu soggetta d un'opera di ristrutturazione del fortilizio per adeguarlo al diffondersi di nuove tecniche d'attacco, come le armi da fuoco.

Una semplice dipendenza del Maschio

Il declino monumentale

L’attuale aspetto del fortilizio deriva difatti dall’operazione che fu compiuta in quel­l’epoca e cioè il completo rifodero delle antiche mura. L’impresa fu senza dubbio molto onerosa, viste le proporzioni, in considerazione anche dell’orografia dei luoghi e dell’impiego del cotto: materiale quest’ultimo del tutto inusuale in quel­l’epoca nel nostro territorio; basti pensare che per il Maschio di Volterra, costruito dai fiorentini appositamente per domare internamente il Comune di Volterra, fu utilizzato esclusivamente la pietra.

Dopo la sottomissione definitiva di Volterra, la Rocca Sillana perse la sua funzione strategica nei suoi confronti, scemando di conseguenza il suo valore monumentale. Iniziò co­sì un lungo periodo di decadenza in cui la roccaforte diviene una semplice dipendenza del Maschio di Volterra. Dopo il Quattrocento fu venduta al Gambacorti di Pisa, tuttavia Firenze vi mantenne sempre un proprio rettore, sfruttando quella particolare fortificazione per consolidare il suo dominio sul territorio.

Dall'abbandono alla rivalorizzazione

Un nuovo inizio

Sul finire del Settecento la Rocca Sillana, caduta in rovinoso abbandono, anche a causa di un violento impatto con un fulmine, venne acquistato da Marco Antonio Ac­ciai che accelerò il processo di demolizione per trarre vantaggio sulla vendita dei materiali. Nel frattempo Sillano fu inserito nella comunità pomarancina di Montecastelli, sotto la quale vi rimase fino all'Ottocento, cioè fino a quando la località di Montecastelli venne integrata nel Comune di Castelnuovo. Nella nuova definizione dei confini Sillano venne posto all'interno della giurisdizione della località di San Dalmazio, tributaria del Comune di Pomarance.

Le politiche contemporanee legate alla valorizzazione turistica dell'intera Valdicecina ha portato la Rocca Sillana ad insignirsi del fregio di Monumento Nazionale. Restaurata e riaperta al pubblico oggi permette di arricchire il proprio itinerario vacanziero alla scoperta dei gioielli più belli della Toscana. Merita davvero!

Il faro dell'Alta Valdicecina

Rocca di Sillano

Tra i ruderi della Valdicecina, sono emersi per numero e fascino i castelli-fortilizi, da quello di Monte Voltraio a quello di Berignone, in una campagna ricca di testimonianze storiche lontane e recenti. Ma senza dubbio, fra tutti merita una particolare considerazione la rocca di Sillano, che si erge sul vertice di una collina a forma conica, sopra una verruca di gabbro. La notte si illumina per intero e per chilometri la si individua con molta facilità: è il cosiddetto faro dell'Alta Valdicecina che permette di valutare le distanze dei luoghi boschivi e isolati del territorio pomarancino.

Sulla strada provinciale per Montecastelli, mezzo chilometro dopo San Dalmazio, s'incontra il cartello turistico che indica la strada da seguire. Si tratta di un selciato asfaltato, ma molto stretto. Prima s'incontra sulla destra l'antica Pieve di San Giovanni a Sillano poi, a breve distanza, sempre sulla destra, vi è la deviazione per Sillano. Sulla traversa si abbandona l'asfalto per percorrere un breve tratto dell'antica strada medievale, che conduce ad un parcheggio improvvisato situato alle falde della collina, e da qui, a piedi, si deve salire, lungo il pendio, fino in cima.

Il grande bastione

La salita verso l'eremo

L'ascesa, seppur ripida, è breve e per prima cosa s'incontrano le rovine della prima cinta muraria. Il castello si presenta agli occhi del visitatore come un enorme bastione, quasi di forma quadrata, con ad ogni suo canto una guardiola sovrastate da una imponente torre che si eleva verso il cielo. Questo bastione, nella parte più bassa, è costruito in bozzato, poi sostituito da mattoni. La porta di accesso alla Rocca, rispetto a chi sale verso la cima della collina, è sul retro ed è situata ai pedi della torre.

Davanti all'ingresso c'è una profonda cisterna per la conservazione dell'acqua piovana, ricavata nel masso che s'incunea anche sotto la costruzione. L'apertura del mastodontico deposito trova nello stretto tratto che separa la porta di accesso dallo strapiombo sottostante ed è quantomeno vertiginoso trovarsi a metà fra il burrone e la cisterna, ritti su poco più di un metro e mezzo di roccia, a fissare quel baratro e cercando di guadagnare al più presto la Rocca. Ovviamente, meglio precisare, tutto è in sicurezza; non si incorre ad alcuna tipologia di pericolo.

