Chiesa restaurata

Ciò che rimane di un antico monastero

La chiesa parrocchiale di San Dalmazio è ciò che rimane di un antico cenobio di monache benedettine. Oggi il monastero non è più in funzione, ma lo si può vedere lungo la strada che porta al piccolo borgo, in una traversa laterale, marcato da un campanile di modeste dimensioni. I fondi sono proprietà della diocesi di Volterra, normalmente chiusi al pubblico ad eccezione della chiesa annessa.

La chiesa in origine doveva essere tri-absidata, ma oggi la vediamo terminare con una scarsella quadrangolare di epoca più moderna. L'interno si estende su un'unica navata attraversata da transetto; le monofore alla sommità dei fianchi sono antiche, ma le aperture in facciata sono di epoca moderna, così come il campanile sul fianco sinistro, di maestranza ottocentesca. Nella chiesa si trova un prezioso tabernacolo di terracotta indurita a guisa di vetro e rivestita con smalti colorati, opera questa della bottega di Luca della Robbia, collocatavi dalle monache del Monastero di Abigaille dopo un saccheggio avvenuto nel Quattrocento.

Il monastero di San Dalmazio

L'impero della Contessa Abigaille

Questa località ebbe origine da un castello edificato dagli Aldobrandeschi o Conti di Santa Flora, famiglia molto potente nel contado di Volterra. Discendente di questa casata fu la Contessa Abigaille, figlia primogenita di Ildebrando il Mancino, sire di Sillano, la quale si fece monaca e, proprio nei pressi del castello, eresse un monastero dedicato a Sant'Armazzo o San Dalmazio, donando alla nuova fondazione tutti i suoi beni. Sembra che ciò avvenisse a metà del Mille e cento, quando papa Eugenio III riconobbe la comunità religiosa di Abigaille, sottoponendola alla regola di San Benedetto dell'ordine Cistercense. Il monastero ottenne anche particolari privilegi imperiali e le monache esercitarono sulla florida comunità del castello un certo potere temporale ed ebbero ingerenza nel governo della cosa pubblica.

Prima della edificazione del monastero di San Dalmazio, sorgevano nei pressi un altro castello ed un altro monastero dedicato a Sant'Apollinare; ma Abigaille traslocò questo monastero in San Dalmazio perché quel luogo, assai boscoso ed incolto, non rispondeva alle esigenze della comunità religiosa.

Custodia e protezione

San Dalmazio vicina ai volterrani

Poco prima la metà del Duecento le monache di San Dalmazio affidarono in custodia e protezione il monastero, con il castello e il territorio annesso, al Comune di Volterra, a condizione che fosse riservata alle stesse la metà del ricavato dei dazi. Alla fine del secolo, non potendo far fronte alla superiorità dei confinanti, né riuscendo a farsi ubbidire dal suoi sudditi, l'abadessa Preziosa di Guiffredo vendette al Comune di Volterra la metà della intera signoria e giurisdizione del castello di San Dalmazio, impiegando poi il ricavato nei lavori di restauro del monastero.

Fra i patti della vendita fu precisato che non erano compresi in essa le case, i poderi, i paschi, i boschi e le acque di proprietà del monastero; inoltre i suoi fedeli non potevano essere reclutati per combattere contro la sede apostolica nè contro l'imperatore; il Comune di Volterra non poteva gravare d'imposizione gli uomini del castello in misura superiore a quelli del contado e nessun abitante del castello doveva essere fatto cittadino volterrano, né ricevuto ad abitare in Volterra.

Gli ultimi anni del monastero

Terra di razzie e molestie

Alcune regole curiose: Abigaille imponeva che gli abitanti locali accettati ad abitare nella città di Volterra dovevano essere rimandati ad abitare in San Dalmazio e, in caso di loro rifiuto, tutti i beni da loro posseduti in detta località venivano confiscati in favore del monastero. Volle anche che il rettore del castello fosse un cittadino volterrano, eletto ogni sei mesi, una volta dal Comune di Volterra e l'altra dalle monache del monastero.

Nella metà del Trecento le religiose di San Dalmazio, in occasione di un incendio, persero con una infinità di ricchezze, anche ben novanta volumi del loro archivio. Il pontefice del tempo Eugenio IV animò la gente del castello a restaurare la chiesa e il monastero danneggiati. Un secolo dopo i danni arrivarono con le truppe di Alfonso d'Aragona, re di Napoli, i quali si spinsero fino a Pomarance, seminando lutti, terrore e rovine; San Dalmazio non sfuggì al saccheggio e a varie distruzioni, ma le astute monache riuscirono per lo meno a salvare i valori del convento seppellendoli nel giardino.

