Giacinto Vannocci, medico condotto a Montecatini Val di Cecina

Quando il nome di un personaggio locale entra nella toponomastica, allora è indubbio che almeno per la comunità di riferimento abbia rappresentato qualcosa di eccezionale. È il caso del dottor Giacinto Vannocci. Tutti a Montecatini sappiamo che a lui è dedicata una via del castello medievale; ben poco però conosciamo della sua persona. L’intento di questo breve studio è quello di fornire alcune notizie che possano rappresentare un valido punto di partenza per ricerche più approfondite. Un tentativo di ricondurre alla memoria una personalità che, grazie anche alla professione di medico condotto svolta egregiamente per oltre mezzo secolo, allacciò con la comunità di Montecatini Val di Cecina un legame profondo e significativo. Questo, oltre a ciò, nella speranza di suscitare e di risvegliare in altri l’interesse per la riscoperta del nostro passato.

Ris[i]edere nel Castello di Monte Catini prestandosi alla cura medica e chirurgica di tutti gli abitanti del Comune; recarsi in ciaschedun mese dell’anno alla visita di tutti i malati vecchi senza ricchezza, deve di più prestarsi alla cura degli Esposti e dei militari distaccati, ed al riscontro della salubrità dei commestibili messi in vendita e quando ne venga richiesto dall’Autorità competente.1

PRIME NOTE SU UN PERSONAGGIO POCO CONOSCIUTO

Questi erano gli “Oneri” previsti per il medico chirurgo di Montecatini nel 1846; e sempre in quella data il suo Appuntamento consisteva in £ 1.008.2

Giacinto Vannocci, in qualità di medico del paese, doveva occuparsi anche della salute dei minatori di Caporciano. Con l’avvio della gestione Hall, Sloane, Coppi – ossia dal 1° ottobre 1837 – risulta infatti che “al medico condotto di Montecatini per curare gratis gli addetti alla Miniera va di paga fissa annualmente £ 200”.3

Alla sua retribuzione e all’acquisto dei medicinali si provvedeva attingendo dai fondi della “Cassa di Beneficienza”,4 alimentata “con prelazione del mezzo per % sulla rendita netta della miniera, e con alcune penali che si irrogano alle trasgressioni dei lavoranti”.5

Dal Ruolo degli impiegati della Comunità, possiamo ancora rilevare che nel 1846 il medico chirurgo condotto Giacinto Vannocci, nato a Siena l’11 settembre 1773 da padre ignoto, vedovo con due figli, svolgeva la sua professione a Montecatini dal 3 giugno 1795.6

Vediamo quindi di ricostruire, per quanto possibile, almeno alcune fasi di quel lungo percorso professionale che lo legò poi indissolubilmente al paese dove avrebbe trascorso i suoi ultimi… 56 anni. Nella seduta del 18 marzo 1795 il Consiglio generale della Comunità di Montecatini, con dodici voti favorevoli e nessuno contrario, riconfermava il dottor Vincenzo Ciampolini nella funzione di medico condotto della Comunità fino al maggio 1796.7

Non trascorsero però neppure due mesi che il dottor Ciampolini presentava le sue dimissioni che venivano accettate dal Consiglio nella riunione del 7 maggio 1795.8

Nella medesima seduta veniva anche redatta la notifica, firmata dal Gonfaloniere Gio. Bertini:

Per il presente Editto si fa a tutti noto come per renunzia dell’Ecc.mo Sig.r Dr. Vincenzo Ciampolini rimanga vacante la condotta di Medico Cerusico di Monte Catini, che per chiunque volesse concorrere alla vacante Condotta di Medico Cerusico, o Cerusico, giacché abbia i requisiti necessari, potrà inoltrare la sua domanda per gli atti alla Cancelleria di Pomarance corredata degli opportuni recapiti per tutto il corrente mese di maggio 1795 per di poi procedere alla Elezione di detto Medico Chirurgo o Chirurgo […] nel 5 giugno susseguente con titoli obblighi pesi e salario di Scudi Ottanta Quattro con cui veniva esercitato dal suddetto Dr. Ciampolini. E tutto a chiara notizia […].9

A seguito della pubblicazione della notifica su “La Gazzetta Toscana”, furono due le candidature presentate alla Cancelleria Comunitativa di Pomarance. Si trattava del dottor Gio. Batta Marchi di Volterra, medico cerusico, e del signor Giacinto Vannocci di Siena, cerusico. Esaminati i concorrenti, mentre il dottor Marchi riportava un punteggio di sei voti favorevoli e nove contrari, il signor Vannocci otteneva dieci voti a favore e cinque contrari. Accordato, quindi, il benservito al dottor Ciampolini, il Consiglio affidava per un anno l’incarico di cerusico a Giacinto Vannocci che, all’età di ventidue anni, con il primo luglio 1795 iniziava la sua avventura professionale a Montecatini Val di Cecina.10

L’anno successivo, nonostante una istanza sottoscritta da Santi Norchi in cui “si esponeva non esser degno di conferma”, il Consiglio, riunito in data 30 marzo, “con legittimo Partito di voti favorevoli quattordici e contrari uno”, gli rinnovò l’incarico per un anno, fino a tutto maggio 1797, con “un salario di Lire cinquecento ottanta otto”.11

Alle medesime condizioni ebbe quindi riconferma anche nei due anni successivi.12 Il 1799 poi, come avremo modo di appurare, sarà per Vannocci un anno davvero particolare. Intanto a gennaio porterà a termine i suoi studi e al titolo di cerusico potrà associare quello di medico. Nella seduta del 4 gennaio il Consiglio deliberò infatti di soddisfare “la richiesta del Sig. Giacinto Vannocci, chirurgo condotto della Comunità colla quale domanda l’assenza di qualche giorno dalla sua condotta per recarsi a Pisa a presentare la Laurea”.13

Come si sarà potuto constatare, questi era titolare della condotta di Montecatini non in qualità di medico, ma di chirurgo. Ossia di cerusico,14 titolo che probabilmente gli sarà stato conferito a seguito della pratica esercitata nell’Ospedale di Siena.15

Giacinto risulta, infatti, essere stato tra gli “esposti nell’Ospedale di Santa Maria della Scala”. Era stato affidato al Seminario, istituito nella metà del Seicento dal pio benefattore Federigo Soleti, “per l’educazione negli studi e nella morigeratezza de’ costumi de’ figlioli esposti” in quell’ospedale.16

