I resti del Castel di Cornia

Un avamposto volterrano

La Torraccia di Cornia, nota anche come la Torre del Castelluccio, sorge su un poggetto isolato: un'alta e stretta lingua di terra che si spinge fra il torrente Turbone e il fiume Cornia proprio fino al punto in cui i due corsi d'acqua confluiscono l'uno nell'altro. E' una torre quadra, di pietra scura: la classica torre medievale sul tipo la Torre Belforti a Montecatini o la Torre dei Pannocchieschi a Montecastelli. Soltanto che qui manca il nome della nobile famiglia che la edificò.

Si ignora anche l'epoca in cui essa fu costruita; il nome castelluccio (come quelli analoghi castellare, pievaccia, torraccia) stava, nei tempi passati, a indicare edifici abbandonati o in via di rovina e non può quindi fornire: nessuna traccia o indicazione. Si sa solo che quei territori furono, nel medioevo, sotto l'influenza più o meno diretta dei monaci della Badia di San Pietro a Palazzuolo di Monteverdi e nobili Pannocchieschi di Maremma che avevano le loro roccaforti più avanzate alla Leccia e a Castiglion Bernardi.

Una vecchia torre, un nuovo castello

Castelluccio di Cornia

Il nome della torre rimanda a un certo Castel di Cornia, potente feudo dei Conti Alberti di Prato, che allora si ergeva con probabilità sul poggio di Renzano, nei pressi di Lustignano. I proprietari conti Alberti vendettero il primitivo Castel di Cornia al Comune di Volterra poco dopo la metà del Duecento; ciò dette luogo a dispute fra vescovo e comune che si conclusero solo qualche decennio dopo quando gli scherani dei conti Pannocchieschi di Castiglion Bernardi assalirono il castello e lo distrussero completamente.

L'anno dopo il Comune di Volterra, accogliendo un'istanza delle famiglie scampate che chiedevano aiuto e protezione, si assumeva le spese vive di ripristino del castello. Il paese veniva così riedificato; ma non dove sorgeva prima, bensì su una collina più prominente, e quindi meglio difendibile, e più vicina al Cornia. Del vecchio castello rimaneva ancora intatta la Torraccia di Cornia che, a causa del nuovo assetto geografico del nuovo castello, potrebbe aver seguito una personale autonomia, portando quel territorio a erigere un nuovo castello: un piccolo castello dal nome di Castelluccio di Cornia.

Fortificato sin dall'epoca romana

Passati remoti dimenticati

Il Castelluccio di Cornia, che poi riprese nome come Castel di Cornia, apparteneva ai nobili della Leccia. Nel Trecento questi vendettero la terza parte del castello con corte, signoria, pascoli e miniere di argento, zolfi e allumi, al Comune di Volterra e il rimanente passò al fratello del vescovo volterrano Rainuccio a saldo di debiti. A metà del Trecento, invece, tutto il castello veniva in possesso della nobile famiglia de' Rossi di Firenze, i quali un secolo dopo si arresero all'invasione delle truppe di Alfonso d'Aragona re di Napoli. Successivamente si stipulò la vendita di tutte le proprietà al Vescovo di Volterra.

Per concludere non tralasceremo di ricordare che la Torraccia di Cornia è stata indicata come un punto fortificato di epoca romana; e forse come qualcosa sorto su resti addirittura etruschi: uno dei posti di segnalazione o di difesa fra Populonia e Volterra. Si è voluto infatti identificare quel luogo con Gordenna, località dal nome di origine etrusca di cui si è persa ogni traccia dopo la donazione fattane nel Millecento da Gisla, contessa della Leccia, alla Badia di Monteverdi.

In attesa di un degno recupero

Quel che resta oggi

Oggi è proprietà privata della famiglia de Larderel e fa parte del parco archeologico naturalistico che unisce la vicina villa di Lustignano alla pieve di San Giovanni, sulle orme di una curtis citata già nell'Alto medioevo.

