Se si è in visita di Volterra con la promessa di cogliere aspetti inediti della città, spesso consigliamo di esplorare i cimiteri, partendo dalle necropoli per poi risalire la china temporale con i camposanti contemporanei. Al loro interno si rimarcano i cicli della vita e ad essi le storie dei popoli che hanno contribuito all'evoluzione della città stessa; non solo è possibile individuare i giacigli eterni di ospiti famosi, ma si comprende come una civiltà interpreta il senso della vita e quello della morte.
Di solito ci si aspetta che sia la monumentalità a fare di un cimitero interessante, eppure il Cimitero di Sanfinocchi, che di consensi ne riscuote molti, si presenta tutt'altro che artistico. Sconfessiamo la regola quindi: il segreto del suo successo sta nella definizione alquanto desolata della struttura; come un ossimoro concreto è proprio la sua freddezza glaciale a far ribollire emozioni forti e contrastanti in chi lo visita; si intensificano mano a mano si apprende la storia del cimitero e dei suoi ospiti.
E' questo il punto, qui riposano i matti; abbandonati e reclusi in vita, dimenticati in punto di morte. Regna solo il silenzio.
Il Cimitero di Sanfinocchi, in verità, potrebbe essere tappa conclusiva di un percorso di visita del Museo dell'Ospedale Psichiatrico, di modo che si possano integrare le nozioni esemplificative di quello che poteva essere il Manicomio di Volterra con la realtà dei fatti.
Il triste cimitero dei matti è situato nell'omonima strada e separa i vivi dai morti un semplice muro. Al di là della barricata si apre un viale su cui incombono alti cipressi. All'estremo opposto si erge quella che era la cappella con l'ossario. 1956 in numeri romani segna l'anno della sua costruzione, ma il camposanto era in attivo già all'inizio del secolo, al sostegno del Frenocomio di San Girolamo embrione del futuro Ospedale Psichiatrico. Venne sfruttato fino alla decretata chiusura dei manicomi con la Legge Basaglia. Solo il pensiero che qui si inumavano poveri diavoli o dementi estinti non reclamati dalle famiglie scombussola lo stomaco. Sono davvero anime dimenticate dal mondo. Per loro emergono dalla terra solo centinaia di lapidi in cemento con forme e dimensioni differenti. Croci sbilenche piantate a terra senza nome, senza epitaffio. Senza foto.
I cimiteri sono luoghi dell'anima, di morte e di tristezza, ma hanno anche un fascino particolare, inquietante e misterioso soprattutto se vecchi e abbandonati. Il necroturismo è una tendenza turistica un po' insolita, ma sempre più persone si lasciano tentare dalla curiosità e decidono di partire verso una destinazione al fine di visitarne i cimiteri. L’idea è alquanto stramba, ma i motivi per cui i turisti intraprendono sempre più i cosiddetti viaggi cimiteriali sono molteplici e di varia natura. Il pellegrinaggio, che impegna una persona a dare un po' del proprio tempo ai defunti, in ogni caso, stimola una comunione con i propri morti e con sé stessi: aiuta davvero a riflettere.
Di cimiteri ce ne sono in gran numero nel nostro territorio, alcuni molto conosciuti al punto da essere delle vere e proprie attrazioni turistiche incluse in particolari ghost tour offerti in varie associazioni del settore, altri invece nascosti e introvabili per i quali si richiede una buona dose di spirito di avventura. In entrambi i casi, la visita di tali cimiteri e la lettura degli epitaffi permette di rispolverare le storie di alcune località e di alcuni personaggi. Sono molto interessanti.
> Scopri, i cimiteri del territorio volterrano
Episodi occulti
Il proliferare delle sette è stato un fenomeno in voga nella Toscana degli anni Novanta. Soprattutto nell'Alta e Bassa Val di Cecina, terra di antichi riti e leggende. In quegli anni la Chiesa per la prima volta nella sua storia si dichiarò colpita, sconfitta, quasi affondata. Il nemico non era più invisibile e non era più arginabile. Ci fu una vera e propria crociata contro incantesimi e amuleti, tant'è che il ritorno alle pratiche magiche era impressionante. Lo dissero i capi delle diciotto diocesi toscane nell'ultima nota pastorale di fine secolo. Titolo: "A proposito di magia e di demonologia". Per tenerci lontani da maghi, fattucchiere, oroscopi a prezzi fissi, la diocesi scrisse trenta pagine in un linguaggio semplice semplice, fitte di analisi e consigli pratici per scansare le "deviazioni alla verità rivelata".
Caso particolare furono le Messe Nere di Patar Tuan che si consumarono nel vicino Comune di Cecina, ma che da Volterra iniziarono con strani casi di furti, di profanazioni e di scritte simboliche di dubbio gusto. Il cimitero colpito fu il Sanfinocchi, che con le sue tombe e i suoi scheletri ci facevano i riti demoniaci.
Fra i personaggi ritratti nei dipinti appesi alle pareti è riconoscibile il dott. Luigi Toti. Egli fu un medico, nato a Foiano della Chiana nel 1759 e giunse a Volterra nel 1785 con l'incarico di medico condotto dell'Ospedale. Però fu famoso, ai suoi tempi, come naturalista e studioso di malattie rare. In particolare è stato il primo che ha individuato e riconosciuto la temibile "falange volterrana", l'unico ragno mortale d'Italia, oggi pressoché scomparso.