Il Soleti si differenziava dal Seminario arcivescovile senese: rappresentava un po’ il vero seminario tridentino per chierici poveri, ospitando orfani che l’istituzione formava a suo uso e consumo, per l’assistenza liturgica, morale e spirituale; ed era un seminario di fondazione e pertinenza laicale, non ecclesiastica. Regnando Pietro Leopoldo, nel clima delle riforme volte a razionalizzare il settore educativo, fu stabilito di porre fine a questa benemerita istituzione e gli alunni vennero fatti confluire all’interno del Seminario Arcivescovile.17

Nel 1784 tra i sei ragazzi che furono “accolti in San Giorgio in qualità di convittori colla retta di scudi 5 per ciascheduno il mese da pagarsi dal regio ospedale di Santa Maria della Scala”, risulta anche Giacinto Vannocci.18

Gli altri erano Domenico Dominici, Giovan Battista Massarini, Stefano Tinagli, Pasquale Fantoni, Domenico Minocci. Di questi sei nuovi convittori del Seminario sappiamo che Dominici uscì un anno dopo, Massarini nel 1787, mentre Fantoni vi morì nel 1785.19

Dalla tabella “Convittori del Seminario arcivescovile di Siena 1660- 1875”, riportata da Sangalli, di Vannocci, oltre alla data di ingresso ed alla provenienza, non è possibile rilevare né lo stato sociale, né la permanenza, né l’esito postseminariale. Si apprende solamente che, tra i suoi compagni di studio, figuravano due nobili volterrani, Paolo e Giuseppe Incontri, che entrati nel Seminario arcivescovile fin dal 1782, avevano protratto la loro permanenza per quattro anni.20

Giuseppe (Gaetano), nato il 12 novembre 1773 da Iacopo Incontri e Ottavia Inghirami, “famiglie magnetizie di questa vetusta città”, sarebbe stato poi insignito della carica di vescovo della sua città, appunto Volterra, e avrebbe ricoperto quell’incarico per ben 42 anni.21 Dal tributo alla memoria del presule, compilato dal canonico Gori, si può desumere che, un po’ come il Soleti, anche il Seminario arcivescovile di Siena non fosse certo immune dall’influsso “tridentino”, e si distinguesse da altre istituzioni cattoliche più tradizionali. Sull’esperienza dell’Incontri nell’istituto senese, Gori infatti afferma:22

[…] fu scorto dai suoi parenti che nel giovanetto la ragione, il senno padroneggiava mirabilmente quella età per lo più dedita a giojosi ozj e a giovanili capricci fu loro consiglio avviarlo nel Seminario dell’inclita Siena per ingentilirne la mente con pratiche cognizioni d’umano sapere. Compiuto quel primo tirocinio, che per condizion negativa di buoni metodi, come dal suo stesso labbro n’appresi, spingeva in allora più d’un ingegno a dispettarne la cultura, fu in Firenze affidato ai figli di Romualdo, perché col loro magisterio, oltre a lavorane lo ingegno, fortificassero insiememente la volontà a ben fare, e il cuore ne assuefacessero al puro sentire in fatto di virtù, di Religione, di Dio […].

Ma tornando all’anno 1799, vediamo che il cerusico Vannocci, cui allo scopo era stata concessa una licenza dalla condotta di Montecatini, il 25 gennaio si laureò a Pisa in “filosofia e medicina”23 con il professor Francesco Torrigiani.24 Dal registro delle lauree nell’Archivio generale di Ateneo, si ricava pure che questi “non aveva studiato a Pisa, perché figlio del regio spedale di Siena”.25 Nella riunione del 22 aprile il gonfaloniere faceva partecipe il Consiglio di Comunità del conseguimento del titolo di dottore da parte del “cittadino” Vannocci, che nella circostanza venne confermato ancora per un anno quale titolare della condotta.

[…] Di poi partecipasi a Loro Cittadini […] il Diploma col quale è stato dichiarato da per Medico il Loro Cerusico Giacinto Vannocci e insieme un certificato del Collegio Medico col quale dichiara abilissimo Dr. Vannocci esprimendosi che saranno felici quei popoli che rimarranno alla sua cura affidati attesa la somma esperimentata di lui abilità e come in essa. […] con Loro Legato Partito di voti favorevoli tredici, contrari tre confermano il cittadino Dottor Giacinto Vannocci in Medico e Chirurgo Condotto di loro comunità per un altro anno a tutto maggio 1800 con i soliti obblighi pesi e salario di Lire cinquecento ottanta otto […].26

Il 1799 fu però anche l’anno dell’insurrezione antifrancese. Ai primi di marzo, le truppe della Repubblica francese, senza incontrare resistenza, avevano occupato il Granducato di Toscana dove, costretto il granduca Ferdinando III a rifugiarsi a Vienna, fu istituita una amministrazione provvisoria. Ebbe, infatti, vita molto breve la stagione francese in Toscana: moti popolari e controffensive russo-austriache rendevano assai complicata quanto poco appagante la permanenza in Toscana.

Dopo quattro mesi i francesi furono, in qualche modo, costretti a ritirare le proprie truppe. Ma con la presenza francese erano riaffiorati gli echi della Rivoluzione, riaccendendo le speranze, le passioni che quel radicale sconvolgimento sociale, politico e culturale aveva alimentato in quell’ultimo decennio. Una tendenza giacobina aveva fatto proseliti, coinvolgendo soprattutto i giovani vicini agli ambienti universitari che si vedevano “educatori del popolo”.

Con la restaurazione, si scatenò una vera e propria caccia al giacobino da parte del governo granducale. Nel mese di luglio divampò in Toscana, e quindi anche a Volterra e nel circondario, la violenza reazionaria con atti odiosi, vessazioni e condanne che andarono a colpire coloro che avevano preso posizione a favore del regime francese o avevano mostrato qualche inclinazione verso le idee repubblicane.27 A Volterra,28 provenienti oltre che dalla città da diverse località della Toscana, furono cinquantasei le persone detenute: dodici rinchiuse nel Maschio, nove nel recinto del Maschio, undici nelle caserme della Fortezza, sette nelle carceri del Tribunale, cinque nel convento della Badia, tre nel convento di Sant’Agostino, una nel convento di San Girolamo e otto furono ritenute nelle rispettive abitazioni. Tra quest’ultime, oltre a certo Pietro Rossi di Montecatini, figurava anche il cerusico Giacinto Vannocci, condannato dal 24 luglio agli “arresti domiciliari”.29

D’altra parte, che le idee trasmesse dalla Rivoluzione francese e il fascino delle imprese napoleoniche avessero fatto presa sul nostro cerusico, è innegabile: lo si rileva chiaramente anche dalla feluca scolpita al centro dell’arco in selagite che sovrasta il vano di accesso alla sua abitazione.30

E in quel pur breve periodo di restaurazione, che dal luglio 1799 si protrarrà fino al novembre dell’anno successivo, dovette in qualche modo pagare per quelle convinzioni che certamente non indugiava a manifestare. Nel marzo 1800, alla scadenza del contratto, la titolarità della condotta gli fu nuovamente confermata, ma, come vedremo, non si trattò della solita formalità.

