La fonte del Pino era così denominata per quella grande pianta che si trovava poco sotto la dirimpettaia casa colonica. Stesso nome omonimo è stato dato alla rampa adiacente che collega Via dei Cappuccini a quella soprastante di Viale Cesare Battisti. Era chiamata anche Fonte di Sant'Alessandro o della Ripaja, e il suo primo ricordo è di inizio Trecento.
La fonte è stata pesantemente restaurata nel corso dei secoli e soltanto l'arco di copertura conserva in parte la muratura medievale. Consiste in una vasca principale coperta da una struttura sorretta da un unico arco in laterizi e in una seconda vasca scoperta posta più in basso della prima, sul lato Est, in cui defluisce l'acqua in eccesso. Da questa seconda vasca l'acqua finisce oggi nella fognatura moderna, ma in origine accanto ad essa si trovavano altre vasche costruite a quote differenti, che costituivano i lavatoi; questi furono smontati negli anni Sessanta, quando la zona venne fortemente modificata per interventi edilizi.
Prima che la fonte venisse privata dei suoi lavatoi e dopo che Fontanella venisse considerata non più fruibile la popolazione veniva qui per accaparrarsi un po' di acqua potabile; tra le altre cose era stata designata come la più vicina al centro di Volterra per chi arrivava stremato dai piani di Saline, un tempo frequentata a piedi e con calessi. Tanta era la richiesta di acqua che si generava sempre una infinita coda e, talvolta, la permanenza era assai lunga perché, quelli che abitavano più lontano, venivano a fare il rifornimento con il carro trainato dai buoi con sopra delle grosse botti. Nell'attesa del turno, era consuetudine raccogliere le more dai rovai che si trovavano ai due lati della strada.
L'acqua del Pino, molto limpida, era di sorgente, ma oggi il suo doccio è assai diminuito, per non dire insignificante, e a seguito dell'avvenuta costruzione delle case sul soprastante terreno, l'uso dell'acqua è poco consigliabile, classificato non potabile. Rimane perciò un abbellimento urbano di un periodo in cui le esigenze erano altre.
Questo è l'unico esempio chiaramente documentabile a Volterra di un sistema di "vasche a caditoia", cioè di vasche poste a quote differenti ciascuna delle quali era rifornita dalla vasca posta più in alto. Ogni bacino aveva una funzione differente: il primo, che conteneva l'acqua più pura, veniva usato per attingere l'acqua per bere, il secondo serviva ad abbeverare gli animali, il terzo per lavare i panni, il quarto per lavare animali e verdure, il quinto per conciare cuoiami, pelli e lavare le stoffe per la loro lavorazione.
Questo sistema di approvvigionamento era molto diffuso nella Toscana centrale, in particolare è ben documentalo a Siena, ma difficilmente era costituito da cinque vasche, di solito erano tre. A Volterra abbiamo la prova dell'esistenza di sistemi di caditoi, per quasi tutte le fonti principali, ma questo era l'unico che era arrivato quasi intatto fino ai giorni nostri.
> Scopri, 11 fonti e terme abbandonate
La fonte del Pino era così denominata per quella grande pianta che si trovava poco sotto la dirimpettaia casa colonica. Stesso nome omonimo è stato dato alla rampa adiacente che collega Via dei Cappuccini a quella soprastante di Viale Cesare Battisti. Era chiamata anche Fonte di Sant'Alessandro o della Ripaja, e il suo primo ricordo è di inizio Trecento.
La fonte è stata pesantemente restaurata nel corso dei secoli e soltanto l'arco di copertura conserva in parte la muratura medievale. Consiste in una vasca principale coperta da una struttura sorretta da un unico arco in laterizi e in una seconda vasca scoperta posta più in basso della prima, sul lato Est, in cui defluisce l'acqua in eccesso. Da questa seconda vasca l'acqua finisce oggi nella fognatura moderna, ma in origine accanto ad essa si trovavano altre vasche costruite a quote differenti, che costituivano i lavatoi; questi furono smontati negli anni Sessanta, quando la zona venne fortemente modificata per interventi edilizi.
Prima che la fonte venisse privata dei suoi lavatoi e dopo che Fontanella venisse considerata non più fruibile la popolazione veniva qui per accaparrarsi un po' di acqua potabile; tra le altre cose era stata designata come la più vicina al centro di Volterra per chi arrivava stremato dai piani di Saline, un tempo frequentata a piedi e con calessi. Tanta era la richiesta di acqua che si generava sempre una infinita coda e, talvolta, la permanenza era assai lunga perché, quelli che abitavano più lontano, venivano a fare il rifornimento con il carro trainato dai buoi con sopra delle grosse botti. Nell'attesa del turno, era consuetudine raccogliere le more dai rovai che si trovavano ai due lati della strada.
L'acqua del Pino, molto limpida, era di sorgente, ma oggi il suo doccio è assai diminuito, per non dire insignificante, e a seguito dell'avvenuta costruzione delle case sul soprastante terreno, l'uso dell'acqua è poco consigliabile, classificato non potabile. Rimane perciò un abbellimento urbano di un periodo in cui le esigenze erano altre.
Questo è l'unico esempio chiaramente documentabile a Volterra di un sistema di "vasche a caditoia", cioè di vasche poste a quote differenti ciascuna delle quali era rifornita dalla vasca posta più in alto. Ogni bacino aveva una funzione differente: il primo, che conteneva l'acqua più pura, veniva usato per attingere l'acqua per bere, il secondo serviva ad abbeverare gli animali, il terzo per lavare i panni, il quarto per lavare animali e verdure, il quinto per conciare cuoiami, pelli e lavare le stoffe per la loro lavorazione.
Questo sistema di approvvigionamento era molto diffuso nella Toscana centrale, in particolare è ben documentalo a Siena, ma difficilmente era costituito da cinque vasche, di solito erano tre. A Volterra abbiamo la prova dell'esistenza di sistemi di caditoi, per quasi tutte le fonti principali, ma questo era l'unico che era arrivato quasi intatto fino ai giorni nostri.
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Novembre 4, 2024 11:17 local time