Oliviero Pidocchino Piccini

Il Cecina non sarà il Tevere o l’Arno sulle sponde dei quali sono nate Roma e Firenze, ma se vuoi capire fino in fondo certi personaggi di questa valle che questo fiume, nel suo percorso, ha nei millenni modellato, non puoi permetterti di non conoscere la sua storia. E’ un modo di essere che già scopri e per certi aspetti ritrovi, guardando la calma imperturbabile, ma sempre attenta e interrogativa, degli Etruschi scolpiti nell’alabastro che puoi ammirare al Museo Guarnacci: quei personaggi paciosi che ricordano la flemma di Budda se ne stanno mollemente distesi sulle urne contenenti le proprie ceneri, quasi in un rapporto confidenziale e sereno, nel passaggio ineluttabile dalla vita alla morte.

Queste storiche figure e scene relative di cui mi appresto a parlare riguardano il periodo di metà Novecento, preciso e ben definito, per noi che ne siamo gli abitatori alla foce, e mi riferisco “al mitico tempo di quando volavano i pennati”, di quando alla foce con le piene tremende e rabbiose del Cecina arrivavano, oltre ai pollai, qualche maiale esausto ed incazzato e qualche gabbione di conigli.


“Perse, bevve e …. prese il resto”. Questa prodezza non poteva che portare la firma del rag. Oliviero Piccini detto “Pidocchino”. Come si sa, il sopranome da noi finisce per diventare più importante del nome, e nel suo caso, a giusta ragione: il fatto accadde quando perse (cosa rara per la verità) una delle sue abituali e quasi quotidiane partitine a tre sette e briscola. In questa occasione infatti oltre che perdere, riuscì a bere e, per una serie di equivoci, ad intascare anche il resto di chi aveva pagato.

La sua “pidocchieria” viscerale si manifestava anche nella scelta del compagno di gioco che di solito doveva essere il geom. Pietrini dell’Ente Maremma: un giocatore di tresette e scopone di primo ordine. Un soggetto sì fatto come Pidocchino non poteva passare certo inosservato, come nel celebre film di Fellini, ai “vitelloni” rurali della Val di Cecina. Se si vuole, quest’ultimi erano spinti da quell’anelito di giustizia sociale, nei fatti, un po’ connaturata con la stessa Riforma: “si espropriava ai ricchi terrieri per darlo ai coltivatori diretti!”.

Il rag. Pelosi maestro insuperabile di burle, non si sa come e perché, si trovò tra le mani una carta intestata della fattoria di Querceto. E qui il suo genio burlesco si accese subito. La lettera venne indirizzata al “Direttore Generale della Cassa di Risparmio di Ponteginori”. All’interno della lettera venne scritto che avrebbe dovuto ritirare della mercanzia; una sfilza di roba buona che andava da un metro di salsiccia giù giù, fino a forma di pecorino stagionato, fiasco d’olio novo, bottiglia di vin santo invecchiato di anni dodici in caratello, teglione di fegatelli nel lardo, etc.

Ma a chi si doveva rivolgere Pidocchino per il ritiro? La finta mercanzia doveva essere ritirata a Tegolaia, un podere non troppo lontano da Ponteginori, non era però tanto la distanza ma il fornitore della… merce che poteva costituire un qualche “problemino”. Il soggetto era nientepopodimenoché “Carlo Marx”, chiamato così, oltre che il “Vizzo” o più semplicemente il “Barba” per la barba bianca come Carlo Marx appunto. Un brutto carattere, un comunista rivoluzionario ateo come lui si dichiarava, dal quale anche la proprietà stava a debita distanza, pur rispettandone la sua puntualità e precisione. E forse è per questo motivo non venne mai licenziato. Ed è rimasto proverbiale il suo detto, “io ai preti e ai bancari gli voglio tanto bene che: Zac! Di due ne farei due!”

Torniamo ai congiurati dell’Ente, tutti in fila dietro la vetrage dipinta a guardare attraverso i provvidenziali forellini della vernice, la partenza di Pidocchino alla volta di Tegolaia! Era trionfante ed impugnava le due enormi borse come bandiere del 7° Cavalleggeri. Direi che l’incontro (o l’impatto) con il Vizzo è lasciato un po’ all’immaginazione; non si sa come l’avaro demorse e non si sa neppure se volò qualche “labbrata” di incoraggiamento, ma lo spettacolo del ritorno fece sganasciare da ridere i “congiurati”: Pidocchino lento e curvo (e non certo per il peso della “merce”) faceva ruotare ritmicamente le borse così vistosamente vuote, che credo in tutta la val di Cecina non fossero mai esistite delle borse così vuote!

© Stefano Biagini, STEFANO BIAGINI
Quando il povero Pidocchino fu sbeffeggiato da… Carlo Marx, in “Il Tirreno”, a. 26 novembre 2018