Corrado Ricci fu un grande storico dell’arte e un soprintendente fra i più attivi e maggiormente impegnati nella tutela e valorizzazione delle opere d’arte italiane. La sua carriera lo ha portato a vivere e conoscere tutte le realtà artistiche italiane. A inizio Novecento Corrado soggiornò per diverso tempo a Volterra insieme alla moglie e, oltre che scrivere un importante libro sui monumenti e le opere d’arte di Volterra ideò ed illustrò al sindaco e alle autorità cittadine un suo progetto per creare una Galleria Pittorica nella città di cui aveva subìto il fascino e che voleva aiutare valorizzandone il patrimonio artistico.
Il sindaco, Alessandro Leonori Cecina, accolse favorevolmente la sua proposta e organizzò un incontro con i rappresentanti degli enti cittadini che possedevano opere d’arte che potevano confluire nella nuova Galleria. Il progetto, illustrato dal Ricci stesso, fu accolto favorevolmente da tutti i convenuti. Iniziò così il percorso che vide la nascita della Pinacoteca.
Il progetto prevedeva la realizzazione di un museo nuovo all'interno del Palazzo dei Priori. Nuovo non tanto nei sistemi di allestimento, quanto nel metodo da usare per scegliere i quadri da collocarvi. Dopo le numerose soppressioni di enti religiosi e monasteri avvenute fra fine Settecento e primi dell’Ottocento, si trovava già un discreto numero di pezzi da mettere in mostra. Furono questi i principali nuclei della nuova raccolta.
Comprendevano opere di importanti autori come Domenico Ghirlandaio, Luca Signorelli e, soprattutto, la grande pala della Deposizione del Rosso Fiorentino, che costituì il fulcro intorno cui Ricci organizzò l’allestimento della Galleria. “Pochi ma buoni”, come lui scrisse, sicuramente orgoglioso, qualche mese dopo l’inaugurazione della raccolta.
La Pinacoteca appena aperta destò subito un forte interesse nel mondo accademico e degli appassionati d’arte. Col tempo divenne una tappa obbligata per tutti coloro che si recavano a Volterra.
Il primo ospite illustre fu il celebre poeta Gabriele D’Annunzio che la visitò durante il suo secondo soggiorno volterrano e che servì allo scrittore per scrivere il “Forse che si forse che no”, che volle ambientato a Volterra. Nelle pagine del romanzo compaiono belle descrizioni dei quadri principali della Pinacoteca, fra cui quella, divenuta poi famosissima, della Deposizione e che fece grande propaganda alla città e alla Galleria pittorica.
Nei primi anni di apertura la Galleria pittorica aveva una gestione molto semplice, una commissione formata dai rappresentanti degli enti proprietari dei quadri si riuniva una volta all’anno sotto la guida del sindaco per approvare i bilanci e scegliere gli indirizzi principali della gestione. Gli introiti dei primi anni, dovuti solamente al biglietto, erano destinati principalmente a pagare il custode e a ripagare la somma che il Comune di Volterra aveva anticipato per allestire il museo. Ci vollero nove anni per restituire la somma al Comune, anche perché i visitatori erano non più di quattrocento all’anno.
Negli anni Venti del secolo scorso venne deciso, per la prima volta, di fare pubblicità alla Pinacoteca, pagando l’inserimento di un annuncio sulla nuova guida di San Gimignano. Solo dopo quell’anno si assistette ad un incremento sostanziale dei visitatori, tale da far si che il Capitolo dei Canonici chiese che gli utili venissero divisi fra gli enti. Gli utili vennero così divisi: metà all’amministrazione della Galleria, metà alla Cattedrale, di questi un terzo era per l’Opera del Duomo e due terzi per il Capitolo dei Canonici, che li usò per iniziare l’allestimento del Museo di Arte Sacra.
È questo il periodo in cui cominciano a diffondersi le gite culturali e aziendali, soprattutto quelle destinate, secondo la propaganda fascista, a rivalutare gli antichi fasti della nostra storia. Per questo motivo Volterra, che era già nota dalle pagine dei libri di D’Annunzio, vide aumentare il numero di turisti, soprattutto gruppi, molti dei quali si recavano a visitare la Pinacoteca. L'inizio di una costante ascesa.
La fama del quadro del Rosso Fiorentino aumentò sempre di più, tanto da essere richiesto a molte mostre, fra cui quella sull’Arte Italiana a Parigi e un’altra a Firenze sul manierismo, dove il dipinto fu l’indiscusso protagonista, insieme alle opere di Pieter de Witte, sempre provenienti dalla Pinacoteca di Volterra.
