Sulla parete destra vi è una piccola porta archi travata e sormontata da una lunetta, l’interno della lunetta è decorato con un bassorilievo in marmo di difficile lettura rappresentante forse una scena di caccia. Questa scena è stata interpretata da alcuni studiosi locali come pertinente al culto dell’antica dea Diana, ipotizzando l’esistenza di un tempio a lei dedicato su cui sorse poi la chiesa, di cui non rimane traccia. Si tratta, in realtà, di una scena simbolica tipica dell’arte romanica; oggi non siamo in grado di dare una spiegazione a molti di questi simboli, ma sicuramente erano ispirati dalla dottrina cattolica ed erano compresi da buona parte dei fedeli. Sempre su questa parete si trova un rosone, che forse in origine era murato nella facciata.
La parte anteriore è stata ristrutturata con la costruzione di un loggiato antistante l’ingresso alla fine del Cinquecento, la copertura è sostenuta da cinque arcate a tutto sesto sorrette da pilastri a base esagonale. Questa loggia nasconde in parte la vecchia facciata che è ornata da tre ampie arcate impostate su semi pilastri con semi colonna addossata.
Una successione di grandi restauri
Al di sopra del portale c’è un oculo che è stato evidentemente costruito prima del porticato perché è in parte nascosto da quest’ultimo. Sulla facciata della chiesa sono murate numerose epigrafi sepolcrali di varie epoche.
Il campanile fu costruito alla fine del Cinquecento, è un tipico campanile a vela in laterizi, con tre posti per altrettante campane; due campane esistevano già prima della costruzione del campanile, la terza venne comprata in quell’anno. Nel secolo scorso vennero rifuse, perché si erano rotte numerose volte e con il bronzo ricavato ne furono fatte altre tre, chiamate Alessandra, Francesca e Maria. Non durarono molto giacché a metà dell'Ottocento venne chiamato Terzo Raffaelli da Pistoia per fare le tre che esistono tutt'ora.
Nel periodo della Seconda Guerra Mondiale la chiesa venne colpita dall’artiglieria americana; in questa circostanza vennero distrutti buona parte degli arredi sacri ed un gruppo di statue in terracotta policroma raffigurante la “Deposizione” attribuito al Cieco da Gambassi.
La chiesa di Sant’Alessandro conserva ancora parte della planimetria e della struttura muraria romanica, visibile quest’ultima sia all’esterno che all’interno. La facciata è stata parzialmente coperta da un porticato posteriore. La prima notizia che abbiamo della chiesa viene dal Calendario di Ugo; secondo la tradizione sarebbe stata consacrata da papa Callisto II nei primi del Millecento quando venne in visita a Volterra. Sappiamo con certezza che il papa in quest’occasione consacrò la Cattedrale, ma non si parla né di Sant’Alessandro né di San Pietro, altra chiesa che la tradizione ritiene consacrata da Callisto II.
La tecnica architettonica con cui è costruito l’edificio è comunque databile alla prima metà del Duecento; si tratta di una tipica chiesa romanica ad aula, con una sola navata. Dell’edificio originario si conservano, oltre alla pianta, le pareti laterali e posteriori, costruite con blocchi di pietra squadrati disposti a filari regolari.
Sulla parete destra vi è una piccola porta archi travata e sormontata da una lunetta, l’interno della lunetta è decorato con un bassorilievo in marmo di difficile lettura rappresentante forse una scena di caccia. Questa scena è stata interpretata da alcuni studiosi locali come pertinente al culto dell’antica dea Diana, ipotizzando l’esistenza di un tempio a lei dedicato su cui sorse poi la chiesa, di cui non rimane traccia. Si tratta, in realtà, di una scena simbolica tipica dell’arte romanica; oggi non siamo in grado di dare una spiegazione a molti di questi simboli, ma sicuramente erano ispirati dalla dottrina cattolica ed erano compresi da buona parte dei fedeli. Sempre su questa parete si trova un rosone, che forse in origine era murato nella facciata.
La parte anteriore è stata ristrutturata con la costruzione di un loggiato antistante l’ingresso alla fine del Cinquecento, la copertura è sostenuta da cinque arcate a tutto sesto sorrette da pilastri a base esagonale. Questa loggia nasconde in parte la vecchia facciata che è ornata da tre ampie arcate impostate su semi pilastri con semi colonna addossata.
Una successione di grandi restauri
Al di sopra del portale c’è un oculo che è stato evidentemente costruito prima del porticato perché è in parte nascosto da quest’ultimo. Sulla facciata della chiesa sono murate numerose epigrafi sepolcrali di varie epoche.
Il campanile fu costruito alla fine del Cinquecento, è un tipico campanile a vela in laterizi, con tre posti per altrettante campane; due campane esistevano già prima della costruzione del campanile, la terza venne comprata in quell’anno. Nel secolo scorso vennero rifuse, perché si erano rotte numerose volte e con il bronzo ricavato ne furono fatte altre tre, chiamate Alessandra, Francesca e Maria. Non durarono molto giacché a metà dell'Ottocento venne chiamato Terzo Raffaelli da Pistoia per fare le tre che esistono tutt'ora.
Nel periodo della Seconda Guerra Mondiale la chiesa venne colpita dall’artiglieria americana; in questa circostanza vennero distrutti buona parte degli arredi sacri ed un gruppo di statue in terracotta policroma raffigurante la “Deposizione” attribuito al Cieco da Gambassi.
La chiesa di Sant’Alessandro conserva ancora parte della planimetria e della struttura muraria romanica, visibile quest’ultima sia all’esterno che all’interno. La facciata è stata parzialmente coperta da un porticato posteriore. La prima notizia che abbiamo della chiesa viene dal Calendario di Ugo; secondo la tradizione sarebbe stata consacrata da papa Callisto II nei primi del Millecento quando venne in visita a Volterra. Sappiamo con certezza che il papa in quest’occasione consacrò la Cattedrale, ma non si parla né di Sant’Alessandro né di San Pietro, altra chiesa che la tradizione ritiene consacrata da Callisto II.
La tecnica architettonica con cui è costruito l’edificio è comunque databile alla prima metà del Duecento; si tratta di una tipica chiesa romanica ad aula, con una sola navata. Dell’edificio originario si conservano, oltre alla pianta, le pareti laterali e posteriori, costruite con blocchi di pietra squadrati disposti a filari regolari.
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