[…] Di poi fu proposta la solita conferma a Medico Cerusico di Montecatini al Sig. Dottor Giacinto Vannocci per un altro anno […]. E ricercato se il medesimo avesse ricorsi, fu replicato ed esposto non essere stati presentati né esservi nessun ricorso contro la di Lui condotta per cui poteva meritare il Partito di conferma bene inteso che in caso diverso sarebbero Loro stessi adunati corresponsabili a loro proprie spese contro qualunque reclamo o doglianza che da tal contrario evento derivar potesse. E di poi girato il Partito per la conferma al suddetto Sig. Dott. Giacinto Vannocci […] passò con voti favorevoli nove e contrari sette […].31

Così, nella seduta del 18 marzo 1800, pur con uno scarto minimo di voti tra favorevoli e contrari, fu deliberata la conferma di Vannocci. Una decisione che la Camera delle Comunità di Firenze cercò di invalidare, salvo trovare il Consiglio di Montecatini non disposto ad assoggettarsi a simili ingerenze e deciso soprattutto a non privarsi delle prestazioni professionali del proprio medico. Nell’adunanza consiliare del 24 aprile, fu perciò ribadita, con più ampia maggioranza, la validità della delibera votata poco più di un mese prima.

Adunati i Signori Gonfaloniere e Priori [… del] Magistrato Comun. vo di Monte Catini di Val di Cecina in pieno numero di cinque e con Essi […] il Consiglio Generale di detto luogo in pieno numero di dodici, e tutti insieme in pieno numero di diciassette […]. Partecipata la […] della Camera delle Comunità di Firenze del 19 Marzo 1800 seg. di To. 501 […] all’oggetto, che riprende in più maturo Esame l’affare dell’assoluzione data al Medico Cerusico Dr. Giacinto Vannocci con Partito del 18 Marzo possino determinarsi a quanto reputeranno conveniente per il bene, e utile servizio al pubblico remossa qualunque giovata veduta, che si opporrebbe a quella imparzialità colla quale devonsi regolare le deliberazioni alle loro adunanze fatta attenzione alla supplica del Dott. Vannocci Cerusico Cond. di Loro Comunità, ed in veduta alla soddisfazione dimostrata coll’annessa supplica di molte e diverse famiglie di Montecatini per la sua buona condotta nella sua professione. Con Loro legittimo Partito di voti favorevoli quattordici contrari tre […] confermano per un anno il Sig. Dr. Giacinto Vannocci in Medico Chirurgo Condotto di loro Comunità.32

Nel frattempo la situazione politica era di nuovo mutata. Le truppe francesi nell’ottobre 1800 occuparono nuovamente la Toscana e con il trattato di Lunéville del 9 febbraio 1801, il Granducato, trasformato in Regno d’Etruria, fu assegnato a Ludovico di Borbone, a cui nel 1803 successe il figlio Carlo sotto la reggenza della madre Maria Luisa. Dopo l’annessione del Regno d’Etruria all’Impero francese sancita nell’ottobre 1807 dal trattato di Fontainebleau, nel marzo 1809 il Granducato verrà ricostituito nominalmente ed assegnato a Elisa Bonaparte Baciocchi, già principessa di Lucca e Piombino, nonché sorella di Napoleone.

Giacinto Vannocci, quindi, nell’aprile 1801 ottenne senza problemi di sorta la conferma per l’anno successivo, fino a tutto maggio 1802.33 E così sarà anche per gli anni successivi.

Nel novembre 1801 gli fu “accordata l’assenza dalla sua Condotta per lo spazio di un mese in ca. per doversi trasferire in Firenze per matricolarsi”.34 In quell’occasione, infatti, sostenne l’esame per l’iscrizione alla “matricola dei medici”35 che lo abilitò a pieno titolo alla professione non più di cerusico ma di medico-chirurgo che si protrarrà fino alla metà del secolo.

Intanto, con l’annessione alla Francia, era stato avviato un riordino territoriale in cui alla vecchia amministrazione si sostituiva un nuovo assetto organizzativo a modello di quanto contemplato dalla “costituzione dell’anno VIII” (12 gennaio 1800) che, anche per i territori annessi o vassalli, prevedeva l’istituzione dei dipartimenti, dei circondari e delle municipalità.

Il territorio toscano fu così suddiviso in tre regioni: i Dipartimenti dell’Arno (con Firenze capoluogo), dell’Ombrone (Siena capoluogo) e del Mediterraneo (Livorno capoluogo). Quest’ultimo, a sua volta, era frazionato in tre circondari: la Prefettura di Livorno, la Sottoprefettura di Pisa e quella di Volterra. Ciascun circondario, infine, comprendeva più municipalità: Montecatini, ovviamente, faceva parte del Circondario volterrano.

Ogni municipalità – mairie – era amministrata da un maire (sindaco), da un numero di adjoints (assessori), proporzionale al numero degli abitanti, e da un consiglio composto da un numero variabile anch’esso in base all’entità della popolazione. L’amministrazione della comunità, tuttavia, si imperniava principalmente sulla figura del maire. Sia i consiglieri che gli assessori godevano di attribuzioni di scarsa rilevanza e, proprio per le vaste attribuzioni inerenti alla sua mansione, il maire, che rappresentava la massima autorità, era accreditato di ampi poteri sia politici che amministrativi, come pure di polizia.

A ricoprire la carica di maire della Comune di Montecatini Val di Cecina, il prefetto di Livorno nominò proprio Giacinto Vannocci che, dal settembre 1808 al febbraio 1814, svolse quella funzione con capacità, con autorevolezza e soprattutto con rigorosa probità e correttezza nei rapporti sociali.36 Quando, caduto Napoleone, nel settembre 1814 Ferdinando III – esempio di mitezza e buon senso – tornò in Toscana, non vi furono epurazioni del personale che aveva operato nel periodo francese. Così fu, a maggior ragione, per il medico di Montecatini che, se nell’espletamento della sua professione si era distinto per abilità e senso di responsabilità, nel ruolo di maire con la sua risolutezza aveva dato senz’altro prova di saggia amministrazione.37

Vero è che dopo quell’esperienza tese pian piano a distaccarsi dall’impegno politico, declinando poi attribuzioni o incarichi di sorta. È certo, comunque, che Vannocci rimase sempre nella massima considerazione da parte dei suoi conterranei. Come è altrettanto certo che mai abbia abiurato la sua spiccata propensione alle idee liberali e democratiche. La gran quantità di tele e stampe tutte riconducibili all’era napoleonica che fino a pochi anni fa tappezzavano lo studio e i saloni dell’abitazione di Via Vannocci,38 così come alcuni busti in marmo del generale francese e altri oggetti contrassegnati da simboli inequivocabili, allontanano ogni dubbio.