Dopo uno stop durante la seconda guerra mondiale, la Pinacoteca continuò a essere visitata da un numero sempre maggiore di visitatori, stante anche l’aumentato interesse di Volterra come città turistica, anche se la pessima situazione economica consentiva solo a pochi di potersi permettere una gita.
I dipinti della Pinacoteca divennero sempre più famosi attirando anche ospiti illustri. La Deposizione è diventata uno dei quadri più famosi dell'Italia, essendo riprodotta sulla totalità dei libri di storia dell’arte italiana. Un pregevole cameo compare anche nel film “La ricotta” di Pier Paolo Pasolini, dove il regista riproduce esattamente la scena del quadro.
Negli anni Ottanta molti quadri della Pinacoteca parteciparono ad una grande mostra sull’arte medievale a Volterra “Momenti dell’arte a Volterra”, che fu allestita nei locali di Palazzo Solaini. Visti i risultati ottenuti da questa mostra la Soprintendenza di Pisa e l’Amministrazione Comunale di Volterra vollero trasferire in Palazzo Solaini l’intera Pinacoteca.
L’intenzione era quella di realizzare un nuovo museo, il museo della città, il cui nucleo principale era costituito dai quadri della Galleria Pittorica, ma arricchito con altre raccolte, primi fra tutti i materiali non archeologici del Museo Guarnacci: sculture, monete, medaglie e ceramiche medievali e moderne. Fu così che, pochi mesi dopo la mostra, tutte le opere vennero trasferite in Palazzo Solaini e riorganizzate con un nuovo allestimento. Questo è stato il vero lancio della Pinacoteca civica che, da allora ha contato un numero sempre maggiore di visitatori, arrivando a superare la soglia delle trentamila presenze per diversi anni.
Il Palazzo Minucci Solaini è certamente uno dei più bei palazzi di Volterra, ma la sua bellezza è frutto di un lungo e paziente intervento di restauro durato circa vent’anni.
L’edificio divenne di proprietà pubblica alla morte del suo ultimo proprietario, il commendator Ezio Solaini, deceduto nel Quaranta. Direttore del Museo Guarnacci, fu uno dei principali promotori della Pinacoteca e proprietario di 1/3 del palazzo che, per testamento, volle donare allo Stato.
Il resto dell’edificio venne acquistato negli anni Sessanta dopo un lungo iter burocratico. Solo allora iniziarono i lavori che lo riportarono all’originario splendore. Infatti nel corso dei secoli il palazzo era stato notevolmente trasformato. Nell’Ottocento, dopo l’estinzione della casata dei Minucci di Volterra, era stato frazionato in vari appartamenti ed il chiostro tamponato e suddiviso in ambienti destinati a botteghe. Per capire l’entità dei lavori basti pensare che negli anni Sessanta comprendeva oltre cinquantadue vani, mentre alla fine del restauro le sale originali sono tornate ad essere ventidue.
Corrado Ricci fu un grande storico dell’arte e un soprintendente fra i più attivi e maggiormente impegnati nella tutela e valorizzazione delle opere d’arte italiane. La sua carriera lo ha portato a vivere e conoscere tutte le realtà artistiche italiane. A inizio Novecento Corrado soggiornò per diverso tempo a Volterra insieme alla moglie e, oltre che scrivere un importante libro sui monumenti e le opere d’arte di Volterra ideò ed illustrò al sindaco e alle autorità cittadine un suo progetto per creare una Galleria Pittorica nella città di cui aveva subìto il fascino e che voleva aiutare valorizzandone il patrimonio artistico.
Il sindaco, Alessandro Leonori Cecina, accolse favorevolmente la sua proposta e organizzò un incontro con i rappresentanti degli enti cittadini che possedevano opere d’arte che potevano confluire nella nuova Galleria. Il progetto, illustrato dal Ricci stesso, fu accolto favorevolmente da tutti i convenuti. Iniziò così il percorso che vide la nascita della Pinacoteca.
Il progetto prevedeva la realizzazione di un museo nuovo all'interno del Palazzo dei Priori. Nuovo non tanto nei sistemi di allestimento, quanto nel metodo da usare per scegliere i quadri da collocarvi. Dopo le numerose soppressioni di enti religiosi e monasteri avvenute fra fine Settecento e primi dell’Ottocento, si trovava già un discreto numero di pezzi da mettere in mostra. Furono questi i principali nuclei della nuova raccolta.
Comprendevano opere di importanti autori come Domenico Ghirlandaio, Luca Signorelli e, soprattutto, la grande pala della Deposizione del Rosso Fiorentino, che costituì il fulcro intorno cui Ricci organizzò l’allestimento della Galleria. “Pochi ma buoni”, come lui scrisse, sicuramente orgoglioso, qualche mese dopo l’inaugurazione della raccolta.
