Tra le viuzze del centro storico

Un oratorio nascosto

Vi si arriva attraverso un intricato labirinto di vicoli e di stradine ventose. Nella traversa nascosta di Via Coda Rimessa si rivela il seicentesco oratorio di San Filippo, costruito da Benedetto Guarnacci, cavaliere di Santo Stefano che, ritiratosi dalla vita militare, si fece prete divenendo canonico della cattedrale. L’edificio, eretto interamente a sue spese, era in origine dedicato alla Purificazione di Maria Vergine, fu denominato di San Filippo Neri dalla congregazione che vi venne creata.

La facciata ha un bel portale in pietra sormontato da una finestra con architrave a timpano spezzato, sull’architrave è incisa la scritta: A.S. 1690. La chiesa ha una pianta a croce latina, ad un’unica navata, l’esterno è realizzato in laterizio con cantonali di pietra di notevoli dimensioni; oggi è sconsacrata e ridotta a magazzino per attrezzi di una associazione teatrale, ma un tempo accoglieva numerosi credenti e disponeva persino di una fanfara composta di giovani che con le sue allegre marcette bersaglieresche allietavano processioni, feste religiose e civili della città.

Un personaggio scomodo

Don Luigi Pedussia

La chiesetta nella sua qualità di luogo di culto ebbe da sempre vita breve, spesso chiusa e riaperta a fasi alterne. Un tempo vi si svolgevano delle veglie sacre con accompagnamento musicale. Il maestro volterrano Annibale Cinci, benemerito anche in altri campi per i suoi studi di storia locale, vi aveva tenuto un Oratorio festivo ed una scuola per i giovani più poveri della città, nella prima metà dell’Ottocento.

Dopo un lungo periodo di inattività, l’Oratorio fu riaperto per l'ultima volta da Don Pedussia dopo gli anni della Prima Guerra Mondiale. Don Pedussia fu un personaggio di rilievo ed anche scomodo nella Volterra cattolica del periodo fascista, ma grazie a lui, il vecchio oratorio di San Filippo, silenzioso e dimenticato durante la settimana, accoglieva alla domenica oltre un centinaio di bambini. Faceva da guida e da richiamo una campanellina argentina che, poco prima dell’inizio della Messa, dava l’ultimo segnale con concitati rintocchi.

> Scopri, Don Luigi Pedussia

La fine di un luogo di culto

Sconsacrato e convertito in magazzino

Al suo interno nel secolo scorso si trovavano una tela rappresentante la “Flagellazione di Gesù”, opera di Sebastiano del Piombo, copia di un quadro esistente in San Pietro in Montorio a Roma, un “San Girolamo” di autore ignoto, un “Sant’Ottaviano con in santi Francesco Saverio e Francesco di Sales” di Ottaviano Bandini, una “Madonna con i santi Luigi Gonzaga e Maria Maddalena”, opera di metà Settecento di Vincenzo Meucci ed ora conservata in San Francesco. Erano famose le decorazioni a stucchi fatte fare da Monsignor Sfrondati a fine Seicento.

Oltre all’altare principale ve ne era uno dedicato alla Madonna e a Santa Maria Maddalena, fatto edificare da Iacopo Guidi, dove si trovava il quadro del Meucci; un altro altare era dedicato a San Francesco di Paola, conteneva un quadro di Alessandro Gherardini che raffigurava il santo mentre passa il faro di Messina; l’ultimo altare era infine dedicato a San Francesco Saverio e sopra di esso si trovava il quadro del Bandini.

Tra le viuzze del centro storico

Un oratorio nascosto

Vi si arriva attraverso un intricato labirinto di vicoli e di stradine ventose. Nella traversa nascosta di Via Coda Rimessa si rivela il seicentesco oratorio di San Filippo, costruito da Benedetto Guarnacci, cavaliere di Santo Stefano che, ritiratosi dalla vita militare, si fece prete divenendo canonico della cattedrale. L’edificio, eretto interamente a sue spese, era in origine dedicato alla Purificazione di Maria Vergine, fu denominato di San Filippo Neri dalla congregazione che vi venne creata.

La facciata ha un bel portale in pietra sormontato da una finestra con architrave a timpano spezzato, sull’architrave è incisa la scritta: A.S. 1690. La chiesa ha una pianta a croce latina, ad un’unica navata, l’esterno è realizzato in laterizio con cantonali di pietra di notevoli dimensioni; oggi è sconsacrata e ridotta a magazzino per attrezzi di una associazione teatrale, ma un tempo accoglieva numerosi credenti e disponeva persino di una fanfara composta di giovani che con le sue allegre marcette bersaglieresche allietavano processioni, feste religiose e civili della città.

Un personaggio scomodo

Don Luigi Pedussia

La chiesetta nella sua qualità di luogo di culto ebbe da sempre vita breve, spesso chiusa e riaperta a fasi alterne. Un tempo vi si svolgevano delle veglie sacre con accompagnamento musicale. Il maestro volterrano Annibale Cinci, benemerito anche in altri campi per i suoi studi di storia locale, vi aveva tenuto un Oratorio festivo ed una scuola per i giovani più poveri della città, nella prima metà dell’Ottocento.

Dopo un lungo periodo di inattività, l’Oratorio fu riaperto per l'ultima volta da Don Pedussia dopo gli anni della Prima Guerra Mondiale. Don Pedussia fu un personaggio di rilievo ed anche scomodo nella Volterra cattolica del periodo fascista, ma grazie a lui, il vecchio oratorio di San Filippo, silenzioso e dimenticato durante la settimana, accoglieva alla domenica oltre un centinaio di bambini. Faceva da guida e da richiamo una campanellina argentina che, poco prima dell’inizio della Messa, dava l’ultimo segnale con concitati rintocchi.

> Scopri, Don Luigi Pedussia

La fine di un luogo di culto

Sconsacrato e convertito in magazzino

Al suo interno nel secolo scorso si trovavano una tela rappresentante la “Flagellazione di Gesù”, opera di Sebastiano del Piombo, copia di un quadro esistente in San Pietro in Montorio a Roma, un “San Girolamo” di autore ignoto, un “Sant’Ottaviano con in santi Francesco Saverio e Francesco di Sales” di Ottaviano Bandini, una “Madonna con i santi Luigi Gonzaga e Maria Maddalena”, opera di metà Settecento di Vincenzo Meucci ed ora conservata in San Francesco. Erano famose le decorazioni a stucchi fatte fare da Monsignor Sfrondati a fine Seicento.

Oltre all’altare principale ve ne era uno dedicato alla Madonna e a Santa Maria Maddalena, fatto edificare da Iacopo Guidi, dove si trovava il quadro del Meucci; un altro altare era dedicato a San Francesco di Paola, conteneva un quadro di Alessandro Gherardini che raffigurava il santo mentre passa il faro di Messina; l’ultimo altare era infine dedicato a San Francesco Saverio e sopra di esso si trovava il quadro del Bandini.

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