Piante imponenti, un sottobosco cespuglioso, rampicante ed erbaceo, la cui arca è piena di rumori, di ombre e d’insidie anche pericolose; questi sono gli elementi che costituiscono lo scenario originale dell’immenso bosco di Berignone. Il comprensorio di Berignone è situato nell’angolo a sud-est del territorio del Comune di Volterra e sconfina in quello di Pomarance. Ad oriente coincide in parte col confine fra le province di Pisa e di Siena. Comprende circa duemila ettari di bosco ed oltre centosessanta ettari di terreno coltivabile, in massima parte abbandonati.
Berignone è un bosco per molti versi silenzioso, selvaggio, pieno di animazione e di colore, fatto a dimensione dell’uomo, perché molto vi si è lavorato e vi si lavora ancora. Come molti vorrebbero far credere non è un mondo proibito, anzi è un ambiente splendido che, proprio per la sua selvaggia imponenza, si carica di colori elettrizzanti, di paesaggi inediti, di profumi nuovi, tutto in uno sfondo quasi magico, saturo di un’atmosfera provocante, inconsueta, stimolante ed eccezionale, che sa anche di salute, di sole e di giovinezza.
L’etimo, cioè il significato della parola Berignone, è da riferirsi al bosco. Talvolta, pur non influendo sulla origine, troviamo anche la denominazione Berigno, che può essere riferita a bosco selvaggio, cioè terra abbandonata che si è rivestita di vegetazione boschiva, sviluppatasi, almeno inizialmente, senza alcun intervento umano, perché favorita dalla particolare natura del suolo, dal clima, dall’altitudine, col risultato di aver conservato inalterata la configurazione del suolo stesso. Non a caso la classificazione di tutto quel comprensorio in foresta, sta ad indicare una vasta estensione di terreno, per solito remota dai luoghi abitati, coperta da alberi d’alto fusto e da fitta boscaglia.
La parte più ampia della foresta si trova sulle pendici occidentali di Monte Soldano e di Monte Metato che degradano verso i torrenti Fosci e Sellate ed in parte verso il fiume Cecina. La morfologia del territorio è più accidentata solo verso le pendici del Monte Metato e lungo le sponde dei corsi d’acqua principali, dove si possono trovare anche fenomeni calanchivi. La base geologica è costituita in massima parte da sedimenti del pliocene con arenarie friabili o con argille. Un mondo quasi incontaminato, abitazione di molte specie animali.
La bandita di Berignone è popolata da fagiani, cinghiali, lepri, conigli selvatici, nonché da daini, caprioli, scoiattoli, mufloni. Fra gli uccelli è da citare la ghiandaia e quelli migratori come il tordo, il merlo, il pettirosso e il colombaccio; ma di quest’ultimi alcune coppie si sono tramutate in stanziali e, quindi, si possono vedere nel bosco in ogni periodo dell’anno. Non di rado, nelle ore diurne, si può notare anche il falco planare, pronto a buttarsi in picchiata su qualche ambita preda. Fra gli uccelli notturni si trovano in Berignone il barbagianni, l’allocco, la civetta e il gufo. Fra i rettili prevale la vipera, ma non difettano le serpi comuni e sauri come la lucertola e il ramarro. Nei corsi d’acqua si trova abbondanza di pesce e fra questi sono rinomati la trota e il persico.
C’è, ma non si fa vedere: l’animale più indiscusso e più temuto, frutto anche di suggestioni e leggende varie, è sicuramente il lupo. Il lupo è una presenza quasi mistica, silente, rara e si muove quasi come se non esistesse, ma la verità è che non se ne è mai andato da queste zone. Non esistono casi documentati di attacco all’uomo in Italia da due secoli; ed anche nelle zone in cui gli animali si muovono più vicini ai centri abitati, il lupo mantiene un comportamento elusivo. E’ una specie particolarmente protetta da normative regionali, nazionali e internazionali: non sono consentiti, neppure al personale tecnico e di vigilanza, abbattimenti o interventi di cattura e traslocazione. Se lo si vede, è una fortuna!
