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    • Giugno 22, 2025 01:47 local time

    Artigiani

    La ditta secolare dell'alabastro di Volterra

    La Ditta Rossi Alabastri fu fondata agli inizi del Novecento. Operava nella Piazza della Pescheria, dove tutt'ora trova dimora, ma a quel tempo la Ditta era denominata Castellucci e Rossi; fu un periodo brillante per il nostro artigianato che contava nell'insieme millecinquecento addetti, con molti pionieri dell'esportazione. L'apertura del tronco ferroviario Saline - Volterra dette impulso al movimento dell'alabastro greggio e lavorato e il contatto con la casa Lehman di Bruxelles passava continue ordinazioni di busti e di lampadari. Era il momento della scultura di classe e garantiva grandi introiti.

    La successiva grande crisi mondiale proprio non ci voleva: il fenomeno fece chiudere i battenti a molti opifici, ma fortuna volle che fosse in essere un contratto di esclusiva di lampadari con la casa tedesca Kurt Jarmuth di Berlino; questo rapporto tra l'altro permise loro di risentire meno degli effetti negativi della seconda guerra mondiale. Nel frattempo la Ditta passò nelle mani di Camillo Rossi perché il cognato Enrico Castellucci si era ritirato per motivi di salute.

    Tra alti e bassi

    La fortuna del Novecento

    Alla seconda metà del Novecento rifiorì il commercio, prima negli Usa e poi in Germania ed in Giappone. Alla morte di Camillo l'azienda passò alla figlia Carla che, sola al timone, mostrò coraggio ed intraprendenza. Proficua fu la collaborazione con Ugo Mori, esperto viaggiatore dell'alabastro.

    Alla fine degli anni Sessanta entrò in azienda il figlio di Carla, Piero Fiumi. In casa Fiumi si parlava molto dell'alabastro, perché il padre Enrico Fiumi aveva scritto il suo primo libro proprio sulla manifattura degli alabastri. La ripresa economica portò ad intensificare le presenze alle fiere ed alle missioni commerciali, sia in Italia che all'estero. Fino alla fine del Novecento si contano più di duecento iniziative con una concreta ricaduta anche su Volterra, dal punto di vista pubblicitario e turistico.

    Dinanzi al nuovo millennio si cominciarono ad avvertire di nuovo sintomi di crisi. Non si ebbero più scambi con il Giappone e la signora Carla, mancando, aveva lasciato un gran vuoto nella direzione; fu allora che Luca Fiumi, figlio di Piero, entrò con l'intento di risollevarne le sorti.

    Una grande bottega

    Vasto assortimento di prodotti lavorati

    Questi sono momenti non facili, stante la crisi congiunturale, ma è convinzione che il distretto dell'alabastro abbia ancora uno spazio, in parte aiutato dal movimento turistico. Il turismo locale di Volterra è molto forte e ha generato una vendita artigianale e diretta di piccoli souvenirs, assieme allo sviluppo di attività collaterali come i tour esperenziali.

    Oggi l'azienda unisce alla tradizione figurativa scultorea la completezza della gamma dei prodotti in alabastro. La visita al negozio merita per il vasto assortimento di prodotti lavorati qui presenti, ma anche per la possibilità di assistere alla dimostrazione dal vivo dell'antica manifattura della pietra, intervallata con proiezioni e spiegazioni di immagini riguardanti le diverse fasi della lavorazione: dall'escavazione al prodotto finito. Gli articoli esposti sono di grande valore, ma volendo si può trovare anche qualche idea regalo. Uno dei pochi posti dove si trova l'alabastro italiano soppiantato negli anni da quello d'importazione spagnola, di pessima qualità.

    La figura dell'alabastraio

    Ricordi e aneddoti di alcuni personaggi volterrani

    Quella dell'alabastraio era una bottega che si riconosceva a distanza per la soffice incrostazione di polvere bianca sul muro esterno; la porta d'ingresso era mantenuta generalmente chiusa da un ritaglio di alabastro che scorreva appeso a due carrucole; la finestra invece stava costantemente aperta ed era facile affacciarsi da fuori per guardare dentro o per parlare con gli alabastrai che lavoravano. Uno scenario sempre più raro, al giorno d'oggi.

    Di queste botteghe però ne sono rimaste poche da quando è arrivato il motore a fare anche più polvere. Oggi le cose sono un po' cambiate per l'evoluzione dei tempi. Nuovi locali, più spaziosi, più moderni, più igienici sono stati creati alla periferia della città, ma poche sono le figure caratteristiche di vecchi alabastrai che sopravvivono.

    Tuttavia il ricordo ancora fresco ce li rende ancora brillanti ed il raccontino che segue mette in evidenza il carattere e lo spirito dell'Alabastraio nei periodi d'oro.

