San Cipriano è una piccola borgata, con una chiesa parrocchiale che porta la stessa denominazione e risiede sulla sommità di una collina marnosa sulla sinistra della strada, già detta "fiorentina" che collega Volterra, sia a Pisa che a Firenze, con due diramazioni distinte, che partono da Molino d'Era.
La borgata prese il nome da un ospizio - ospedaletto, avente il titolo di Verano in San Cipriano e ciò risulta anche dagli atti del sinodo diocesano della metà del Milletrecento. A tal riguardo durante l'anno della peste, veniva pubblicato il testamento di Iacopo di Giuntarino, il quale, dopo aver dichiarato erede universale Verano di Mato dei Verani, disponeva che, in suffragio dell'anima propria e dei suoi genitori, dalla sua casa con orto da un lato, posta in San Cipriano, accanto a quella di Verano si facesse uno spedale per accogliervi i poveri. Verano di Mato lasciò all'ospedale anche un paio di buoi e due stanze con alcune masserizie, fra le quali il suo letto di penne. Lo spedale di San Cipriano fu incorporato in quello maggiore di Sante Maria Maddalena in Volterra, ma nel luogo rimase l'obbligo di mantenere alcuni letti per raccogliere i viandanti. L'ospizio fu soppresso vent'anni dopo.
Alla parrocchia di San Cipriano furono accreditati i beni della soppressa chiesa di Sant'Orsaia a Ripabianca, oggi detta Riparbella, della quale rimane solo una casa poderale nei pressi dell'Era, nonché delle cappelle di Fognano e Bibbiano.
Nel territorio attribuito alla parrocchia di San Cipriano esiste ancora la chiesina di San Lorenzo, nella zona di Fiorli, situata nella parte più prossima alla fattoria di Spedaletto. Ad essa era accreditata anche la cappellina di Corbano, ora ridotta ad un ammasso di ruderi.
Nel borgo di San Cipriano fa senz'altro spicco, il suo bel parco e la sua villa signorile, motivo per cui era meta preferita dai volterrani, per le scampagnate di un tempo. Poco più in là del borgo non rimane anonima la villa, già delle famiglie Ormanni ed Incontri, e la villa di Cerbaiola, già di proprietà del politico Lagorio. Poco più sotto si trova la villa del Fagianino di proprietà dei Malacarne, che volendo sono tutte connesse per una passeggiata nella natura.
Alla fine del Duecento la messa all'interno della Chiesa di San Cipriano veniva officiata dai monaci del vicino monastero di San Giusto, nella cui giurisdizione spirituale rientrava l’intera parrocchia di San Cipriano. Le prime notizie che si hanno di questa chiesa sono dell'anno Mille, ma di essa non rimane alcun ricordo nella chiesa nuova, che fu costruita nei primi anni del secolo scorso. La chiesa attuale, molto semplice, ha tre altari e su quello maggiore si trovava una tavola interessante raffigurante “Vergine col Bambino ed intorno San Cipriano, San Giusto ed altri santi appartenenti all’ordine camaldolese”, del pittore volterrano Giovanni Paolo Rossetti, oggi visibile al Museo Diocesano.
La sala della canonica, grazie all'impegno e alla disponibilità del parroco, è stata concessa gratuitamente agli abitanti della zona, che hanno manifestato l'intento di ritrovarsi; una micro comunità resistente allo spopolamento totale, orgogliosa delle proprie origini: ha il primato di essere la più antica contrada del territorio di Volterra.
San Cipriano fu una meta ambita per molti anni. La si frequentava in occasione della festa parrocchiale che tutt'ora ricorre, ogni anno, il martedì dopo Pasqua. Tale festa, oltre al compimento del rito religioso che si concludeva con la processione, serviva a richiamare una larga partecipazione dal poggio volterrano per le organizzatissime feste da ballo all'aperto, amate dai giovani in cerca di rapporti amorosi e amate dai più attempati per le ricche "beute" al limite della decenza.
Ma la tradizione più ricordata era la fiera dell'Era che, dopo l'attuazione della riforma agraria, fu ridotta ad una effimera partecipazione. Nella fiera, infatti, avvenivano contrattazioni per la vendita di bestiame, di terreni, perfino di poderi e il giro commerciale assumeva una particolare consistenza. Aveva luogo il 5 settembre di ogni anno, in una località distante non più di cento metri dal fiume Era e, nel pieno vigore commerciale, vi arrivavano perfino quattro trattorie ambulanti con attendamento, che si piazzavano sotto quelle ambiziose piante.
