A circa 10 Km da Volterra si trova la villa di Scornello di proprietà della famiglia Inghirami. Sul poggio, alto 307 metri, si trova la villa con oratorio, ad un’altezza di 285 metri. Sul piccolo promontorio, da cui scaturisce l’acqua salata delle moie volterrane, la villa si erge su un terreno cretoso e sparso di filoni di gesso, ma sul versante del poggio adiacente lo Zambra si trovano cave di panchina dove, fin dal tempo degli etruschi, si è sempre lavorato.
Scornello è situato sopra un poggetto da cui scaturisce l’acqua salata delle moie volterrane. Un documento del 23 luglio 1228 del Comune di Volterra tratta della vendita di tutte le proprietà che gli Ospedalieri di Altopascio avevano in Scornello, che allora faceva parte dello Spedaletto di Agnano in Val d’Era. In una carta del 1700 Scornello è raffigurato come un insieme di edifici tra cui si erge la torre a tre piani con tetto a capanna. E prima del 1637 Domenico Vadorini disegnò una carta di inchiostro con la tenuta di Scornello. Eseguita per Curzio Inghirami la carta, benché in molte parti imprecisa, risulta molto importante perché ci presenta una rara quanto attendibile raffigurazione della campagna volterrana, con gli insediamenti, la viabilità, i boschi e i seminativi.
Ma la villa è ancora più famosa per gli Scaritti etruschi lì dissepolti da Curzio Inghirami nel XVII secolo. Erano degli involucri di bitume di cera e di terracotta che racchiudevano piccoli frammenti di carta lintea, sopra i quali alcuni appartenenti al collegio etrusco degli Auguri avrebbero scritto frammenti storici, rituali e vaticini. Rari scaritti sarebbero stati nascosti negli scantinati della villa da Prospero Fiesolano Castellano, durante l’assedio vittorioso dei Romani a Volterra. E proprio in questi scaritti si narrerebbe come le Saline sarebbero state scoperte durante il regno etrusco di Tuisco e come il figlio Occo avrebbe fatto erigere i primi impianti per la coagulazione del sale, mediante la costruzione di un castello che sarebbe stato condotto a compimento da Volturreno, nipote di Occo, capostipite della famiglia Cecina.
Negli scaritti, secondo la tradizione, sarebbero narrate vicende quanto mai particolari e leggendarie, accadute durante vari periodi storici. Si tratta di favolose leggende e anche gli scaritti sono degli apocrifi, dovuti alla invenzione di Curzio lnghirami. Tuttavia già nell’alto Medioevo le Saline erano attive e lo dimostra il fatto che Ottone I nel 981 chiamò in Germania alcuni salinatori volterrani perché istruissero gli abitanti di Halle, in Sassonia, sull’arte di ricavare il sale dalle sorgenti delle acque.
Attorno alla villa gentilizia, si costituì un borgo, il cui sviluppo urbanistico è avvenuto secondo un andamenlo longitudinale e sul fianco della villa stessa, (A. Secchi – A. Zanelli, p. 51).
Dopo aver percorso un lungo viale di cipressi, situato sul poggio omonimo la villa gentilizia con cappella e fattoria annessa dovrebbe risalire al XVII secolo quando ad essa si addossò un piccolo borgo rurale, denominato il Citernino, dove sono ancora visibili e ben conservate volte in cotto a crociera. Definita al Repetti, “Villa de’ nobili Inghirami di Volterra, nella parrocchia di S. Leopoldo alle Moje”, la villa, compresa tra due edifici più bassi, pre enta due piani ed una piccola torre con, sul retro, il giardino all’italiana. Probabilmente tra il XVIIl e il XIX secolo villa e fattoria sono state ampliate e ristrutturate, come testimoniano il portale, le riquadrature e la composizione della facciata. La Fattoria di Scornello, benché nel 1777-1794 comprendesse nove poderi, a cui se ne aggiunsero nel 1794 altri quattro, aveva una estensione che, comparata ad altre tenute della stessa famiglia Inghirami, appare tutto sommato modesta. (C. Caciagli, pp. 83-100).
Fino al 1794 i poderi facenti parte della Fattoria erano: Podere di Scornello, Luogo di Scornello, Scornellino, Mandorlaia, Casetta, Cinari, Parella, Ulimeto, Fontanella. Ulimeto, come diremo fra breve, è quella vasta estensione di terreno che, inglobando anche la Villa Giardino di proprietà Inghirami, arriva fino quasi al Piano dell’Era. Fontanella è vicino a Borgo S. Alessandro e, demolita intorno agli anni ’60, prende il nome da una vicina fontanella con abbeveratoio, posto lungo la strada. A questi, nel 1794, si aggiunsero i poderi di Poderino, Casanuova e Forno.
E nel 1890-1891 la Fattoria subisce un ulteriore trasformazione che, pur non interessando gli aspetti strutturali e di potenziamento dell’azienda, accresce il numero dei poderi, che passano a 18, tutti collocati, ad eccezione di Ulimeto, sulle pendici tra Scornello e Saline. I poderi passano poi a trenta, negli anni Quaranta del Novecento.
Ancora oggi la fattoria è di proprietà della famiglia Inghirami, anche se è suddivisa fra gli eredi di Lodovico Inghirami e gli eredi di Paolo Inghìramì. I primi possiedono la villa, oltre a buona parte della antica fattoria.
Dopo aver imboccato la strada per Scornello, girando a sinistra, percorrendo e guadando per quattro volte il fiume, si trova l’edicola della Madonna del Lupo. Si tratta di un’ edicola eretta in onore della Vergine intorno al Cinquecento. La tradizione vuole che un giovane si trovasse in quel territorio a pascolare il suo gregge, quando arrivò il lupo. Spaventato e non sapendo cosa fare, il ragazzo trovò soccorso nell’immagine della Madonna che, apparsa improvvisamente davanti a lui, gli indicò di arrampicarsi su di un grosso leccio vicino. Lì fu eretto il piccolo edificio e, per ringraziare la Vergine, fu denominato Madonna del Lupo. E tradizione che i visitatori lascino la loro firma sulle pietre dell’edicola e infatti tante sono le firme che, negli anni, hanno affollato le pietre. Piccolo e forse unico esempio di scempio voluto di patrimonio storico-artistico.