Espropri alimentari, dalle salsicce ai cocomeri

Il Cecina non sarà il Tevere o l’Arno sulle sponde dei quali sono nate Roma e Firenze, ma se vuoi capire fino in fondo certi personaggi di questa valle che questo fiume, nel suo percorso, ha nei millenni modellato, non puoi permetterti di non conoscere la sua storia. E’ un modo di essere che già scopri e per certi aspetti ritrovi, guardando la calma imperturbabile, ma sempre attenta e interrogativa, degli Etruschi scolpiti nell’alabastro che puoi ammirare al Museo Guarnacci: quei personaggi paciosi che ricordano la flemma di Budda se ne stanno mollemente distesi sulle urne contenenti le proprie ceneri, quasi in un rapporto confidenziale e sereno, nel passaggio ineluttabile dalla vita alla morte.

Queste storiche figure e scene relative di cui mi appresto a parlare riguardano il periodo di metà Novecento, preciso e ben definito, per noi che ne siamo gli abitatori alla foce, e mi riferisco “al mitico tempo di quando volavano i pennati”, di quando alla foce con le piene tremende e rabbiose del Cecina arrivavano, oltre ai pollai, qualche maiale esausto ed incazzato e qualche gabbione di conigli.


L’ARTE DEL RUBARE LE SALCICCE

Nedo del Bulleri era un vero artista nella nobile arte del “prelievo alimentare”. Quello che in una certa stagione politica si sarebbe definito: esproprio proletario; ma le sue “gesta”, in questo genere di operazioni, hanno raggiunto il massimo della genialità, nell’alleggerire delle salsicce la macelleria del Landini, in quel di Guardistallo.

La tecnica era più o meno la stessa e gli strumenti necessari: una lunga e robusta cordicella ed un gatto affamato ancora più dello stesso Nedo. Il povero gatto, veniva fatto passare, dopo essere opportunamente legato ed imbracato, con pedatina, comunque decisa ed imperiosa, di incoraggiamento, attraverso la “bucaiola” (un foro d’areazione) del salsicciaio. Di fronte alla paradisiaca visione alimentare dei “serpentoni” di salsicce, il gatto non trovava di meglio che addentare con determinazione, la chilometrica grazia di Dio, che ricordava quasi il piglio napoleonico: “Dio me l’ha data e guai a chi me la tocca”.

Buzzino dall’altro capo del filo, avvertiva l’irrigidimento famelico ed il fremito nervoso del gatto, e come un abile pescatore di lenza, tirava con lenti, ma decisi strattoni, a se, il gatto infuriato e soffiante, ma sempre e pervicacemente con il serpentone di salsicce stretto tra i denti. E una volta fuori dalla bucaiola ed agguantato l’ambito capo di salsicce, la regia era sempre la solita e cioè: ricca e decisa pedata di commiato e di… ringraziamento al povero gatto, che non gli rimaneva che rispondere con un miagolio disperato e giustamente irritato.


L’ARTE DEL RUBARE I COCOMERI

Ma se Buzzino aveva questa genialità operativa, il capo storico ed indiscusso era “Graziano del Beppi”, in arte soprannominato, a giusta ragione,“Rommel”, in onore del germanico feldmaresciallo, chiamato anche la volpe del deserto. Questo Rommel 2, infatti, era il terrore notturno invece dei pollai e delle cocomeraie. Rimaneva solo una cocomeraia da conquistare, l’espugnazione della quale rappresentava per il locale feldmaresciallo, una missione impossibile, quasi una una sorta di fort D’Alamo del Val di Cecina, ed era quella di Uliviero del Pasquini, che la difendeva strenuamente a suon di schioppettate saline. E si sa bene che le schioppettate a sale nel sedere ti fanno un male cane. Ma ripeto Rommel 2 era Rommel 2, e sapeva sfruttare con raffinata metodica, il “tallone d’Achille” dell’avversario. E l’occasione si presentò bella e ghiotta, quando Tarcisio, il figlio del Pasquini, si congedò dal servizio di leva. Grande festa al Catrino, con inevitabile allentamento dell’attenzione… e per la cocomeraia fu fatale.

I cocomeri già maturi (quasi tutti) vennero arraffati senza il minimo ritegno. Divorati ed ordinati in un allegro banchetto notturno sul Cecina. Ma il nostrano Rommel, che ci teneva alla propria fama – era quasi un esteta e gli piaceva, come si dice da noi, fare le cose a modino – anche in quell’occasione non si smentì. Infatti, aveva fatto preparare un gigantesco cartello con scritto a caratteri cubitali: “L’arrivo di Tarcisio, la partenza dei cocomeri”. Per certi versi e per i suoi toni trionfali, ricordava quasi il bollettino di vittoria di Armando Diaz.

© Stefano Biagini, STEFANO BIAGINI
Espropri alimentari e le salsicce del Landini, in “Il Tirreno”, a. 20 agosto 2018