L'elemento più rilevante, fra quanto conservato nella sede attuale dei Buonuomini è sicuramente l'archivio, che occupa la stanza che si affaccia su Via Turazza. In esso sono conservate, ancora intatte, le memorie dei cinque secoli dì vita dell'istituto, con tutta la documentazione inerente gli introiti del patrimonio. Oltre ai documenti si trovano anche testimonianze e curiosità ormai cadute nel dimenticatoio, ad esempio i buoni in metallo con cui i poveri potevano recarsi a ricevere un pasto, del pane o dei vestiti alla mensa o al magazzino di proprietà dei Buonuomini. Sono stati realizzati in metallo, a guisa di monete, proprio perché non si disperdessero o si distruggessero facilmente.
Se si è in visita di Volterra con la promessa di cogliere aspetti inediti della città, spesso consigliamo di esplorare i cimiteri, partendo dalle necropoli per poi risalire la china temporale con i camposanti contemporanei. Al loro interno si rimarcano i cicli della vita e ad essi le storie dei popoli che hanno contribuito all'evoluzione della città stessa; non solo è possibile individuare i giacigli eterni di ospiti famosi, ma si comprende come una civiltà interpreta il senso della vita e quello della morte.
Di solito ci si aspetta che sia la monumentalità a fare di un cimitero interessante, eppure il Cimitero di Sanfinocchi, che di consensi ne riscuote molti, si presenta tutt'altro che artistico. Sconfessiamo la regola quindi: il segreto del suo successo sta nella definizione alquanto desolata della struttura; come un ossimoro concreto è proprio la sua freddezza glaciale a far ribollire emozioni forti e contrastanti in chi lo visita; si intensificano mano a mano si apprende la storia del cimitero e dei suoi ospiti.
E' questo il punto, qui riposano i matti; abbandonati e reclusi in vita, dimenticati in punto di morte. Regna solo il silenzio.
Il Cimitero di Sanfinocchi, in verità, potrebbe essere tappa conclusiva di un percorso di visita del Museo dell'Ospedale Psichiatrico, di modo che si possano integrare le nozioni esemplificative di quello che poteva essere il Manicomio di Volterra con la realtà dei fatti.
Il triste cimitero dei matti è situato nell'omonima strada e separa i vivi dai morti un semplice muro. Al di là della barricata si apre un viale su cui incombono alti cipressi. All'estremo opposto si erge quella che era la cappella con l'ossario. 1956 in numeri romani segna l'anno della sua costruzione, ma il camposanto era in attivo già all'inizio del secolo, al sostegno del Frenocomio di San Girolamo embrione del futuro Ospedale Psichiatrico. Venne sfruttato fino alla decretata chiusura dei manicomi con la Legge Basaglia. Solo il pensiero che qui si inumavano poveri diavoli o dementi estinti non reclamati dalle famiglie scombussola lo stomaco. Sono davvero anime dimenticate dal mondo. Per loro emergono dalla terra solo centinaia di lapidi in cemento con forme e dimensioni differenti. Croci sbilenche piantate a terra senza nome, senza epitaffio. Senza foto.
I cimiteri sono luoghi dell'anima, di morte e di tristezza, ma hanno anche un fascino particolare, inquietante e misterioso soprattutto se vecchi e abbandonati. Il necroturismo è una tendenza turistica un po' insolita, ma sempre più persone si lasciano tentare dalla curiosità e decidono di partire verso una destinazione al fine di visitarne i cimiteri. L’idea è alquanto stramba, ma i motivi per cui i turisti intraprendono sempre più i cosiddetti viaggi cimiteriali sono molteplici e di varia natura. Il pellegrinaggio, che impegna una persona a dare un po' del proprio tempo ai defunti, in ogni caso, stimola una comunione con i propri morti e con sé stessi: aiuta davvero a riflettere.
Di cimiteri ce ne sono in gran numero nel nostro territorio, alcuni molto conosciuti al punto da essere delle vere e proprie attrazioni turistiche incluse in particolari ghost tour offerti in varie associazioni del settore, altri invece nascosti e introvabili per i quali si richiede una buona dose di spirito di avventura. In entrambi i casi, la visita di tali cimiteri e la lettura degli epitaffi permette di rispolverare le storie di alcune località e di alcuni personaggi. Sono molto interessanti.
> Scopri, i cimiteri del territorio volterrano
Episodi occulti
Il proliferare delle sette è stato un fenomeno in voga nella Toscana degli anni Novanta. Soprattutto nell'Alta e Bassa Val di Cecina, terra di antichi riti e leggende. In quegli anni la Chiesa per la prima volta nella sua storia si dichiarò colpita, sconfitta, quasi affondata. Il nemico non era più invisibile e non era più arginabile. Ci fu una vera e propria crociata contro incantesimi e amuleti, tant'è che il ritorno alle pratiche magiche era impressionante. Lo dissero i capi delle diciotto diocesi toscane nell'ultima nota pastorale di fine secolo. Titolo: "A proposito di magia e di demonologia". Per tenerci lontani da maghi, fattucchiere, oroscopi a prezzi fissi, la diocesi scrisse trenta pagine in un linguaggio semplice semplice, fitte di analisi e consigli pratici per scansare le "deviazioni alla verità rivelata".
Caso particolare furono le Messe Nere di Patar Tuan che si consumarono nel vicino Comune di Cecina, ma che da Volterra iniziarono con strani casi di furti, di profanazioni e di scritte simboliche di dubbio gusto. Il cimitero colpito fu il Sanfinocchi, che con le sue tombe e i suoi scheletri ci facevano i riti demoniaci.
Monday
By appointment only
Tuesday
By appointment only
Wednesday
By appointment only
Thursday
By appointment only
Friday
By appointment only
Saturday
By appointment only
Sunday
By appointment only
Gennaio 16, 2025 06:15 local time