San Cipriano è una piccola borgata, con una chiesa parrocchiale che porta la stessa denominazione e risiede sulla sommità di una collina marnosa sulla sinistra della strada, già detta "fiorentina" che collega Volterra, sia a Pisa che a Firenze, con due diramazioni distinte, che partono da Molino d'Era.
La borgata prese il nome da un ospizio - ospedaletto, avente il titolo di Verano in San Cipriano e ciò risulta anche dagli atti del sinodo diocesano della metà del Milletrecento. A tal riguardo durante l'anno della peste, veniva pubblicato il testamento di Iacopo di Giuntarino, il quale, dopo aver dichiarato erede universale Verano di Mato dei Verani, disponeva che, in suffragio dell'anima propria e dei suoi genitori, dalla sua casa con orto da un lato, posta in San Cipriano, accanto a quella di Verano si facesse uno spedale per accogliervi i poveri. Verano di Mato lasciò all'ospedale anche un paio di buoi e due stanze con alcune masserizie, fra le quali il suo letto di penne. Lo spedale di San Cipriano fu incorporato in quello maggiore di Sante Maria Maddalena in Volterra, ma nel luogo rimase l'obbligo di mantenere alcuni letti per raccogliere i viandanti. L'ospizio fu soppresso vent'anni dopo.
Alla parrocchia di San Cipriano furono accreditati i beni della soppressa chiesa di Sant'Orsaia a Ripabianca, oggi detta Riparbella, della quale rimane solo una casa poderale nei pressi dell'Era, nonché delle cappelle di Fognano e Bibbiano.
Nel territorio attribuito alla parrocchia di San Cipriano esiste ancora la chiesina di San Lorenzo, nella zona di Fiorli, situata nella parte più prossima alla fattoria di Spedaletto. Ad essa era accreditata anche la cappellina di Corbano, ora ridotta ad un ammasso di ruderi.
Nel borgo di San Cipriano fa senz'altro spicco, il suo bel parco e la sua villa signorile, motivo per cui era meta preferita dai volterrani, per le scampagnate di un tempo. Poco più in là del borgo non rimane anonima la villa, già delle famiglie Ormanni ed Incontri, e la villa di Cerbaiola, già di proprietà del politico Lagorio. Poco più sotto si trova la villa del Fagianino di proprietà dei Malacarne, che volendo sono tutte connesse per una passeggiata nella natura.
Alla fine del Duecento la messa all'interno della Chiesa di San Cipriano veniva officiata dai monaci del vicino monastero di San Giusto, nella cui giurisdizione spirituale rientrava l’intera parrocchia di San Cipriano. Le prime notizie che si hanno di questa chiesa sono dell'anno Mille, ma di essa non rimane alcun ricordo nella chiesa nuova, che fu costruita nei primi anni del secolo scorso. La chiesa attuale, molto semplice, ha tre altari e su quello maggiore si trovava una tavola interessante raffigurante “Vergine col Bambino ed intorno San Cipriano, San Giusto ed altri santi appartenenti all’ordine camaldolese”, del pittore volterrano Giovanni Paolo Rossetti, oggi visibile al Museo Diocesano.
La sala della canonica, grazie all'impegno e alla disponibilità del parroco, è stata concessa gratuitamente agli abitanti della zona, che hanno manifestato l'intento di ritrovarsi; una micro comunità resistente allo spopolamento totale, orgogliosa delle proprie origini: ha il primato di essere la più antica contrada del territorio di Volterra.
San Cipriano fu una meta ambita per molti anni. La si frequentava in occasione della festa parrocchiale che tutt'ora ricorre, ogni anno, il martedì dopo Pasqua. Tale festa, oltre al compimento del rito religioso che si concludeva con la processione, serviva a richiamare una larga partecipazione dal poggio volterrano per le organizzatissime feste da ballo all'aperto, amate dai giovani in cerca di rapporti amorosi e amate dai più attempati per le ricche "beute" al limite della decenza.
Ma la tradizione più ricordata era la fiera dell'Era che, dopo l'attuazione della riforma agraria, fu ridotta ad una effimera partecipazione. Nella fiera, infatti, avvenivano contrattazioni per la vendita di bestiame, di terreni, perfino di poderi e il giro commerciale assumeva una particolare consistenza. Aveva luogo il 5 settembre di ogni anno, in una località distante non più di cento metri dal fiume Era e, nel pieno vigore commerciale, vi arrivavano perfino quattro trattorie ambulanti con attendamento, che si piazzavano sotto quelle ambiziose piante.