La Pinacoteca appena aperta destò subito un forte interesse nel mondo accademico e degli appassionati d’arte. Col tempo divenne una tappa obbligata per tutti coloro che si recavano a Volterra.
Il primo ospite illustre fu il celebre poeta Gabriele D’Annunzio che la visitò durante il suo secondo soggiorno volterrano e che servì allo scrittore per scrivere il “Forse che si forse che no”, che volle ambientato a Volterra. Nelle pagine del romanzo compaiono belle descrizioni dei quadri principali della Pinacoteca, fra cui quella, divenuta poi famosissima, della Deposizione e che fece grande propaganda alla città e alla Galleria pittorica.
Nei primi anni di apertura la Galleria pittorica aveva una gestione molto semplice, una commissione formata dai rappresentanti degli enti proprietari dei quadri si riuniva una volta all’anno sotto la guida del sindaco per approvare i bilanci e scegliere gli indirizzi principali della gestione. Gli introiti dei primi anni, dovuti solamente al biglietto, erano destinati principalmente a pagare il custode e a ripagare la somma che il Comune di Volterra aveva anticipato per allestire il museo. Ci vollero nove anni per restituire la somma al Comune, anche perché i visitatori erano non più di quattrocento all’anno.
Negli anni Venti del secolo scorso venne deciso, per la prima volta, di fare pubblicità alla Pinacoteca, pagando l’inserimento di un annuncio sulla nuova guida di San Gimignano. Solo dopo quell’anno si assistette ad un incremento sostanziale dei visitatori, tale da far si che il Capitolo dei Canonici chiese che gli utili venissero divisi fra gli enti. Gli utili vennero così divisi: metà all’amministrazione della Galleria, metà alla Cattedrale, di questi un terzo era per l’Opera del Duomo e due terzi per il Capitolo dei Canonici, che li usò per iniziare l’allestimento del Museo di Arte Sacra.
È questo il periodo in cui cominciano a diffondersi le gite culturali e aziendali, soprattutto quelle destinate, secondo la propaganda fascista, a rivalutare gli antichi fasti della nostra storia. Per questo motivo Volterra, che era già nota dalle pagine dei libri di D’Annunzio, vide aumentare il numero di turisti, soprattutto gruppi, molti dei quali si recavano a visitare la Pinacoteca. L'inizio di una costante ascesa.
La fama del quadro del Rosso Fiorentino aumentò sempre di più, tanto da essere richiesto a molte mostre, fra cui quella sull’Arte Italiana a Parigi e un’altra a Firenze sul manierismo, dove il dipinto fu l’indiscusso protagonista, insieme alle opere di Pieter de Witte, sempre provenienti dalla Pinacoteca di Volterra.
Dopo uno stop durante la seconda guerra mondiale, la Pinacoteca continuò a essere visitata da un numero sempre maggiore di visitatori, stante anche l’aumentato interesse di Volterra come città turistica, anche se la pessima situazione economica consentiva solo a pochi di potersi permettere una gita.
I dipinti della Pinacoteca divennero sempre più famosi attirando anche ospiti illustri. La Deposizione è diventata uno dei quadri più famosi dell'Italia, essendo riprodotta sulla totalità dei libri di storia dell’arte italiana. Un pregevole cameo compare anche nel film “La ricotta” di Pier Paolo Pasolini, dove il regista riproduce esattamente la scena del quadro.
Il Palazzo Minucci Solaini è certamente uno dei più bei palazzi di Volterra, ma la sua bellezza è frutto di un lungo e paziente intervento di restauro durato circa vent’anni.
L’edificio divenne di proprietà pubblica alla morte del suo ultimo proprietario, il commendator Ezio Solaini, deceduto nel Quaranta. Direttore del Museo Guarnacci, fu uno dei principali promotori della Pinacoteca e proprietario di 1/3 del palazzo che, per testamento, volle donare allo Stato.
Il resto dell’edificio venne acquistato negli anni Sessanta dopo un lungo iter burocratico. Solo allora iniziarono i lavori che lo riportarono all’originario splendore. Infatti nel corso dei secoli il palazzo era stato notevolmente trasformato. Nell’Ottocento, dopo l’estinzione della casata dei Minucci di Volterra, era stato frazionato in vari appartamenti ed il chiostro tamponato e suddiviso in ambienti destinati a botteghe. Per capire l’entità dei lavori basti pensare che negli anni Sessanta comprendeva oltre cinquantadue vani, mentre alla fine del restauro le sale originali sono tornate ad essere ventidue.
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Ottobre 10, 2024 23:51 local time