Il primo sito è una tomba a camera composta da un vano ipogeo di forma quadrangolare al quale si accede attraverso un corridoio in forte pendio. Sulla parete di fondo del vestibolo centrale ci sono due celle. Lungo il perimetro del vestibolo e delle celle corrono le banchine di deposizione, destinate ad accogliere le deposizioni ed il corredo.
L’altro sito è una tomba a camera composta da un vano ipogeo di forma circolare scavato nel terreno al quale si accede, anche in questo caso, attraverso un corridoio in forte pendio. La camera è munita di banchina per la deposizione di contenitori funerari (in genere urne e vasi) e del corredo. Al centro un grande pilastro sostiene la volta ricavata da un banco di panchino. L’attuale accesso costituito nell’ottocento è in posizione obliqua rispetto al corridoio originario. Ai volterrani, chiamarle tombe non piaceva, per loro erano le buche etrusche e le consideravano come cose riservate, quasi un antico segreto che gli abitanti di Volterra si portavano dietro, nei secoli.
> Leggi, Le Buche Etrusche
Le tombe etrusche che sono state trovate nella necropoli degli Ulimeti sono meno riunite rispetto a quelle delle altre aree cimiteriali, ma di maggior grandezza. Gli ipogei più importanti sono quello della cosiddetta tomba Inghirami, perchè rinvenuto dalla famiglia possedente del terreno, e l’altro detto di Torricchi, perché rinvenuto nei pressi di quel podere.
Queste due tombe, ora vuote, sono rimaste pressoché intatte. La tomba di Torricchi si trova negli scantinati del padiglione Bianchi del complesso ospedaliero manicomiale e presenta due cellette laterali ed una terza sul fondo, unite alla grande camera rettangolare absidata che si trova al centro; tutti i vani sono muniti di letti funebri e dei consueti gradini per le urne. L’ipogeo Inghirami è di forma rotonda con un pilastro al centro, ricavato nella roccia. Sull’ampio gradino che gira intorno all’intero ipogeo erano collocate circa cinquanta urne. Tutto il materiale qui ritrovato fu ceduto al Museo Archeologico di Firenze, nel cui giardino fu ricostruita fedelmente l’intera tomba.
> Leggi, Le Tombe di Ulimeto
Il primo sito è una tomba a camera composta da un vano ipogeo di forma quadrangolare al quale si accede attraverso un corridoio in forte pendio. Sulla parete di fondo del vestibolo centrale ci sono due celle. Lungo il perimetro del vestibolo e delle celle corrono le banchine di deposizione, destinate ad accogliere le deposizioni ed il corredo.
L’altro sito è una tomba a camera composta da un vano ipogeo di forma circolare scavato nel terreno al quale si accede, anche in questo caso, attraverso un corridoio in forte pendio. La camera è munita di banchina per la deposizione di contenitori funerari (in genere urne e vasi) e del corredo. Al centro un grande pilastro sostiene la volta ricavata da un banco di panchino. L’attuale accesso costituito nell’ottocento è in posizione obliqua rispetto al corridoio originario. Ai volterrani, chiamarle tombe non piaceva, per loro erano le buche etrusche e le consideravano come cose riservate, quasi un antico segreto che gli abitanti di Volterra si portavano dietro, nei secoli.
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Le tombe etrusche che sono state trovate nella necropoli degli Ulimeti sono meno riunite rispetto a quelle delle altre aree cimiteriali, ma di maggior grandezza. Gli ipogei più importanti sono quello della cosiddetta tomba Inghirami, perchè rinvenuto dalla famiglia possedente del terreno, e l’altro detto di Torricchi, perché rinvenuto nei pressi di quel podere.
Queste due tombe, ora vuote, sono rimaste pressoché intatte. La tomba di Torricchi si trova negli scantinati del padiglione Bianchi del complesso ospedaliero manicomiale e presenta due cellette laterali ed una terza sul fondo, unite alla grande camera rettangolare absidata che si trova al centro; tutti i vani sono muniti di letti funebri e dei consueti gradini per le urne. L’ipogeo Inghirami è di forma rotonda con un pilastro al centro, ricavato nella roccia. Sull’ampio gradino che gira intorno all’intero ipogeo erano collocate circa cinquanta urne. Tutto il materiale qui ritrovato fu ceduto al Museo Archeologico di Firenze, nel cui giardino fu ricostruita fedelmente l’intera tomba.
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