I corsi d’acqua che interessano il comprensorio di Berignone sono il fiume Cecina e i torrenti Fosci e Sellate, suoi affluenti, che si uniscono poco prima di confluirvi. Altri corsi d’acqua minori alimentano quelli principali. Tanto per citarne alcuni, dalle colline di Mazzolla affluiscono nel Fosci il Rio Fosciatelli, il Botro del Vallone, delle Vignacce, della Selva e quello del Fontanazzo. Dal lato opposto abbiamo, invece, il Botro delle Pilelle, di Mona Chiara, del Pino, dei Boschetti, della Chiusa, del Pian Luino, delle Pianaccine, della Grotta e del Somarello. Nel torrente Sellate, infine, affluiscono vari botri e botrelli e fra essi, per importanza, è da citare il Botro al Rio.
Sia nel torrente Sellate che nel fiume Cecina c’è la possibilità di farvici il bagno; è vero che le temperature sono molto fredde, ma d’estate sono una manna dal cielo per contrastare la calura pomeridiana delle città. I ponti di guado sul Sellate, così come l’oasi del Masso del Fanciulle sul Cecina sono mete predilette per soddisfare le brevi vacanze nei giorni rossi nazionali, da Aprile ad Agosto: trovandosi vicini ai centri urbani di Montecatini, Pomarance e Volterra sono valide alternative alla costa marina della bassa Valdicecina e talvolta alla numerosa affluenza dei suoi bagnanti, inadatta per chi ricerca pace e tranquillità.
In questa foresta ci sono tracce di insediamenti pre-etruschi e tombe orientalizzanti etrusche, ma è al medioevo che dobbiamo associare questo territorio; in Berignone esistevano un comunello e tre castelli: quello di Monte Soldano, di Frassineta e quello che oggi viene individuato sotto il nome di Castello dei Vescovi. Questi castelli erano di proprietà vescovile e, mentre i primi due furono abbattuti dai volterrani verso il Duecento a seguito delle ricorrenti controversie fra il potere ecclesiastico e quello amministrativo, il Castello dei Vescovi ebbe vita più lunga perché la sua parziale distruzione avvenne solo nel Quattrocento per mano dei Fiorentini.
Avvicinandoci ai nostri giorni possiamo individuare testimonianze della cultura agricola e carbonara dell’alta Valdicecina; queste prendono le sembianze di numerose case coloniche risalenti all’Ottocento e Novecento, quasi tutte parzialmente abbandonate o dismesse, dove è possibile sostare per fare un pic nic nei loro adiacenti prati attrezzati e godere di panorami interessanti. Infine si possono individuare rifugi della resistenza locale antifascista e cippi in memoria dei partigiani e anarchici dove qui si sono nascosti, rifugiati e hanno escogitato azioni di difesa territoriale durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale.
In Berignone, ai piedi della collina sulla quale si trovano le rovine del Castello dei Vescovi, si sviluppava il borgo che costituiva l’anima del piccolo comune medievale. Questo comunello aveva il suo governo, le sue leggi e il suo ordinamento penale e civile, nonché una zecca per il conio delle monete con l’argento ricavato dalla miniera di Montieri. Il borgo si doveva sviluppare nell’area circoscritta dalle cinte murarie. Non contava che centosessantacinque uomini dai quattordici ai settant’anni e si era eretto a Comune, ammettendo la sovranità del principio feudale e la compartecipazione al governo dei rappresentanti del popolo.
Almeno in embrione, si trattava di un governo monarchico costituzionale. Al vertice era il Vescovo di Volterra; il consiglio amministrativo era composto da sette terrazzani, cioè nativi abitatori del borgo, dei quali tre fungevano da consiglieri, due da provveditori, uno da camarlingo e uno da ambasciatore. Questi quindi erano gli ufficiali rappresentanti del popolo, ai quali si aggiungevano quelli della Giunta, composta da dodici elementi. Tutti questi personaggi formavano l’effettivo governo di quel piccolo Comune medievale. Però il Vescovo, in seno a questo consiglio, era rappresentato dal Vicario, generalmente si trattava di un notaro, che fungeva da segretario, nonché da giudice e, in caso di bisogno, da tutore dell’ordine.