    > Scopri, Alabastrai Buontemponi

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    La ditta secolare dell'alabastro di Volterra

    La Ditta Rossi Alabastri fu fondata agli inizi del Novecento. Operava nella Piazza della Pescheria, dove tutt'ora trova dimora, ma a quel tempo la Ditta era denominata Castellucci e Rossi; fu un periodo brillante per il nostro artigianato che contava nell'insieme millecinquecento addetti, con molti pionieri dell'esportazione. L'apertura del tronco ferroviario Saline - Volterra dette impulso al movimento dell'alabastro greggio e lavorato e il contatto con la casa Lehman di Bruxelles passava continue ordinazioni di busti e di lampadari. Era il momento della scultura di classe e garantiva grandi introiti.

    La successiva grande crisi mondiale proprio non ci voleva: il fenomeno fece chiudere i battenti a molti opifici, ma fortuna volle che fosse in essere un contratto di esclusiva di lampadari con la casa tedesca Kurt Jarmuth di Berlino; questo rapporto tra l'altro permise loro di risentire meno degli effetti negativi della seconda guerra mondiale. Nel frattempo la Ditta passò nelle mani di Camillo Rossi perché il cognato Enrico Castellucci si era ritirato per motivi di salute.

    Tra alti e bassi

    La fortuna del Novecento

    Alla seconda metà del Novecento rifiorì il commercio, prima negli Usa e poi in Germania ed in Giappone. Alla morte di Camillo l'azienda passò alla figlia Carla che, sola al timone, mostrò coraggio ed intraprendenza. Proficua fu la collaborazione con Ugo Mori, esperto viaggiatore dell'alabastro.

    Alla fine degli anni Sessanta entrò in azienda il figlio di Carla, Piero Fiumi. In casa Fiumi si parlava molto dell'alabastro, perché il padre Enrico Fiumi aveva scritto il suo primo libro proprio sulla manifattura degli alabastri. La ripresa economica portò ad intensificare le presenze alle fiere ed alle missioni commerciali, sia in Italia che all'estero. Fino alla fine del Novecento si contano più di duecento iniziative con una concreta ricaduta anche su Volterra, dal punto di vista pubblicitario e turistico.

    Dinanzi al nuovo millennio si cominciarono ad avvertire di nuovo sintomi di crisi. Non si ebbero più scambi con il Giappone e la signora Carla, mancando, aveva lasciato un gran vuoto nella direzione; fu allora che Luca Fiumi, figlio di Piero, entrò con l'intento di risollevarne le sorti.

    Una grande bottega

    Vasto assortimento di prodotti lavorati

    Questi sono momenti non facili, stante la crisi congiunturale, ma è convinzione che il distretto dell'alabastro abbia ancora uno spazio, in parte aiutato dal movimento turistico. Il turismo locale di Volterra è molto forte e ha generato una vendita artigianale e diretta di piccoli souvenirs, assieme allo sviluppo di attività collaterali come i tour esperenziali.

    Oggi l'azienda unisce alla tradizione figurativa scultorea la completezza della gamma dei prodotti in alabastro. La visita al negozio merita per il vasto assortimento di prodotti lavorati qui presenti, ma anche per la possibilità di assistere alla dimostrazione dal vivo dell'antica manifattura della pietra, intervallata con proiezioni e spiegazioni di immagini riguardanti le diverse fasi della lavorazione: dall'escavazione al prodotto finito. Gli articoli esposti sono di grande valore, ma volendo si può trovare anche qualche idea regalo. Uno dei pochi posti dove si trova l'alabastro italiano soppiantato negli anni da quello d'importazione spagnola, di pessima qualità.

    La figura dell'alabastraio

    Ricordi e aneddoti di alcuni personaggi volterrani

    Quella dell'alabastraio era una bottega che si riconosceva a distanza per la soffice incrostazione di polvere bianca sul muro esterno; la porta d'ingresso era mantenuta generalmente chiusa da un ritaglio di alabastro che scorreva appeso a due carrucole; la finestra invece stava costantemente aperta ed era facile affacciarsi da fuori per guardare dentro o per parlare con gli alabastrai che lavoravano. Uno scenario sempre più raro, al giorno d'oggi.

    Di queste botteghe però ne sono rimaste poche da quando è arrivato il motore a fare anche più polvere. Oggi le cose sono un po' cambiate per l'evoluzione dei tempi. Nuovi locali, più spaziosi, più moderni, più igienici sono stati creati alla periferia della città, ma poche sono le figure caratteristiche di vecchi alabastrai che sopravvivono.

    Tuttavia il ricordo ancora fresco ce li rende ancora brillanti ed il raccontino che segue mette in evidenza il carattere e lo spirito dell'Alabastraio nei periodi d'oro.

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