Panorami incantevoli

Sulla collina del silenzio

L'interno della fortificazione è sempre notevolmente integro ed anche la torre, nella sua parte più bassa, si presenta inalterata. Ma solo quando si è giunti sulla cresta del bastione, ci si può rendere conto quale senso di possente sicurezza possa dare una simile imponente opera; sicurezza certo, fiducia, forza, mista a fascino e ammirazione per una panorama inimmaginabile, ed un senso di sbalordimento nel contemplare un orizzonte infinito, e di smarrimento e paura nel vedere l'interminabile burrone, dove scorre il torrente Pavone.

Da quassù si comprende il motivo per cui la Rocca Sillana abbia acquisito anche il titolo di Collina del Silenzio, maturiamo l'idea di questo luogo solitario e allo stesso tempo selvaggio: regna il più assoluto silenzio, unitamente a un senso di fantastico e di misterioso, che rasenta quasi il leggendario e riesce ad impadronirsi delle nostre emozioni in modo dolce e severo. Le riflessioni spaziano dal desiderio di vedere come le generazioni addietro potevano vivere qui e di come sarebbe difficile abitarlo adesso.

Le rocche più forti del volterrano

Sillano Versus Monte Voltraio

Sillano, così lontano da tutto, era considerato uno del luoghi più forti del territorio e "luogo forte" nel medioevo significava che era davvero di difficile espugnazione, sia per la sua particolare struttura di effettivo fortilizio, sia per la sua dominante posizione geografica, che consentiva di resistere con facilità a lunghi assedi, senza eccessivo impiego di forze per la difesa. Si contendeva il primo posto con Monte Voltraio, perché a detta dei documenti storici, furono le più ambite fortificazioni del territorio.

Sillano ha tutt'ora le caratteristiche per essere considerato un'ambita fortezza, mentre per Monte Voltraio, nonostante che gli atti arrivati a noi ce lo descrivano assai forte viene da pensare che dovesse la sua potenza più al ruolo politico che militare: ricevette, infatti, una crescente considerazione ed impose facilmente un potere diplomatico notevole, in conseguenza delle personalità che vi avevano pressoché fissa dimora (Vescovo e varie famiglie nobili), nonché per gli importanti personaggi che spesso ospitava, riservando anche una non trascurabile comodità, ma, naturalmente, a scapito della sua pur non modesta fortificazione.

Dagli etruschi ad oggi

Abitato in epoche lontanissime

Sillano fu abitato già negli antichi tempi romani, e ciò è confermato sia dalla quantità, che dalla qualità degli oggetti e delle monete qui trovate, anche se logicamente si deve immaginare che, a quel tempo, la sua struttura non poteva corrispondere a quella medievale giunta fino a noi. Anzi, a seguito del ritrovamento di alcune tombe etrusche nella zona attigua, non è azzardato sostenere che la collina fosse abitata anche in quelle epoche più lontane. La civiltà in questi luoghi fu sicuramente legata alla vicinanza con il fiume Pavone che scorre ai piedi della sua collina: l'acqua era fondamentale per la sopravvivenza.

Il primo documento che riguarda Sillano risale a pochi anni prima dell'anno Mille e dimostra che già a quel tempo questo colle aveva una certa importanza. Ci comunica anche l'esistenza, nella sua chiesa, di un fonte battesimale, requisito questo riservato a non tutte le parrocchie, ma esclusivamente a quelle che si trovavano in un territorio alquanto abitato e quindi definite chiese madri.

Dall'abbandono al recupero

Il declino e la ripresa

Prima dell'avvento del cinema il teatro aveva vissuto un'intensa e prestigiosa attività teatrale e musicale che ha visto avvicendarsi accanto a filodrammatiche locali anche compagnie di professionisti. Era persino dotato di una piccola orchestra stabile, ma si sa, le mode cambiano e gli interessi si spostano altrove. Dalla trasformazione postbellica iniziò un lento, ma inesorabile declino che divenne voraginoso negli anni Sessanta del Novecento quando si rese necessaria una ristrutturazione per dare alla struttura la sicurezza prevista dalle normative attuali. Purtroppo i soldi per un recupero non c'erano e il locale arrivò al triste destino dell'abbandono.

Vent'anni dopo, quando ormai le speranze di un suo utilizzo sembravano tramontate definitivamente, il teatro venne acquistato dal Comune con l'intento di portare a termine quell'importante processo di restauro con l'occasione golosa di rinverdire la memoria e la bellezza del vecchio teatro all’italia­na. Il progetto di recupero venne realizzato dall'architetto Bargelli che se ne assunse anche la direzione dei lavori.