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Tre sono gli itinerari rilevanti per visitare al meglio la foresta di Berignone. Il primo da Mazzolla in direzione podere Batazzone; da qui l’accesso all’area boschiva si congiunge ai guadi del torrente Sellate e al Castello dei Vescovi. Sosta consigliata è l’area attrezzata del Podere Il Capannone, dove si può accendere il barbecue della Riserva boschiva. Il diruto castello dei Vescovi invece è tappa obbligata: si trova su una collinetta, fra il torrente Sellate e il Botro al Rio, che formano ai suoi lati due ampie vallate. Proseguendo oltre, e solo con tanta forza di volontà la strada s’inerpica nella natura per raggiungere Monteguidi e Casole d’Elsa, con l’inalterato tracciato della via medievale.
Il castello doveva essere una fortificazione molto ambita, sia per la sua posizione topografica, sia per la presenza davvero imponente. Infatti, ancora oggi, nonostante il suo pessimo stato di conservazione e il mutato aspetto della collinetta a seguito dell’allargamento della strada, non ha perso la sua austerità e il suo fascino. La zona, a parte l’ampia strada, è pressoché selvaggia e meriterebbe senz’altro una più accurata ricognizione, per rendersi conto di ogni suo aspetto, anche il più nascosto. I più esperti potrebbero raggiungere anche Botro a Rio, un torrentello poco lontano dal castello, dove si possono ammirare delle grotte e delle rocce molto particolari.
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Il secondo itinerario prende forma sempre dalle zone di Mazzolla, ma questa volta è da definirsi come punto di partenza la casa colonica Podere il Pino. Con un percorso quasi obbligato si arriva a Casa al Rospo o Casa Nuova, che fino agli anni Sessanta del secolo scorso fu usata anche come caserma dalla Guardia Forestale. In un secondo tempo, attraverso una suggestiva stradina di cipressi, si raggiunge il casale della Caprareccia. Il sentiero in salita che si snoda nella macchia mediterranea si dirada proprio in prossimità di questo edificio attorniato da olivi centenari. Alla Caprareccia si gode di una affascinante vista su Volterra, Mazzolla e Larderello.
Si pensa che la Caprareccia sia stata costruita sopra le rovine dell’antico Castello di Monte Soldano. Monte Soldano, che si trova più avanti oltre il casale, sull’altura più alta del Berignone è meta dei più esperti camminatori; da lassù si può ammirare uno scenario da Appennino con abeti bianchi e abeti duglasia piantati a scopo sperimentale negli anni Trenta del Novecento. L’areale mediterraneo mette a dura prova questa piantagione non convenzionale, ma la singolare freschezza del crinale consente comunque una loro diffusa rinnovazione.
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Se invece si arriva da San Lorenzo di Saline, si deve proseguire fino al ponte sul Cecina. Qui giunti, si continua la strada sulla sinistra che si snoda lungo il fiume. Il percorso, per un tratto, è agevole perché la strada è asfaltata, ma poi si prosegue su uno stradone di campagna fino all’incontro del greto del fiume. Se la stagione è secca, il guado del corso d’acqua è facile anche in macchina; in caso contrario bisogna infilarsi gli stivali di gomma per passare a piedi. Dopo nemmeno un chilometro si giunge alla catena che sbarra ad ogni mezzo l’accesso al Berignone. Proseguendo da qui si giunge al Masso delle Fanciulle, una enorme e quanto mai caratteristica roccia a picco sull’acqua sottostante che si erge verso il cielo per una ventina di metri.
Il Masso delle Fanciulle è un luogo solitario e assai selvaggio. Nel periodo estivo è meta di tanti appassionati della campagna, perché è molto soleggiato e ricco di tonfi di acqua chiara assai invitanti per tuffi e bagni rigeneranti. Oltre a quello adiacente al suddetto masso, i tonfi più ambiti sono quelli delle cascatelle del Gorile di Berignone e quelli del Masso degli Specchi: mete balneari sabbiose e acciottolate molto caratteristiche e amene, dove il bosco a ridosso del fiume, consente protezione dal sole nelle ore più calde.
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