Il nuovo monastero a Volterra

Un trasferimento necessario

Nel Cinquecento, al fine di liberarsi dalle molestie degli abitanti del castello e dalle frequenti scorrerie conseguenti alle guerre di quei tempi, le monache di San Dalmazio chiesero al Comune di Volterra di essere trasferite in quella città. Il patrimonio immobiliare stava deteriorandosi e non disponevano più di risorse sufficienti per restaurare i propri beni, fu una scelta obbligata. Il desiderio delle monache fu appoggiato anche dal vescovo Francesco Soderini e il Comune, accogliendo la richiesta, stanziò del denaro per l'acquisto del terreno e per la fabbricazione della chiesa e del nuovo monastero.

La costruzione avvenne di fronte alla chiesa di San Francesco, dove tutt'ora esiste, su disegno dell'architetto Bartolomeo Ammannato. Era monastero, chiesa ed educandato femminile, dove venivano ospitate fanciulle delle più facoltose famiglie del volterrano. Oggi possiamo ammirare solo la chiesa, proprietà privata degli Inghirami, e il chiostro retrostante di Borgonuovo; il rimanente del complesso ospita appartamenti residenziali.

> Scopri, Chiesa di San Dalmazio

Le ultime vicende

Le terre di San Dalmazio

Con la costruzione del Monastero di San Dalmazio a Volterra, il castello e il borgo passarono al Comune di Volterra, senza delineare altri avvenimenti degni di nota. Soltanto nel Cinquecento, durante l'assedio di Firenze, San Dalmazio subì un ulteriore saccheggio ad opera di Alessandro Vitellio Triferna, il quale espugnò il castello e diede al sacco tutto ciò che trovava. Poi in seguito alle nuove riforme di fine Settecento fu unita al territorio communitativo di Pomarance, in forza del parziale regolamento sulla organizzazione economica della comunità.

Nelle vicinanze del castello di San Dalmazio, si trovava una fonte di acqua perenne che, a sua volta, alimentava la fonte del monastero. La fonte del monastero era nido di anguille che nel giro di quaranta giorni crescevano fino al peso di mezza libbra per poi essere prese e mangiate. Si diceva che queste anguille erano le migliori fra quelle che si generavano nell'agro di Volterra.

Storie del passato a parte oggi di questo cenobio rimane la chiesa vicinale.

Chiesa restaurata

Ciò che rimane di un antico monastero

La chiesa parrocchiale di San Dalmazio è ciò che rimane di un antico cenobio di monache benedettine. Oggi il monastero non è più in funzione, ma lo si può vedere lungo la strada che porta al piccolo borgo, in una traversa laterale, marcato da un campanile di modeste dimensioni. I fondi sono proprietà della diocesi di Volterra, normalmente chiusi al pubblico ad eccezione della chiesa annessa.

La chiesa in origine doveva essere tri-absidata, ma oggi la vediamo terminare con una scarsella quadrangolare di epoca più moderna. L'interno si estende su un'unica navata attraversata da transetto; le monofore alla sommità dei fianchi sono antiche, ma le aperture in facciata sono di epoca moderna, così come il campanile sul fianco sinistro, di maestranza ottocentesca. Nella chiesa si trova un prezioso tabernacolo di terracotta indurita a guisa di vetro e rivestita con smalti colorati, opera questa della bottega di Luca della Robbia, collocatavi dalle monache del Monastero di Abigaille dopo un saccheggio avvenuto nel Quattrocento.

Il monastero di San Dalmazio

L'impero della Contessa Abigaille

Questa località ebbe origine da un castello edificato dagli Aldobrandeschi o Conti di Santa Flora, famiglia molto potente nel contado di Volterra. Discendente di questa casata fu la Contessa Abigaille, figlia primogenita di Ildebrando il Mancino, sire di Sillano, la quale si fece monaca e, proprio nei pressi del castello, eresse un monastero dedicato a Sant'Armazzo o San Dalmazio, donando alla nuova fondazione tutti i suoi beni. Sembra che ciò avvenisse a metà del Mille e cento, quando papa Eugenio III riconobbe la comunità religiosa di Abigaille, sottoponendola alla regola di San Benedetto dell'ordine Cistercense. Il monastero ottenne anche particolari privilegi imperiali e le monache esercitarono sulla florida comunità del castello un certo potere temporale ed ebbero ingerenza nel governo della cosa pubblica.

Prima della edificazione del monastero di San Dalmazio, sorgevano nei pressi un altro castello ed un altro monastero dedicato a Sant'Apollinare; ma Abigaille traslocò questo monastero in San Dalmazio perché quel luogo, assai boscoso ed incolto, non rispondeva alle esigenze della comunità religiosa.

