Lungo Via Porta Diana

Primo convento di Santa Chiara

Percorrendo la Via di Porta Diana, su una curva, davanti a Via delle Cetine, si trova sulla facciata a vista di una casa, una piccola immagine in maiolica invetriata, con sotto il titolo di Santa Chiara. La casa prende il nome dal Podere di Santa Chiara e si pensa che proprio lì sorgesse il convento di Santa Chiara.

Per ricercare l’inizio della presenza clariana a Volterra bisogna andare alla metà del Duecento, quando Filippo Longo, ordinatore, visitatore e correttore per tutti i monasteri e le monache dell’ordine di San Damiano, decise di inviare alcune sorelle del Monastero di Santa Maria della Marca di Castelfiorentino a Volterra, dove, in località Leonaia, era sorto un monastero intitolato a Sant’Agnese, ad opera di un certo Barone di fu Simone volterrano. Le seguaci di Santa Chiara giunsero così a Volterra quando ancora era viva la loro fondatrice: Chiara del conte Favorino Scifi. Frate Filippo dei Minori mandò donna Umelia, come rettrice e badessa, e donna Marina con donna Caterina come monache del primo collegio femminile francescano.

Trasferimenti nel corso dei secoli

Prima in Sant'Agnese poi in San Giovanni

Le seguaci di Santa Chiara vennero trasferite all'interno del Convento di Sant'Agnese perchè, a causa del numero sempre più esiguo delle religiose, il monastero rischiava di chiudere. Per evitare la completa soppressione le religiose ottennero da Alessandro IV una bolla di approvazione di conversione del luogo, portando il monastero stesso a cambiare nome in Santa Chiara.

In quei secoli, dei cinque monasteri femminili che la città di Volterra ebbe dal Duecento al Quattrocento, gli unici con regola francescana furono Santa Chiara e San Lino. Gli altri erano San Giovanni in Orticasso, San Dalmazio e San Marco, ma erano di regola benedettina. Il monastero in questione operò fino all'avvenuto sacco fiorentino di fine Quattrocento, che costrinse le religiose a fuggire. Il sacco rase al suolo il monastero e dopo esplicita domanda a Sisto IV le religiose del Santa Chiara si unirono al monastero di San Giovanni in Orticasso posto in Borgo Santo Stefano che, abbandonava la regola benedettina, per la francescana.

Nuove costruzioni

Chiesa di Santa Chiara

A seguito di questa nuova unione il convento fu intitolato, per un breve periodo, a San Giovanni e a Santa Chiara, passando successivamente al solo titolo di Santa Chiara.

L’edificio romanico originale fu ristrutturato al principio del Seicento annettendovi anche un nuovo fabbricato; a causa di questo intervento oggi non si conserva quasi nulla della sua struttura originale. Meritevo è la nuova chiesa che fu consacrata poco prima del completamento dei lavori avvenuti sotto la direzione di Piero e Bernardino di Filippo Pettirossi da Fiesole, su consiglio ed approvazione dei disegni di Giulio Parigi. A quest’ultimo si deve anche il portico realizzato a filaretto a tre archi ispirato ad analoghe opere dell’Ammannati di cui Parigi era nipote.

All'interno della chiesa vi si trovavano tre altari; su quello maggiore vi era una tavola dipinta dal noto pittore volterrano Baldassarre Franceschini. Gli altri altari erano dedicati alla Concezione di Maria e a Sant’Antonio da Padova. Dalla parte opposta rispetto all’altare maggiore si trovava l’organo e, al di sopra del presbiterio, le grate corrispondenti al coro delle religiose.

> Scopri, Chiesa di Santa Chiara

Ciò che ne rimane

Il Convento di Santa Chiara oggi

Ritornando al primo convento di Santa Chiara, oggi non rimane molto di questo edificio se non la sua memoria attraverso icone di culto come la madonnina già citata e la cappellina in strada al bivio tra Via le Cetine e Via Porta Diana. Entrando nella proprietà privata si individua un antico pozzo, tutt'ora utlizzato per irrigare gli orti adiacenti, e lo spiazzo selciato, un tempo sterrato e coltivato, oggi rimpiazzato con un parcheggio per residenti. Nel frattempo, nel corso dei secoli, tutto intorno sono stati costruiti nuovi edifici, perdendo così il senso di luogo di pace che doveva avere nel medioevo, in aperta campagna, fuori dal centro storico.

Sebbene non abbia grande valenza turistica, questo luogo in verità definisce la partenza di una passeggiata meraviglioso verso Prato d'Era, passando per vie secondarie, antiche e pedonali alla scoperta dell'Oratorio della Visitazione, della Porta Diana, dell'Anfiteatro Romano, delle Tombe del Portone e giù giù per la via salaiola etrusca romana medievale fino ad arrivare ai vecchi mulini del fiume Era.