Come già abbiamo potuto constatare, uno degli “Oneri previsti” per il medico di Montecatini, era quello di “ris[i]edere in Castello”:39 e a questo obbligo, da subito, il nostro cerusico ottemperò.

Dallo “Stato dell’Anime del 1808”, il trentacinquenne Giacinto, capo della famiglia numero 37, risulta infatti residente in castello insieme alla moglie trentatreenne Alessandra ed ai figli Carolina, di undici anni, Teresa di nove, Pietro di sette, Emilio di cinque e Quintilio di tre.40

E forse già allora abitava in Via della Pietraja, in quella palazzina appartenente ancora oggi ai suoi discendenti, figli di Cesira, ultima esponente di Casa Vannocci. Risulta infatti dalla Tavola indicativa del Catasto ferdinandeo-leopoldino che l’edificio di Via della Pietraja esisteva già antecedentemente al 1820.41 La via a cui, dopo la morte del medico, sarà poi dato il suo nome:42 Via Giacinto Vannocci, quello stretto percorso lastricato con bozze di selagite che, prendendo avvio dalla confluenza di Via del Moro – già Via delle Streghe – con i Portici di Palazzo Belforti, si snoda su in alto fin quasi ai piedi della Torre Belforti.

La dedica di una via – proprio quella della sua abitazione – dà l’idea della considerazione a lui riservata; e non solo in ambito locale. Così lo ricordava Emanuele Repetti nel suo Dizionario:

Montecatini mantiene un maestro di scuola e un medico chirurgo; quello che con lode vi esercita da circa 45 anni l’arte salutare è il dott. Vagnocci [Vannocci] ospite benemerito e utile Cicerone ai culti viaggiator che si recano a visitar cotesta interessante contrada.43

Già alcuni anni prima il suo nome era comparso in un’altra opera imponente quale la Storia naturale di tutte le acque minerali della Toscana di Giuseppe Giulj, insigne professore di Storia Naturale nell’Imperiale e Reale Università di Siena. Qui Vannocci contribuì a segnalare la sorgente minerale e ad apportare le proprie conoscenze sia teoriche che pratiche sulle caratteristiche e sui benefici “dell’acqua detta d’Aitora presso Monte Catini di Val di Cecina”.

E viste le qualità, fu prospettato anche un eventuale sfruttamento termale per quella sorgente.

[L’acqua detta d’Aitora] è situata al ponente di Monte Catini […], ed è in un luogo, ove i venti vi regnano per essere spogliata di piante: è vero che sorge sulla sinistra del Broto detto il Grigio, ma questo resta sempre asciutto, e soltanto si vede correre, quando cadono le piogge. La non lontana casa rurale del podere d’Aitora potrebbe dar ricovero, quando sopravvenisse qualche burasca in tempo d’estate, a quei, che ne facessero uso presso la sorgente, ed il Castello di Monte Catini potrebbe servire per starvi permanentemente a quelli, che si volessero medicare con quest’acqua, essendovi delle abitazioni assai pulite, e standovi di permanenza un medico, il quale potrebbe presiedere alla loro cura. […] Dell’acqua d’Aitora ne dà cenno il Signor Zuccagni [Attilio Zuccagni Orlandini], ma io l’avevo esaminata avanti, che egli ne parlasse. Sorte da un masso di schisto, ed è adunata in una piccola vasca naturale. […] La temperatura di quest’acqua, quando fu determinata, era di gradi 14, mentre quella dell’atmosfera era segnata in gradi 8, cosicché si può credere essere leggermente termale tanto più che le acque dei pozzi di queste vicinanze non segnano mai più di 12 gradi. Ha odore d’uova putride, o di gas acido idrosolforico; eguale è il suo sapore; ed è trasparente. Tinge di nero il rigagnolo, ove ha il suo rifiuto. […] Dietro le osservazioni del Sig. Dott. Giacinto Vannocci medico di valore, ed esercente la sua professione al sopra indicato Castello, so, che quest’acqua è adoprata utilmente sotto forma di bagno nei reumi, ed artriti croniche. Queste osservazioni pratiche confermano ciò che l’esame chimico avrebbe indicato, vale a dire, che il carbonato di soda, che porta seco, la consiglierebbe nelle indicate affezioni. Credo, che egualmente potrà esser utile nelle malattie sordide della pelle, se ne verranno prescritti dei bagni, dopo averla riscaldata col tubo, e la sua azione medica si potrà ripetere e dal gas acido idrosolforico, che contiene, come dal carbonato di soda, che l’accompagna. Se l’odor fetido d’uova putride, proprio di quest’acqua, non impedisse ai bambini di sorbirla, sarebbe giovevole nelle affezioni verminose facendogliela prendere da un bicchiere fino a due. Come uguali buoni effetti potrà produrre nel catarro della vessica, e forse anche nei casi di renelle per il carbonato di soda, che in essa si trova disciolto, ma nei casi in ultimo luogo accennati si dovrà far bevere nella quantità di otto o dieci bicchieri, come suol dirsi a passare.44

Più tardi, nel 1870, anche Luigi Marieni,45 medico primario emerito dello Spedale Maggiore di Milano, esponendo nel suo Trattato i benefici dell’acqua sorgiva dell’Aitora, citerà ancora le osservazioni del dottor Vannocci e del professor Giulj. Così come faranno altri studiosi, autori di testi importanti, quali Attilio Zuccagni Orlandini oppure Antonio Perone, per citarne solo alcuni.46

Ma del suo vasto campo di interessi abbiamo conferma anche dal patrimonio librario, amorevolmente custodito di generazione in generazione dagli eredi del nostro medico, in cui, oltre a pregiate edizioni di letteratura classica, certo non mancano testi dei più importanti studiosi di scienze positive. La sua passione per le discipline naturali è d’altra parte attestata dalla presenza tra le cose tuttora ben conservate, di un prezioso erbario in cui, con un lavoro non indifferente e con criterio rigoroso, Vannocci aveva classificato con la denominazione scientifica e volgare ben 206 piante officinali, da lui raccolte nel territorio di Montecatini. Istinto naturalistico, inclinazione alle scienze sperimentali, propensione al praticismo che si rivelano anche nelle amicizie: come quelle con Augusto Schneider, con Francis Joseph Sloane,47 che avremo modo di appurare, e verosimilmente anche con l’eclettico imprenditore di origini francesi, Louis Porte.48