Il teatro di oggi

Un nuovo spazio culturale

Il teatro di oggi conserva egregiamente il segno dello spettacolo del passato, ma ha portato avanti un ammodernamento tecnico per poter essere riutilizzato anche nelle espressioni più attuali. Il recupero del Bargelli aveva arricchito gli spazi di nuovi arredamenti e riportato in efficienza l'impianto della meccanica del palcoscenico. Furono rinnovati i camerini per gli artisti, ripresi gli stucchi e i decori originali. Oltre alla completa risistemazione dei quarantadue palchi e alla messa a norma di tutti i servizi, furono retrocesse tutte le modifiche cineaste postbelliche per un utilizzo esclusivamente teatrale.

Si gode di questo, di un teatro che non si è voluto arrendere e che nonostante le mille difficoltà del settore, riesce a portare avanti una programmazione locale e nazionale di tutto rispetto. Ospita una compagnia teatrale, si propone per convegni e spettacoli di tutti i tipi ed è tornato ad essere un punto di riferimento nella socialità del territorio. Spazzato via il concetto di spazio ricreativo per soli signori be­nestanti, il Teatro dei Coraggiosi è aperto a chiunque desideri parte­cipare.

Le prime tensioni

Dal Vescovo al Comune di Volterra

Il Vescovo vi possedeva beni e diritti fiscali di una certa rilevanza: la Pieve, case, poderi e mulini, ma non fu mai signore di quel castello infeudato agli Aldobrandeschi o Conti di Santa Flora. Gli Aldobrandeschi risultarono per molto tempo i veri dominatori di questo territorio, con piena giurisdizione anche sulle persone, ma con obblighi militari e di versamenti tributari a favore dell'Imperatore; al loro seguito la signoria dei Buomparenti esercitava autorità sul castello in qualità di vassalli.

Finita l'epopea degli Aldobrandeschi, poco prima della metà del Duecento Sillano passò sotto la giurisdizione della repubblica di Volterra, in base ad un accordo, stipulato fra Silimanno d'Ugolino Buomparenti e il potestà Sigerio con diversi patti favorevoli a quella casata e ai sudditi, fra i quali quello del riconoscimento del diritto alla cittadinanza volterrana. I rapporti fra il Vescovo e la città di Volterra non era teso: fu convenuto che spettasse all'episcopato volterrano la metà dei bandi, condennagioni, dazi, imposte ed accatti.

La potenza della repubblica di Volterra

Sotto il dominio di Volterra

A metà del Duecento il credito e la potenza del Comune di Volterra andava sempre aumentando, al quale si era assoggettato ormai anche il comune rustico di Monte Voltraio e Sillano. Quando però furono stipulati ulteriori patti fra Il Comune di Volterra e il Vescovo, per cui fu necessario fare provvigione di denaro per far fronte alle maggiori spese e reclutare nuovi soldati, furono allirati vari luoghi del volterrano e fra essi anche la rocca. Il contado di Volterra allora era assai popolato e nel solo castello di Sillano vi erano, a quel tempo, quasi settanta famiglie.

Da quel periodo la cronaca storica è cominciata ad ingarbugliarsi, perché varie notizie inerenti a Sillano si accavallano e talvolta si contraddicono e rimane difficile seguire un filo conduttore. Si parla, ad esempio, di una mediazione della repubblica Fiorentina nella lite fra gli Aldobrandeschi e il Comune di Volterra, senza sapere con precisione come si concluse; si può facilmente supporre che la peggio l'ebbero i Conti e si dice che questi, successivamente, cercarono di riottenere con la forza, ciò che non avevano raggiunto con la diplomazia.

Nel pieno fermento tra guelfi e ghibellini

Dai Buomparenti ai Petroni

I Buomparenti, cacciati dalle città perché Ghibellini, si fecero forti in Sillano, assieme ai Conti Petroni di Siena, loro parenti. Quest'ultimi, con l'inganno, divennero i soli signori della Rocca: diverse so­no le ipotesi formulate su come questa fa­miglia ne sia venuta in possesso, ma il fatto comunque risulta essere legato ai giochi di po­tere fra le diverse famiglie guelfe e ghi­belline che si alternarono alla guida del­la città di Volterra. Una volta ottenuto Sillano i Petroni lo vendettero alla Repubblica di Firenze. Firenze poi la ricedette al Comune di Volterra per lo stesso prezzo che l'aveva pagato.

La presenza dei Petroni in Sillano è certa alla metà del Trecento. Tuttavia, durante la signoria del Petroni, Sillano fu espugnato da un certo Martino Magli di Casole d'Elsa, detto Martin Cione. Da quanto si legge in merito, Martin Cione era la caratteristica figura di un avventuriero e, assieme ai suoi compagni, appena espugnata la Rocca, si dette alla bella vita, comportandosi da effettivo padrone, disponendo quindi di vita e di morte dei sudditi di Sillano, e concedendosi, fra l'altro, anche numerose scorrerie nei dintorni.