Lungo Via Porta Diana

Primo convento di Santa Chiara

Percorrendo la Via di Porta Diana, su una curva, davanti a Via delle Cetine, si trova sulla facciata a vista di una casa, una piccola immagine in maiolica invetriata, con sotto il titolo di Santa Chiara. La casa prende il nome dal Podere di Santa Chiara e si pensa che proprio lì sorgesse il convento di Santa Chiara.

Per ricercare l’inizio della presenza clariana a Volterra bisogna andare alla metà del Duecento, quando Filippo Longo, ordinatore, visitatore e correttore per tutti i monasteri e le monache dell’ordine di San Damiano, decise di inviare alcune sorelle del Monastero di Santa Maria della Marca di Castelfiorentino a Volterra, dove, in località Leonaia, era sorto un monastero intitolato a Sant’Agnese, ad opera di un certo Barone di fu Simone volterrano. Le seguaci di Santa Chiara giunsero così a Volterra quando ancora era viva la loro fondatrice: Chiara del conte Favorino Scifi. Frate Filippo dei Minori mandò donna Umelia, come rettrice e badessa, e donna Marina con donna Caterina come monache del primo collegio femminile francescano.

Trasferimenti nel corso dei secoli

Prima in Sant'Agnese poi in San Giovanni

Le seguaci di Santa Chiara vennero trasferite all'interno del Convento di Sant'Agnese perchè, a causa del numero sempre più esiguo delle religiose, il monastero rischiava di chiudere. Per evitare la completa soppressione le religiose ottennero da Alessandro IV una bolla di approvazione di conversione del luogo, portando il monastero stesso a cambiare nome in Santa Chiara.

In quei secoli, dei cinque monasteri femminili che la città di Volterra ebbe dal Duecento al Quattrocento, gli unici con regola francescana furono Santa Chiara e San Lino. Gli altri erano San Giovanni in Orticasso, San Dalmazio e San Marco, ma erano di regola benedettina. Il monastero in questione operò fino all'avvenuto sacco fiorentino di fine Quattrocento, che costrinse le religiose a fuggire. Il sacco rase al suolo il monastero e dopo esplicita domanda a Sisto IV le religiose del Santa Chiara si unirono al monastero di San Giovanni in Orticasso posto in Borgo Santo Stefano che, abbandonava la regola benedettina, per la francescana.

Nuove costruzioni

Chiesa di Santa Chiara

A seguito di questa nuova unione il convento fu intitolato, per un breve periodo, a San Giovanni e a Santa Chiara, passando successivamente al solo titolo di Santa Chiara.

L’edificio romanico originale fu ristrutturato al principio del Seicento annettendovi anche un nuovo fabbricato; a causa di questo intervento oggi non si conserva quasi nulla della sua struttura originale. Meritevo è la nuova chiesa che fu consacrata poco prima del completamento dei lavori avvenuti sotto la direzione di Piero e Bernardino di Filippo Pettirossi da Fiesole, su consiglio ed approvazione dei disegni di Giulio Parigi. A quest’ultimo si deve anche il portico realizzato a filaretto a tre archi ispirato ad analoghe opere dell’Ammannati di cui Parigi era nipote.

All'interno della chiesa vi si trovavano tre altari; su quello maggiore vi era una tavola dipinta dal noto pittore volterrano Baldassarre Franceschini. Gli altri altari erano dedicati alla Concezione di Maria e a Sant’Antonio da Padova. Dalla parte opposta rispetto all’altare maggiore si trovava l’organo e, al di sopra del presbiterio, le grate corrispondenti al coro delle religiose.

> Scopri, Chiesa di Santa Chiara

Ciò che ne rimane

Il Convento di Santa Chiara oggi

Ritornando al primo convento di Santa Chiara, oggi non rimane molto di questo edificio se non la sua memoria attraverso icone di culto come la madonnina già citata e la cappellina in strada al bivio tra Via le Cetine e Via Porta Diana. Entrando nella proprietà privata si individua un antico pozzo, tutt'ora utlizzato per irrigare gli orti adiacenti, e lo spiazzo selciato, un tempo sterrato e coltivato, oggi rimpiazzato con un parcheggio per residenti. Nel frattempo, nel corso dei secoli, tutto intorno sono stati costruiti nuovi edifici, perdendo così il senso di luogo di pace che doveva avere nel medioevo, in aperta campagna, fuori dal centro storico.

Sebbene non abbia grande valenza turistica, questo luogo in verità definisce la partenza di una passeggiata meraviglioso verso Prato d'Era, passando per vie secondarie, antiche e pedonali alla scoperta dell'Oratorio della Visitazione, della Porta Diana, dell'Anfiteatro Romano, delle Tombe del Portone e giù giù per la via salaiola etrusca romana medievale fino ad arrivare ai vecchi mulini del fiume Era.

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