Questi, entrato nell’entourage di Elisa Bonaparte Baciocchi, con il suo sostegno riuscì a realizzare alcune importanti e originali iniziative economiche, soprattutto in ambito minerario, fino a diventare uno dei personaggi più in vista e figura centrale della storia della Maremma d’inizio Ottocento. Con il finanziamento, fra gli altri, di Jean-Louis Le Blanc già governatore del Principato di Piombino, Porte ebbe il merito di riuscire nell’impresa di riattivare la miniera di Caporciano. E a Montecatini, dove operò dal novembre 1827 al settembre 1937, mantenne senz’altro con il dottor Vannocci buone relazioni, non solo legate alla cura medica dei lavoratori della cava. A comprovare la sua vicinanza al mondo della scienza, tuttavia, è soprattutto il legame amicale con Giovanni Paolo Mascagni.49

Un rapporto che probabilmente traeva le sue origini dal periodo senese quando, conseguita nel maggio 1788 la Laurea in Filosofia e Medicina, due anni più tardi Mascagni fu incaricato “della lettura ordinaria di anatomia dell’Università di Siena”.50

Periodo in cui oltre agli studi di anatomia e fisiologia si dedicò a osservazioni di carattere geomineralogico e naturalistico nel Volterrano e nel Senese. E proprio a Siena, avendo abbracciato la causa giacobina, nel 1799 durante l’occupazione francese fu chiamato a far parte della Municipalità democratica con l’incarico di presiedere gli istituti di istruzione e di pubblica beneficenza. Questo nel giugno dello stesso anno, dopo la ritirata delle truppe francesi e la caduta dei governi democratici, gli comportò la detenzione per sette mesi. Tra le accuse contenute nel capo di imputazione figuravano anche quelle di irreligione e di giacobinismo, per le quali, grazie ad una difesa da lui stesso preparata con stretto rigore scientifico, ottenne il proscioglimento nel gennaio 1800. Gli fu comunque riservato un trattamento da sorvegliato speciale e le sue traversie si protrassero fino al novembre del 1800, allorché Firenze fu nuovamente occupata dai francesi.51

Ventura che, come abbiamo visto, non si discosta di molto da quella vissuta nel medesimo periodo da Giacinto Vannocci. Tanto da poter affermare che il legame tra il nostro medico ed il famoso anatomista non si limitava al comune interesse in campo medico naturalistico ma trovava consolidamento nella comunanza di pensiero sviluppatasi durante il periodo francese.52

I contatti tra i due non si interruppero che con l’improvvisa scomparsa di Mascagni avvenuta nel 1815 a Castelletto di Chiusdino, presso Siena. D’altra parte occorre dire che anche nel circondario l’impegno e i meriti culturali di Vannocci non passarono certamente inosservati. Non può sfuggirci, ad esempio, che l’Accademia dei Sepolti di Volterra, sodalizio prestigioso nei cui ruoli figuravano allora personaggi veramente di alto livello, volle onorarlo chiamandolo a far parte dei suoi accoliti.53

Ma se ancora oggi, almeno a Montecatini, il suo nome è ricordato, si deve in modo precipuo al suo prodigarsi nella vaccinazione contro il vaiolo. Tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento il vaiolo ebbe in Europa un incremento di rapidità allarmante. Negli ultimi anni del secolo, Luigi Sacco54 stimava che per ogni 1.000 nati, 600 contraessero il vaiolo: e tra i malati una persona su sei moriva. Anche in Toscana – di lì a poco colpita contemporaneamente da gravi epidemie di tifo petecchiale e di colera – il contagio di vaiolo stava producendo numerose vittime. Fortunatamente in quello stesso periodo iniziava a diffondersi la vaccinazione messa a punto dal medico e naturalista inglese Edward Jenner.55

Introdotta in Italia negli agli anni francesi,56 nella nostra regione iniziò ad essere praticata più diffusamente dal 1822, per volere dell’amministrazione granducale che, con una Circolare dell’Ufficio delle Comunità del Granducato datata 19 agosto 1822, delegò i gonfalonieri del controllo sulla somministrazione dei vaccini ad opera dei medici locali.57

Giacinto Vannocci, che fin dai primissimi anni dell’Ottocento si adoperò nella organizzazione della vaccinazione a Montecatini, fu – si può ben dire – apostolo della diffusione della nuova pratica. Se la stagione napoleonica è considerata, a ragione, l’età della vaccinazione, si capisce anche l’interesse e l’inclinazione di Vannocci per questo nuovo metodo di profilassi; come è fuor di dubbio che su di lui avessero pesato le idee radicali sulla medicina di alcuni illustri esponenti dello Studio senese e quindi di quello pisano.58

Ma, nonostante l’efficacia del metodo Jenner, soprattutto in Italia sul principio la pratica della vaccinazione incontrò molte difficoltà per motivi di vario genere. Pregiudizi di carattere religioso di quanti sospettavano contrario al volere divino il sottrarsi con tanta facilità ad una affezione che – al pari di tutte le malattie – era considerata come una forma di espiazione. Scrupoli da parte di chi obiettava sulla liceità di esporre una persona sana direttamente ad una malattia o addirittura procurarla per evitarne in futuro una potenziale. Avversioni di una parte del mondo medico, o comunque della scienza, che per misoneismo o per altri motivi amplificavano gli inconvenienti allora legati alla vaccinazione, diffondendo il convincimento dell’inefficacia dell’innesto di vaiolo vaccino come mezzo di profilassi. Tutti ostacoli che si tradussero per molto tempo in una forma di inerzia a tale pratica; fu quindi necessario “illuminare” le coscienze a favore della vaccinazione, soprattutto in ambito popolare. Giacinto Vannocci, per superare la diffidenza della popolazione, inoculò pubblicamente il vaccino a tutti i suoi figli: a Carolina che aveva otto anni – eravamo all’incirca nel 1805 – come a Quintilio, nato da pochi mesi. Un gesto, parimenti praticato da altri medici “illuminati”,59 con il quale riuscì a convincere la comunità di Montecatini della necessità di vaccinarsi.

