Tra Prato d'Era e Molino d'Era

Chiesa sul riva del fiume Era

La chiesa di San Quirico è un piccolo edificio che si trova a poca distanza dalla riva del fiume Era, nel piano che collega le due località moderne di Prato d'Era e Molino d'Era. Si tratta di una chiesetta romanica ad una sola navata con abside, la muratura è in pietra, il portale di accesso è sormontato da una lunetta e un oculo. La chiesa ha subito numerosi danni dopo la seconda guerra mondiale, quando la copertura del tetto fu asportata per essere utilizzata in altri edifici. Ha subito di recente un restauro conservativo al quale sono però seguite numerose critiche perché è stato giudicato non adatto.

La cappella, dedicata a San Quirico e Giuditta, è nominata per la prima volta in un documento in antecedente all'anno Mille con il quale il vescovo di Volterra Bosone confermava ad un tale prete Andrea il possesso della chiesa di San Quirico. Sappiamo che faceva parte dei possedimenti della corte di Maiano e costituiva il luogo dove veniva riscosso il canone annuo dal ministeriale del vescovo, nel giorno della festa di San Martino. A questa cappella facevano riferimento come sede spirituale tutti coloro che possedevano terre e abitavano nella corte di Maiano.

L'evoluzione nei secoli

Dalla restaurazione all'interdizione

A nuovo millennio venne ceduta dal vescovo, insieme agli altri terreni appartenenti a questa corte, all'appena costituito monastero di San Giusto. Sappiamo, inoltre, che nel Duecento fu restaurato utilizzando i proventi delle donazioni segrete di penitenti rei di guadagni illeciti.

Per tutto il medioevo questa chiesa era una tappa fondamentale dell'ingresso in città dei nuovi vescovi di Volterra; questa usanza finì alla fine del Cinquecento con il vescovo Guido Serguidi. Essa prevedeva una cerimonia piuttosto complessa la cui descrizione più accurata conservatasi negli archivi cittadini è proprio quella dell'investitura del vescovo Serguidi.

Nel Settecento vennero rifatti l'altare, la porta e la finestra dell'occhio. All'interno fu collocata una pittura del volterrano Forzoni, raffigurante i "Santi Quirico e Giuditta". Poi fu nuovamente restaurato dai monaci di Badia che vi posero una lapide commemorativa. Nell'Ottocento fu interdetta; risultava ridotta ad annesso agricolo del vicino mulino di San Quirico, di proprietà dell'ingegner Luigi Campani. Alla fine dell'Ottocento fu definitivamente abbandonata.

Una tradizione medievale

L'investitura del vescovo

La notte prima il vescovo pernottava presso Villamagna ed il giorno dopo veniva raggiunto, a circa metà del percorso fra Villamagna e Volterra, dai nobili volterrani a cavallo, che lo scortavano alla chiesa di San Quirico. Qui trovava ad aspettarlo l'abate del monastero di San Giusto con i suoi monaci; disceso il vescovo dalla cavalcatura, veniva dall'abate fatto genuflettere davanti alla croce e poi condotto all'interno, precedendo i monaci che cantavano i salmi. Nella chiesa veniva celebrata una breve messa, a seguito della quale l'abate spogliava il vescovo del suo mantello.

Terminata la cerimonia il prelato saliva su di una mula riccamente bardata ed iniziava la processione fino a Volterra, per primi venivano i monaci a due a due preceduti dalla croce, poi il vescovo attorniato dai nobili cavalieri volterrani, giungendo fino alla città nella zona di San Giusto dove era in attesa tutto il popolo di Volterra. Qui veniva accolto dai membri della famiglia Gotti, in base ad un antichissimo privilegio, che gli toglievano il galero, i sandali e gli speroni dorati conducendolo alla chiesa di San Giusto dove veniva celebrata un'altra messa solenne.

Tra Prato d'Era e Molino d'Era

Chiesa sul riva del fiume Era

La chiesa di San Quirico è un piccolo edificio che si trova a poca distanza dalla riva del fiume Era, nel piano che collega le due località moderne di Prato d'Era e Molino d'Era. Si tratta di una chiesetta romanica ad una sola navata con abside, la muratura è in pietra, il portale di accesso è sormontato da una lunetta e un oculo. La chiesa ha subito numerosi danni dopo la seconda guerra mondiale, quando la copertura del tetto fu asportata per essere utilizzata in altri edifici. Ha subito di recente un restauro conservativo al quale sono però seguite numerose critiche perché è stato giudicato non adatto.

La cappella, dedicata a San Quirico e Giuditta, è nominata per la prima volta in un documento in antecedente all'anno Mille con il quale il vescovo di Volterra Bosone confermava ad un tale prete Andrea il possesso della chiesa di San Quirico. Sappiamo che faceva parte dei possedimenti della corte di Maiano e costituiva il luogo dove veniva riscosso il canone annuo dal ministeriale del vescovo, nel giorno della festa di San Martino. A questa cappella facevano riferimento come sede spirituale tutti coloro che possedevano terre e abitavano nella corte di Maiano.

L'evoluzione nei secoli

Dalla restaurazione all'interdizione

A nuovo millennio venne ceduta dal vescovo, insieme agli altri terreni appartenenti a questa corte, all'appena costituito monastero di San Giusto. Sappiamo, inoltre, che nel Duecento fu restaurato utilizzando i proventi delle donazioni segrete di penitenti rei di guadagni illeciti.

Per tutto il medioevo questa chiesa era una tappa fondamentale dell'ingresso in città dei nuovi vescovi di Volterra; questa usanza finì alla fine del Cinquecento con il vescovo Guido Serguidi. Essa prevedeva una cerimonia piuttosto complessa la cui descrizione più accurata conservatasi negli archivi cittadini è proprio quella dell'investitura del vescovo Serguidi.

Nel Settecento vennero rifatti l'altare, la porta e la finestra dell'occhio. All'interno fu collocata una pittura del volterrano Forzoni, raffigurante i "Santi Quirico e Giuditta". Poi fu nuovamente restaurato dai monaci di Badia che vi posero una lapide commemorativa. Nell'Ottocento fu interdetta; risultava ridotta ad annesso agricolo del vicino mulino di San Quirico, di proprietà dell'ingegner Luigi Campani. Alla fine dell'Ottocento fu definitivamente abbandonata.

Una tradizione medievale

L'investitura del vescovo

La notte prima il vescovo pernottava presso Villamagna ed il giorno dopo veniva raggiunto, a circa metà del percorso fra Villamagna e Volterra, dai nobili volterrani a cavallo, che lo scortavano alla chiesa di San Quirico. Qui trovava ad aspettarlo l'abate del monastero di San Giusto con i suoi monaci; disceso il vescovo dalla cavalcatura, veniva dall'abate fatto genuflettere davanti alla croce e poi condotto all'interno, precedendo i monaci che cantavano i salmi. Nella chiesa veniva celebrata una breve messa, a seguito della quale l'abate spogliava il vescovo del suo mantello.

Terminata la cerimonia il prelato saliva su di una mula riccamente bardata ed iniziava la processione fino a Volterra, per primi venivano i monaci a due a due preceduti dalla croce, poi il vescovo attorniato dai nobili cavalieri volterrani, giungendo fino alla città nella zona di San Giusto dove era in attesa tutto il popolo di Volterra. Qui veniva accolto dai membri della famiglia Gotti, in base ad un antichissimo privilegio, che gli toglievano il galero, i sandali e gli speroni dorati conducendolo alla chiesa di San Giusto dove veniva celebrata un'altra messa solenne.

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