Custodia e protezione

San Dalmazio vicina ai volterrani

Poco prima la metà del Duecento le monache di San Dalmazio affidarono in custodia e protezione il monastero, con il castello e il territorio annesso, al Comune di Volterra, a condizione che fosse riservata alle stesse la metà del ricavato dei dazi. Alla fine del secolo, non potendo far fronte alla superiorità dei confinanti, né riuscendo a farsi ubbidire dal suoi sudditi, l'abadessa Preziosa di Guiffredo vendette al Comune di Volterra la metà della intera signoria e giurisdizione del castello di San Dalmazio, impiegando poi il ricavato nei lavori di restauro del monastero.

Fra i patti della vendita fu precisato che non erano compresi in essa le case, i poderi, i paschi, i boschi e le acque di proprietà del monastero; inoltre i suoi fedeli non potevano essere reclutati per combattere contro la sede apostolica nè contro l'imperatore; il Comune di Volterra non poteva gravare d'imposizione gli uomini del castello in misura superiore a quelli del contado e nessun abitante del castello doveva essere fatto cittadino volterrano, né ricevuto ad abitare in Volterra.

Gli ultimi anni del monastero

Terra di razzie e molestie

Alcune regole curiose: Abigaille imponeva che gli abitanti locali accettati ad abitare nella città di Volterra dovevano essere rimandati ad abitare in San Dalmazio e, in caso di loro rifiuto, tutti i beni da loro posseduti in detta località venivano confiscati in favore del monastero. Volle anche che il rettore del castello fosse un cittadino volterrano, eletto ogni sei mesi, una volta dal Comune di Volterra e l'altra dalle monache del monastero.

Nella metà del Trecento le religiose di San Dalmazio, in occasione di un incendio, persero con una infinità di ricchezze, anche ben novanta volumi del loro archivio. Il pontefice del tempo Eugenio IV animò la gente del castello a restaurare la chiesa e il monastero danneggiati. Un secolo dopo i danni arrivarono con le truppe di Alfonso d'Aragona, re di Napoli, i quali si spinsero fino a Pomarance, seminando lutti, terrore e rovine; San Dalmazio non sfuggì al saccheggio e a varie distruzioni, ma le astute monache riuscirono per lo meno a salvare i valori del convento seppellendoli nel giardino.

Il nuovo monastero a Volterra

Un trasferimento necessario

Nel Cinquecento, al fine di liberarsi dalle molestie degli abitanti del castello e dalle frequenti scorrerie conseguenti alle guerre di quei tempi, le monache di San Dalmazio chiesero al Comune di Volterra di essere trasferite in quella città. Il patrimonio immobiliare stava deteriorandosi e non disponevano più di risorse sufficienti per restaurare i propri beni, fu una scelta obbligata. Il desiderio delle monache fu appoggiato anche dal vescovo Francesco Soderini e il Comune, accogliendo la richiesta, stanziò del denaro per l'acquisto del terreno e per la fabbricazione della chiesa e del nuovo monastero.

La costruzione avvenne di fronte alla chiesa di San Francesco, dove tutt'ora esiste, su disegno dell'architetto Bartolomeo Ammannato. Era monastero, chiesa ed educandato femminile, dove venivano ospitate fanciulle delle più facoltose famiglie del volterrano. Oggi possiamo ammirare solo la chiesa, proprietà privata degli Inghirami, e il chiostro retrostante di Borgonuovo; il rimanente del complesso ospita appartamenti residenziali.

> Scopri, Chiesa di San Dalmazio

Le ultime vicende

Le terre di San Dalmazio

Con la costruzione del Monastero di San Dalmazio a Volterra, il castello e il borgo passarono al Comune di Volterra, senza delineare altri avvenimenti degni di nota. Soltanto nel Cinquecento, durante l'assedio di Firenze, San Dalmazio subì un ulteriore saccheggio ad opera di Alessandro Vitellio Triferna, il quale espugnò il castello e diede al sacco tutto ciò che trovava. Poi in seguito alle nuove riforme di fine Settecento fu unita al territorio communitativo di Pomarance, in forza del parziale regolamento sulla organizzazione economica della comunità.

Nelle vicinanze del castello di San Dalmazio, si trovava una fonte di acqua perenne che, a sua volta, alimentava la fonte del monastero. La fonte del monastero era nido di anguille che nel giro di quaranta giorni crescevano fino al peso di mezza libbra per poi essere prese e mangiate. Si diceva che queste anguille erano le migliori fra quelle che si generavano nell'agro di Volterra.

Storie del passato a parte oggi di questo cenobio rimane la chiesa vicinale.

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