Risultato senza dubbio importante, se nel 1835, in un periodo in cui l’epidemia di vaiolo (e di colera) affliggeva tutto il Granducato, al dottor Vannocci, nell’adunanza comunitativa del 20 luglio, fu pubblicamente riconosciuto il merito del suo prodigarsi contro tale affezione nei confronti del popolo montecatinese. Gli fu concessa anche una gratifica di “Lire Settanta”, con la seguente motivazione:

[…] fin dai primi tempi in cui fu adottato in Italia l’uso benefico dell’inoculazione del Vaiolo vaccino Egli si affrettò di far parte di questa proposta agli Individui che non erano peranche stati attaccati dal vaiolo arabo in questa Comunità; che per vincere la ritrosia che poteva crescere in Persone che non ne conoscevano l’utilità, incominciò saranno ormai trenta anni ad inocularlo ai propri figli, che avendo seguitato ogni anno ad eseguire la inoculazione che è successo che mercé questo benefizio, più non si è affacciato il Vaiolo presso di noi, se non portato da qualche estraneo, e non avendo trovati Individui disposti a riceverlo non ha ulteriormente progredito: che di qui ne è nato un aumento notabile di Popolazione mietendone ordinariamente il quarto di arabo vaiolo si è conservata la salute, e la bellezza e la specie umana ha migliorato.60

Giacinto Vannocci aveva allora 62 anni. Un’età già abbastanza avanzata per i tempi, ma il nostro medico avrebbe avuto davanti a sé ancora molti anni da dedicare alla famiglia61 e alla professione. Rimarrà, infatti, titolare a pieno titolo della condotta medica fino al 1850, quando – era ormai settantasettenne – nell’adunanza del 27 maggio “gli Illustrissimi Sig.ri Gonfaloniere, Priori e Consiglieri comunali residenti nel consiglio rappresentante la Comunità di Montecatini Val di Cecina in pieno numero di tredici”, deliberarono in merito al suo pensionamento.

Avuto al lungo utile ed esatto servizio prestato a questa comunità dal 1799 a questa parte dal Dott. Giacinto Vannocci attual medico condotto, come alla di lui avanzata età di settantasei anni, ed agli incomodi di salute che da qualche tempo e presentemente ancora lo affliggono da far dubitar che venga a mancare in breve l’intero servizio sanitario, reputano così conveniente, e del loro dovere rivolgere la loro attenzione a questo interessante articolo di pubblico servizio con istituire una condotta medico chirurgica dopo aver provveduto a remunerare convenientemente il Dott. Vannocci. Vista la legge comunale del 20 Novembre 1849 all’art. 129 e quella successiva del dì 22 del mese stesso relativa alla pensione degli impiegati regi e rispettivamente comunali. Delib[erano], approvano che il Dott. Giacinto Vannocci attual medico condotto, resosi benemerito a questa popolazione, rimanga dispensato dalle attuali sue incombenze ordinarie ed in remunerazione dei servizi fin qui prestati con attività e zelo continui a godere, vita natural durante, l’attual suo annuo stipendio, di lire mille e otto colla preghiera di prestarsi compatibilmente ai suoi incomodi di salute e della sua avanzata età all’assistenza degli ammalati e tutto ciò confermano ratificano con partita di voti favorevoli tredici, contrari zero.62

Disposizione che sarà ratificata dalla Prefettura di Pisa.

Cancelleria e Ufficio del Censo di Volterra

Prefetto di Pisa Il nuovo consiglio comunale di Montecatini Val di Cecina col cosuppiegato catastale del 27 cadente, accorda al medico chirurgo condotto Dott. Giacinto Vannocci la giubbilazione a godere vita natural durante l’attuale suo appuntamento di lire mille otto annue. Contemporaneamente ricoprire gli oneri della condotta aumentando di lire centonovantanove l’appuntamento di cui si è parlato, aggiungendo l’obbligo a pari gravoso di far venire in Montecatini, a sue spese, il nuovo titolare altro medico-chirurgo condotto nei casi di propria impotenza causata da malattia.

Devot.mo Vostro Servitore,

Carlo Lenci.63

Giacinto Vannocci troverà la morte il 2 luglio dell’anno successivo, a coronamento – si può ben dire – di un’intera vita spesa nell’esercizio della scienza medica nel suo paese di adozione. Una comunità, la sua, orgogliosa di averlo accolto fin dal lontano 1795. Fu sepolto, eccezionalmente, all’interno della cappella del cimitero, l’attuale “camposanto vecchio” che tuttora conserva alcuni segni del periodo napoleonico. È stato approvato dal Prefetto della città di Volterra il permesso di poter trasportare le spoglie mortali del defunto Giacinto Vannocci con la funebre pompa, per onorare la memoria del suo servizio alla Comunità in qualità di medico-chirurgo condotto per il periodo di oltre 57 anni […]. Il Ministro degli Affari Ecclesiastici ha autorizzato la tumulazione a sterro, nell’interno della Cappella Camposanto di questa Parrocchia del Vannocci […].64

E fu in quel periodo che “gli amici” vollero ricordarlo con l’apposizione di una lapide sopra la porta di accesso alla sua abitazione.

Qui morì
il II luglio MDCCCLI
Giacinto Vannocci senese
che in questa terra con somma sapienza e grande amore
il ministero della medicina esercitando
per oltre mezzo secolo
vi sparse il largo fiume delle sue virtudi:
gli amici
a solenne e perpetua onoranza
questo marmo posero

La lapide è ben conosciuta dalla gente di Montecatini; chi fossero stati quegli amici invece è sempre risultato un “mistero”. Sono state azzardate diverse supposizioni, la più ricorrente delle quali, anche se mai appurata, portava ad attribuire il termine “amici” ad alcuni suoi vecchi compagni giacobini o del periodo napoleonico. Ma non era così. Tempo fa, nell’Archivio Storico di Massa Marittima, consultando le Carte Schneider all’interno del Fondo Gaetano Badii, ho potuto reperire un documento che finalmente può far luce sull’identità delle persone che fecero apporre quel marmo in Via Vannocci. Si tratta di un attestato, senza data, in cui il “promotore”, ingegner Augusto Schneider direttore della miniera di Caporciano, elenca con precisione le “soscrizioni collettive per le spese di una iscrizione commemorativa al merito del defunto Dottor Giacinto Vannocci, e rispettivo rendiconto di quanto ne è occorso”.66

Contribuenti:

Sig. Slo[a]ne Cav. Francesco Giuseppe, £ 33,60
Schneider Augusto, £ 10
Mori Avv. Lorenzo, £ 5
Ghilli Vincenzo, Sindaco, £ 3
Orzalesi Sacerdote Giulio, £ 2
Tassi Dott. Giuseppe, £ 2
Sarperi Giovanni, £ 2
Giani Sebastiano, £ 2
Mori Alberto, £ 2
Dello Sbarba Giovanni, £ 1,40
Il promotore: A. Schneider67

L’importo necessario alla realizzazione del “ricordo degli amici” ammontò, dunque, a 63 lire; e, come si può facilmente rilevare, fu coperto per oltre la metà dal cavalier Sloane. Motivo che trova spiegazione, oltre che nell’amicizia tra i due attestata da alcune lettere conservate in casa Vannocci,68 nel sentimento particolarmente filantropico di Sloane, che si palesava ogni qualvolta era necessario promuovere o sostenere iniziative di pubblico interesse, anche di grande rilevanza.