La torraccia non gode di ottima salute, sbeccata e in parte crollata. Alla vista appare costruita in due fasi ben distinte evidenziate dai diversi materiali utilizzati, da due differenti tecniche di costruzione e raggiunge un altezza di oltre quindici metri, ma ad occhi di altri potrebbe suggerire di più. Accanto ad essa si palesa un muro ancor più in rovina che termina con pietre mosse a terra.

L'aspetto curioso è che la Torraccia non è vincolata dalla Soprintendenza, ma è comunque schedato nel piano strutturale di Castelnuovo, dove sono anche previste le modalità per un eventuale recupero. La Torraccia potrebbe in futuro ospitare i turisti, con la possibilità di adibire sia il Castelluccio che il podere annesso a struttura ricettiva, ovviamente rispettando le caratteristiche paesaggistiche e ambientali del territorio circostante.

La leggenda della chioccia dai pulcini d'oro

I tesori del Turbone

Come per il Monte Voltraio della vicina Volterra, anche il poggio dove risiede la Torraccia è sede di leggende legate alla chioccia dorata con i suoi dodici pulcini d'oro. Nei colli vicino a Castelnuovo esisteva un convento di frati francescani e tali monaci erano soliti approvvigionarsi a Lustignano, guadando il fiume Turbone.

Durante una stagione particolarmente piovosa il guado sul corso d'acqua divenne impraticabile e fu allora che i frati escogitarono un piano e si misero a scavare una galleria sotterranea sotto l'alveo del fiume per aggirare l'ostacolo e oltrepassare il fiume. A quel punto venne fuori un tesoro. Durante le operazioni, tra la terra rimossa fu trovata una chioccia d'oro con dodici pulcini.

Allorché fu allestito un piccolo sacello, proprio dentro una nicchia all'interno della galleria, dove furono riposti questi manufatti. Col passare dei secoli e senza manutenzione, il tunnel franò, sotterrando i gioielli che custodiva. Gli abitanti della zona conoscono bene la leggenda e sono in tanti ad aver cercato il tesoro, per gioco e sperando che questa storia potesse avere un fondo di verità. Al momento non si è trovato ancora niente.

I resti del Castel di Cornia

Un avamposto volterrano

La Torraccia di Cornia, nota anche come la Torre del Castelluccio, sorge su un poggetto isolato: un'alta e stretta lingua di terra che si spinge fra il torrente Turbone e il fiume Cornia proprio fino al punto in cui i due corsi d'acqua confluiscono l'uno nell'altro. E' una torre quadra, di pietra scura: la classica torre medievale sul tipo la Torre Belforti a Montecatini o la Torre dei Pannocchieschi a Montecastelli. Soltanto che qui manca il nome della nobile famiglia che la edificò.

Si ignora anche l'epoca in cui essa fu costruita; il nome castelluccio (come quelli analoghi castellare, pievaccia, torraccia) stava, nei tempi passati, a indicare edifici abbandonati o in via di rovina e non può quindi fornire: nessuna traccia o indicazione. Si sa solo che quei territori furono, nel medioevo, sotto l'influenza più o meno diretta dei monaci della Badia di San Pietro a Palazzuolo di Monteverdi e nobili Pannocchieschi di Maremma che avevano le loro roccaforti più avanzate alla Leccia e a Castiglion Bernardi.

Una vecchia torre, un nuovo castello

Castelluccio di Cornia

Il nome della torre rimanda a un certo Castel di Cornia, potente feudo dei Conti Alberti di Prato, che allora si ergeva con probabilità sul poggio di Renzano, nei pressi di Lustignano. I proprietari conti Alberti vendettero il primitivo Castel di Cornia al Comune di Volterra poco dopo la metà del Duecento; ciò dette luogo a dispute fra vescovo e comune che si conclusero solo qualche decennio dopo quando gli scherani dei conti Pannocchieschi di Castiglion Bernardi assalirono il castello e lo distrussero completamente.

