Quando i preti erano cacciatori, rustici e pratici

Il Cecina non sarà il Tevere o l’Arno sulle sponde dei quali sono nate Roma e Firenze, ma se vuoi capire fino in fondo certi personaggi di questa valle che questo fiume, nel suo percorso, ha nei millenni modellato, non puoi permetterti di non conoscere la sua storia. E’ un modo di essere che già scopri e per certi aspetti ritrovi, guardando la calma imperturbabile, ma sempre attenta e interrogativa, degli Etruschi scolpiti nell’alabastro che puoi ammirare al Museo Guarnacci: quei personaggi paciosi che ricordano la flemma di Budda se ne stanno mollemente distesi sulle urne contenenti le proprie ceneri, quasi in un rapporto confidenziale e sereno, nel passaggio ineluttabile dalla vita alla morte.

Queste storiche figure e scene relative di cui mi appresto a parlare riguardano il periodo di metà Novecento, preciso e ben definito, per noi che ne siamo gli abitatori alla foce, e mi riferisco “al mitico tempo di quando volavano i pennati”, di quando alla foce con le piene tremende e rabbiose del Cecina arrivavano, oltre ai pollai, qualche maiale esausto ed incazzato e qualche gabbione di conigli.


PRETE CACCIATORE

Si sa, la terra dove vivi o dove hai vissuto per tanto tempo finisce inesorabilmente per modellarti a propria immagine e somiglianza! Potete pensare voi ad un Giotto, a un Beato Angelico, a un Ghirlandaio, a un Donatello… e la lista, com’è noto, già dal Medioevo al Rinascimento sarebbe chilometrica, al di fuori dal paesaggio toscano? L’Annunciazione leonardesca, dove i nostri campi e la nostra vegetazione fanno da sfondo allo storico e celeste evento, ve la potete immaginare contestualizzata in altri siti? Io, onestamente, no!

Ecco, anche la campagna della Val di Cecina finiva per… “fabbricare” i suoi personaggi. Anche per i preti delle parrocchie rurali che stanno al di qua ed al di là del Cecina, la Val di Cecina non poteva fare a meno di lasciare impresso il proprio “marchio d’origine”. La differenza tra gli altri preti rurali della Toscana non era un granché solo però che per un prete della Val di Cecina, insieme agli “strumenti del mestiere” tipo messale, breviario ed aspersorio doveva essere sempre e rigorosamente compresa, anche una doppietta a retrocarica; uno schioppo generalmente calibro 12 e “a cani esterni”!

Un attrezzo questo, troppo indispensabile al pievano della Val di Cecina, o per il passo dei tordi, o per le cacciate al cinghiale, o per il barzello alla lepre ed in certi casi, andando su verso Querceto e Micciano, era unito anche ad un bel corredino di tagliole e di penere: anche queste oltremodo necessarie, per l’arrostino di tordi e di pettirossi, che insieme alla pappardelle sulla lepre, era quasi sempre il piatto forte delle perpetue per la visita pastorale del vescovo.

A quei tempi credo che non fosse neppure reato (e non si stava per certo a sottilizzare se gli uccelli erano di becco fine o meno) e sono sicuro, non era neppure peccato veniale! Forse non troppo Francescano, visto che il Poverello d’Assisi, ci dialogava con gli uccelli, ma così erano i preti “sfornati” dal seminario di Volterra. Da quella storica Volterra che con San Lino aveva dato alla Chiesa, il secondo papa della storia, o grandi e santi vescovi del Novecento come la figura ieratica del vescovo salesiano Munerati. Tutti, però costantemente dotati di quel misticismo semplice, essenziale, come le chiese delle Pievanie Benedettine che dal 1100 costellano tutt’oggi la Val di Cecina; specialmente nell’immediato dopoguerra, nella maggioranza dei casi, accompagnati dalla necessità di mettere insieme il pranzo con la cena.


PRETE PRATICO

Le parrocchie erano in genere delle piccole comunità, un po’ come tutte le pievanie della Val di Cecina del resto, non godevano di particolari rendite o benefici. Erano povere in parole… povere! Non fa meraviglia quindi, che durante la confessione, Nello di Tegolaia, detto, chi sa perché, “manolesta” ammetteva di aver “alleggerito” delle lampadine un Dodge americano portato lì dal passaggio del fronte e poi parcheggiato nell’aia di Buriano. Prima “dell’ego ti assolvo”, Don Oscar concluse la confessione con la consueta formula penitenziale: “5 pater ave gloria aggiungendo: … e poi mi devi dì, come hai fatto a smontare i fanali di quel camion infernale, io e tutta la mattina che ci provo e non sono venuto a capo di niente”.

Don Oscar era senza dubbio un prete pratico, un po’ scorbutico, ma guardava in faccia la realtà per com’era, tant’è qualche decina d’anni dopo, con la sua 600 Fiat, nuova fiammante in quel di Casino di Terra, dopo aver grattato un discreto numero di pini a margine della strada, finì bello bello, dentro il fosso stradale a margine!

Da bimbetto, andai dopo, con mio padre a trovarlo all’Ospedale di Cecina e mi ricordo questo vecchietto (era già in su con l’età, infatti) con un gamba ingessata sollevata da letto con tiranti e contrappesi e la sig.ra Celeste (l’anziana Perpetua) che con aria affranta, strillava: “E la mano del Signore c’ha tirato fuori dall’abisso”, che poi proprio abisso non era: si trattava infatti, come ho detto, di una modestissima fossetta stradale. E don Oscar pratico ed anche un po’ ruvido: “Altro che mano del Signore, se non c’erano le vacche del Moro, noi s’era ancora piantati dentro il fosso!”


PRETE BALLERINO

Don Greppi era amante invece della musica, ed in tutto questo non c’era niente di torbido o licenzioso per la sua vocazione. Questa sua “debolezza” non troppo in linea, per la verità, specialmente per quei tempi, con il suo ruolo di sacerdote, giunse all’orecchio del vescovo. Ed il vescovo pensò bene di far dare “una controllatina per suo conto” a questo prete ballerino, mettendo al corrente i carabinieri della tenenza di Volterra. Tant’è che una volta, di ritorno da una festa patronale di Casaglia tutto intabarrato con mantello e cappuccio, irriconoscibile certamente ai carabinieri che gli chiedevano se, per caso alla festa ci fosse stato, anche don Greppi. Dal cappuccio giunse la risposta che è rimasta proverbiale nella Val di Cecina di allora ed ancor’oggi rammentata: “Quando c’ero c’era”.

I carabinieri non si soffermarono neppure un attimo sul significato, un pò sibillino della risposta, e si diressero spediti verso Casaglia! Don Greppi svicolò tranquillo e in pace con se stesso e soprattutto contento di non aver detto una bugia, ma solo la pura e semplice verità.

© Stefano Biagini, STEFANO BIAGINI
Quando i preti in Val di Cecina erano cacciatori per necessità, in “Il Tirreno”, a. 21 gennaio 2019
Rustici, pratici e generosi i parroci della Val di Cecina, in “Il Tirreno”, a.