Dove non arrivavano gli altri – è proprio il caso di dire – arrivava lui. Fu così nella contribuzione per la lapide di Via Vannocci come lo fu per numerose altre iniziative, la più eclatante delle quali credo sia stata senz’altro la partecipazione alla spesa per il rivestimento in marmi policromi della facciata della Basilica di Santa Croce a Firenze.69

Sensibilità, nobiltà d’animo, desiderio di riservatezza fecero di lui quel personaggio di sì grande spessore, cui è impossibile non accostare Giacinto Vannocci, uomo di spicco che, pur esercitando un forte ascendente sulla popolazione, non ricercò mai di trarre vantaggio dalla sua posizione sociale.

Come medico si rivelò sia apostolo della sua professione sia apostolo del progresso sociale e civile. Un vero “angelo di civiltà e progresso”, come Agostino Bertani, medico e deputato radicale, qualche decennio più tardi ebbe a definire i medici condotti nelle campagne. Durante la prima metà dell’Ottocento, nella società rurale che si era formata, il medico condotto solitamente interpretava e coltivava il suo rapporto con il malato attraverso un esercizio professionale che era venuto ad assumere quasi un significato di missione pressoché sacerdotale.

Vannocci, che visse in quel periodo, già dagli inizi della sua carriera si era reso interprete del ruolo di “medico sociale”.

Figura che nella seconda metà del secolo, quando l’arte della medicina assunse definitivamente il valore di scienza, riprese fortemente vigore. Molti medici condotti, in quel contesto, oltre a stabilire con il malato un rapporto ricco di umanità, si spesero per dar valore alla vita dei cosiddetti “ultimi”, e non solo con la cura e il conforto bensì aiutandoli ad uscire dallo stato di miseria materiale e morale attraverso l’impegno sociale e politico. Furono, insomma, tra coloro che più si adoprarono ad accelerare il progresso.

E Montecatini, in quel secolo, non mancò certo di queste figure. Dopo il dottor Giacinto Vannocci, su cui ora possiamo esprimerci con maggiore cognizione di causa, la condotta medica di Montecatini ebbe come titolari ancora due personaggi, prima il dottor Giuseppe Tassi e quindi il dottor Goffredo Iermini,70 entrambi personalità di grande levatura, che al pari del loro predecessore contribuirono in modo determinante – naturalmente, grazie anche alle condizioni favorevoli venutesi a creare per la presenza di una florida attività mineraria, suffragata, almeno fino agli inizi degli anni Ottanta, da una gestione assai illuminata – a fare del nostro paese una delle comunità più socialmente evolute nella Toscana dell’Ottocento.

APPENDICE A

Il 5 settembre 1796, il pievano Carlo Migliacci, alla presenza di Ottaviano Luchini e Giusto Barzi “di questa Comunità”, univa in matrimonio “il Sig. Giacinto Vannocci figlio del Regio Spedale di S. Maria della Scala della città di Siena, e la fanciulla Maria Alessandra del fu Gaspero Cari oriundo di Pontremoli ma al presente della Cattedrale di Volterra”.71

Nel maggio 1797 nasceva la prima figlia, a cui furono assegnati i nomi Carolina, Margherita, Anna. Era quindi la volta di Teresa (Caterina Amalia), nel novembre 1798; poi Pietro (Santi Giovanni), nel gennaio 1802; e ancora Emilio (Ottavio Filippo), nel gennaio 1803; infine Quintilio (Giuseppe Alessio), nel novembre 1804.

Dalle trascrizioni del pievano Carlo Migliacci si rileva che testimoni del Battesimo di Carolina furono i coniugi Elisabetta e Gio. Pietro Rossi. Quest’ultimo, come abbiamo già constatato, due anni dopo nel corso della “rivolta antifrancese” sarebbe stato – al pari di Vannocci: unici due dell’intera comunità di Montecatini – “ritenuto nella sua abitazione” dal 22 luglio al 20 agosto.77 Pietro, insieme a sua nipote Barbera, fu poi testimone di Teresa; quindi Barbera, insieme al padre Lorenzo, figlio di Pietro, tenne a Battesimo anche Quintilio. Evidentemente Giacinto Vannocci era legato a Pietro Rossi e alla sua famiglia78 da un particolare legame che non poteva limitarsi certo alla comune simpatia politica e alla conseguente adesione al governo del periodo napoleonico.

Nel 1841 Giacinto rimase vedovo. Al 30 aprile di quell’anno risale infatti la morte di Alessandra; era nata nel 1770, tre anni prima del marito che le sopravviverà di dieci anni (fino al 2 luglio 1851).

Quattro anni più tardi morì anche Quintilio,81 l’ultimogenito che dal matrimonio con Elisabetta Lotti aveva avuto Benvenuto, nato il 16 gennaio 1843 e battezzato il giorno successivo dal pievano Alessandro Solaini.82

Benvenuto, a sua volta, ebbe tre figli da Cesira Musi: una femmina, Giuseppina, e due maschi, cui furono assegnati i nomi del nonno e del bisnonno paterni, Giacinto e (Pietro) Quintilio. Dall’unione con Edvige Margherita Gremigni, Giacinto ebbe poi Enzo, caduto nella Seconda Guerra mondiale, e Cesira. Cinque generazioni, attraverso le quali la famiglia del nostro cerusico, formatasi nel lontano 1796, ha attraversato, e non certo passivamente, oltre due secoli di vita della comunità di Montecatini, per esaurirsi nel 2012 con la scomparsa di Cesira.

Occorre però aggiungere che la discendenza Vannocci non si è affatto estinta: anzi, pur lontano da Montecatini, ha continuato a distinguersi nel mondo della Medicina. Da Pietro Quintilio, che come colonnello medico durante il periodo bellico e nell’immediato dopoguerra fu dirigente all’Ospedale Militare di San Gallo a Firenze, nacque infatti Cesare Vannocci (1915- 1984), primario chirurgo dell’Ospedale di Cecina negli anni Sessanta e Settanta. E ancora, da Carlo Vannocci, altro figlio di Pietro Quintilio, venne alla luce Andrea che, fedele alla tradizione familiare, esercita tuttora la professione di medico pediatra a Firenze. Oggi a Montecatini, nell’abitazione già dimora del capostipite al numero 12 di Via Giacinto Vannocci, amano soggiornare con le rispettive famiglie i figli di Cesira e dell’ingegner Vittorio Tonelli, Cesare e Maria Vittoria. Due montecatinesi autentici che, mossi da sentimento non comune, nonostante ormai da molti anni risiedano a Firenze, portano orgogliosamente nel cuore il paese delle lontane origini familiari.