L'anno dopo il Comune di Volterra, accogliendo un'istanza delle famiglie scampate che chiedevano aiuto e protezione, si assumeva le spese vive di ripristino del castello. Il paese veniva così riedificato; ma non dove sorgeva prima, bensì su una collina più prominente, e quindi meglio difendibile, e più vicina al Cornia. Del vecchio castello rimaneva ancora intatta la Torraccia di Cornia che, a causa del nuovo assetto geografico del nuovo castello, potrebbe aver seguito una personale autonomia, portando quel territorio a erigere un nuovo castello: un piccolo castello dal nome di Castelluccio di Cornia.

Fortificato sin dall'epoca romana

Passati remoti dimenticati

Il Castelluccio di Cornia, che poi riprese nome come Castel di Cornia, apparteneva ai nobili della Leccia. Nel Trecento questi vendettero la terza parte del castello con corte, signoria, pascoli e miniere di argento, zolfi e allumi, al Comune di Volterra e il rimanente passò al fratello del vescovo volterrano Rainuccio a saldo di debiti. A metà del Trecento, invece, tutto il castello veniva in possesso della nobile famiglia de' Rossi di Firenze, i quali un secolo dopo si arresero all'invasione delle truppe di Alfonso d'Aragona re di Napoli. Successivamente si stipulò la vendita di tutte le proprietà al Vescovo di Volterra.

Per concludere non tralasceremo di ricordare che la Torraccia di Cornia è stata indicata come un punto fortificato di epoca romana; e forse come qualcosa sorto su resti addirittura etruschi: uno dei posti di segnalazione o di difesa fra Populonia e Volterra. Si è voluto infatti identificare quel luogo con Gordenna, località dal nome di origine etrusca di cui si è persa ogni traccia dopo la donazione fattane nel Millecento da Gisla, contessa della Leccia, alla Badia di Monteverdi.

In attesa di un degno recupero

Quel che resta oggi

Oggi è proprietà privata della famiglia de Larderel e fa parte del parco archeologico naturalistico che unisce la vicina villa di Lustignano alla pieve di San Giovanni, sulle orme di una curtis citata già nell'Alto medioevo.

La torraccia non gode di ottima salute, sbeccata e in parte crollata. Alla vista appare costruita in due fasi ben distinte evidenziate dai diversi materiali utilizzati, da due differenti tecniche di costruzione e raggiunge un altezza di oltre quindici metri, ma ad occhi di altri potrebbe suggerire di più. Accanto ad essa si palesa un muro ancor più in rovina che termina con pietre mosse a terra.

L'aspetto curioso è che la Torraccia non è vincolata dalla Soprintendenza, ma è comunque schedato nel piano strutturale di Castelnuovo, dove sono anche previste le modalità per un eventuale recupero. La Torraccia potrebbe in futuro ospitare i turisti, con la possibilità di adibire sia il Castelluccio che il podere annesso a struttura ricettiva, ovviamente rispettando le caratteristiche paesaggistiche e ambientali del territorio circostante.

La leggenda della chioccia dai pulcini d'oro

I tesori del Turbone

Come per il Monte Voltraio della vicina Volterra, anche il poggio dove risiede la Torraccia è sede di leggende legate alla chioccia dorata con i suoi dodici pulcini d'oro. Nei colli vicino a Castelnuovo esisteva un convento di frati francescani e tali monaci erano soliti approvvigionarsi a Lustignano, guadando il fiume Turbone.

Durante una stagione particolarmente piovosa il guado sul corso d'acqua divenne impraticabile e fu allora che i frati escogitarono un piano e si misero a scavare una galleria sotterranea sotto l'alveo del fiume per aggirare l'ostacolo e oltrepassare il fiume. A quel punto venne fuori un tesoro. Durante le operazioni, tra la terra rimossa fu trovata una chioccia d'oro con dodici pulcini.

Allorché fu allestito un piccolo sacello, proprio dentro una nicchia all'interno della galleria, dove furono riposti questi manufatti. Col passare dei secoli e senza manutenzione, il tunnel franò, sotterrando i gioielli che custodiva. Gli abitanti della zona conoscono bene la leggenda e sono in tanti ad aver cercato il tesoro, per gioco e sperando che questa storia potesse avere un fondo di verità. Al momento non si è trovato ancora niente.

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  • Marzo 29, 2024 00:53 local time