Ucciso e tagliato a pezzi

La figura leggendaria di Martin Cione

Martin Cione si trattò di un individuo privo di scrupoli, ladro, omicida, assai audace, che si perse, probabilmente, quando volle entrare in trame e trattative politiche, che andavano ben al di là della sua intelligenza. Anche lui propose al Comune di Firenze la vendita di Sillano. Ai FIorentini, come più volte si è visto nel corso dei precedenti servizi, tornava molto comodo introdursi nel territorio volterrano, per assecondare le proprie mire di espansione in tutta la Toscana, quindi accettarono l'offerta e come contropartita intimarono a Volterra di togliere il bando che aveva messo contro Martin Cione.

Volterra tuttavia non si dimostrò propensa a tale assoluzione e, nonostante le ripetute imposizioni del Fiorentini, non tolse il bando, cosa invece eseguita poi dal capitano del popolo Guccio de' Nobili di Firenze, che gli assegnò perfino un ufficio. Definite le parti i Fiorentini dunque presero possesso di Sillano, liberando i Petroni, che fino allora, erano stati tenuti prigionieri da Martin Cione. Ma quando la vita di questo avventuriero sembrava ormai avviarsi alla normalizzazione, fu catturato da ventinove cittadini Volterrani, ucciso e tagliato a pezzi.

Vedetta di controllo contro i volterrani

La roccaforte di Firenze

La repubblica Fiorentina mise al bando i giustizieri. Il Comune di Volterra, temendo le rappresaglie della più potente città, tramite suoi ambasciatori, chiese che fosse scusato l'eccesso e, promettendo di aderire ai manifestati desideri, tolse il bando nei confronti dei compagni di Martin Cione. Così Firenze divenne l'assoluta proprietaria di Sillano, tanto è vero che, al fine di togliere ogni ombra di incauto acquisto, comprò anche ogni diritto spettante al Petroni di Siena.

Alla fine del Quattrocento, a fronte dei contrasti sempre più accesi tra Firenze e Volterra relativamente allo sfruttamento di alcune miniere di allume presenti nel territorio, i volterrani si ribellarono alla potente Repubblica Fiorentina. Dinanzi a simile contropiede Lorenzo de' Medici vide la necessità di erigere castelli e roccaforti per contrastare gli animi incandescenti dei volterrani. All'interno di questo piano militare la Rocca Sillana fu soggetta d un'opera di ristrutturazione del fortilizio per adeguarlo al diffondersi di nuove tecniche d'attacco, come le armi da fuoco.

Una semplice dipendenza del Maschio

Il declino monumentale

L’attuale aspetto del fortilizio deriva difatti dall’operazione che fu compiuta in quel­l’epoca e cioè il completo rifodero delle antiche mura. L’impresa fu senza dubbio molto onerosa, viste le proporzioni, in considerazione anche dell’orografia dei luoghi e dell’impiego del cotto: materiale quest’ultimo del tutto inusuale in quel­l’epoca nel nostro territorio; basti pensare che per il Maschio di Volterra, costruito dai fiorentini appositamente per domare internamente il Comune di Volterra, fu utilizzato esclusivamente la pietra.

Dopo la sottomissione definitiva di Volterra, la Rocca Sillana perse la sua funzione strategica nei suoi confronti, scemando di conseguenza il suo valore monumentale. Iniziò co­sì un lungo periodo di decadenza in cui la roccaforte diviene una semplice dipendenza del Maschio di Volterra. Dopo il Quattrocento fu venduta al Gambacorti di Pisa, tuttavia Firenze vi mantenne sempre un proprio rettore, sfruttando quella particolare fortificazione per consolidare il suo dominio sul territorio.

Dall'abbandono alla rivalorizzazione

Un nuovo inizio

Sul finire del Settecento la Rocca Sillana, caduta in rovinoso abbandono, anche a causa di un violento impatto con un fulmine, venne acquistato da Marco Antonio Ac­ciai che accelerò il processo di demolizione per trarre vantaggio sulla vendita dei materiali. Nel frattempo Sillano fu inserito nella comunità pomarancina di Montecastelli, sotto la quale vi rimase fino all'Ottocento, cioè fino a quando la località di Montecastelli venne integrata nel Comune di Castelnuovo. Nella nuova definizione dei confini Sillano venne posto all'interno della giurisdizione della località di San Dalmazio, tributaria del Comune di Pomarance.

Le politiche contemporanee legate alla valorizzazione turistica dell'intera Valdicecina ha portato la Rocca Sillana ad insignirsi del fregio di Monumento Nazionale. Restaurata e riaperta al pubblico oggi permette di arricchire il proprio itinerario vacanziero alla scoperta dei gioielli più belli della Toscana. Merita davvero!

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