APPENDICE B

Tra le vecchie carte di Casa Vannocci è stato rinvenuto un documento di autore ignoto in cui si ricorda la figura del dottor Giacinto. Una memoria, redatta con ogni probabilità nei primi anni della seconda metà dell’Ottocento, che, proprio per la provenienza sconosciuta, non aveva fino ad ora riscosso piena credibilità. In realtà, al di là di qualche piccola inesattezza, i riferimenti storici della ricerca da me condotta prima di venire a conoscenza di tale documento, vanno a confermarne la veridicità e l’attendibilità. Proprio per la sua puntualità agiografica,83 ritengo quindi interessante riprodurre integralmente questa testimonianza che, scritta tra l’altro da buona penna, va ad arricchire notevolmente la bontà e l’efficacia del mio lavoro.

Notizie relative al fu Dott. Giacinto Vannocci

Il Dr. Giacinto Vannocci, nato da Genitori Ignoti nel 1775 [1773; N.d.A.], fu dallo Spedale della Città di Siena, dato in custodia ad una famiglia di onesti Coloni, i quali abitavano presso la detta città. Fino dai primi anni rivelò animo tanto affettuoso e gentile, in special modo verso colei che gli prodigava le affettuose cure di madre, che sarebbe stato adottato per figlio da quei buoni Coniugi, se un caso certo impreveduto non lo avesse costretto ad allontanarsene.

Fra le istituzioni di che è ricca la Città di Siena, avvene una la quale ha per iscopo di togliere all’abbandono e all’ignoranza, che sono il retaggio ordinario dei poveri Gettatelli, di quello come d’ogni altro Spedale, uno di quelli infelici perché sia educato nel Seminario di San Giorgio.

Giunto il Vannocci all’età di 7 anni fu scelto fra tanti altri compagni di sventura, e collocato nel detto Stabilimento. Il separarsi dai coloni che avevano così bene sopperito con lui all’abbandono de’ propri Genitori, fu per quell’affettuoso bambino, un dolore così vivo così persistente, che bisognò prima di staccarlo da quella Casa, ov’erano concentrate tutte le sue affezioni, lasciarlo piangere e lamentarsi per qualche giorno.

Furono rapidi i progressi ch’Egli fece negli studi elementari, che fin dal bel principio dette saggio di pronto e sveglio ingegno. Si applicò con amore delle lettere italiane e latine che furono in seguito per Lui di gradito sollievo alle gravi cure della sua professione. Si applicò quindi degli studi filosofici per potere essere ammesso come studente nell’università di Siena. Ivi dedicatosi allo studio della Chirurgia, fra molti altri distintissimi ebbe a Maestro il celebre Mascagni, a cui non sfuggivano l’assiduità e l’intelligenza del giovine Vannocci.

E quali e quanto fossero solleciti i progressi negli studi elementari, nei filosofici e nella scienza che aveva preso a coltivare per professarla, vien posta in chiaro da un fatto poco ordinario cioè, che all’età di anni 21 non solamente era matricolato in Chirurgia, ma aveva anche prima già ottenuto, nel Giugno 1795, la Condotta del Comune di Montecatini Val di Cecina.

Non abbandonò i suoi prediletti studi per questi primi felici successi, che, sebbene gli fosse mancato il tempo per fare un corso regolare per abilitarsi in Medicina, pure nel Giugno 1799, subìto convenientemente l’esame nelle scienze Filosofiche e Mediche, ricevé nella Pisana Università la laurea Dottorale. Nel successivo anno 1801 fu matricolato in Medicina sebbene non avesse potuto frequentare i corsi di pratica nell’Arcispedale di S. Maria Nuova di Firenze, od altrove. I suoi ammalati, i suoi libri, e la sua mente gli dettero il modo di poter passare quella trafila di esami e di esperimenti, i quali esigono un tirocinio che la necessità d’esercitare una professione gli aveva impedito di percorrere.

Né le fatiche né il rigore delle stagioni né la stessa ingratitudine degli Uomini rallentarono in Esso quello zelo operoso e modesto, che cercava solo nell’adempimento del proprio dovere, la consolazione che deriva dal beneficare la umanità sofferente.

Aveva l’abitudine d’alzarsi sempre per tempo, ed occupatosi della educazione dei figli, finché ne abbisognarono, visitava gli ammalati del Capo Luogo prima di trasferirsi ovunque l’opera sua fosse reclamata. Ordinariamente non si restituiva alla sua residenza che la sera, e spesso a notte avanzata, senza che ciò gl’impedisse di [visitare] i suoi ammalati del Capo Luogo. Finalmente dava allo stanco corpo cibo e riposo: breve riposo però, perché parte della notte destinava allo studio. Nelle sue lunghe gite a cavallo pensava o leggeva, utilizzando così quel tempo che gli era necessario per recarsi da un luogo all’altro.

Salì così in alto il nome del Nostro Medico Filosofo Vannocci presso gli abitanti dei luoghi Limitrofi, che non vi era caso o malattia di qualche gravità che non fosse consultato. Anzi i suoi Colleghi, riconoscendone la superiorità intellettuale, lo proponevano sempre alle Famiglie, quando conoscevano la necessità di consultare persona di capacità sperimentata. Sembrerà poco credibile che nonostante il laborioso esercizio della sua professione, trovasse modo di occuparsi non solo delle scienze predilette di lettere Italiane e Latine, ma di filosofia ancor, della quale seppe molto più di tanti che la professavano. Si dilettava di scrivere versi nell’armoniosa lingua del sì e sovente ne improvvisava. La Gerusalemme del Tasso, l’Eneide di Virgilio, molti Canti di Dante, e di molti altri scrittori Italiani e Latini sapeva quasi a memoria, e si compiaceva declamarne i passi più belli. Dotato di una memoria poco comune, le cose lette riteneva e perché molto lesse, molto seppe.

Si dilettava di tradurre in versi alcuni libri dell’Eneide, e qualche romanzo francese, in prosa italiana, ma più per diletto proprio che per farsi credere uomo di lettere, e prova ne sia che niuno dei suoi lavori vide mai la luce, e che molti dei suoi lavori non gli sopravvissero perché affidati solo alla sua memoria.

Né le qualità del cuore diminuivano, come troppo spesso accade, il pregio di quelle dell’intelletto. Se bene la limitata fortuna, frutto dei suoi sudori e dei suoi risparmi, spesso gli ammalati, oltre i soccorsi dell’arte, ricevevano da lui alimenti, medicine e denari. E tutto con i modi semplici e franchi, scevri di qualsiasi ostentazione, perché mosso dal cuore sensibile e non dal desiderio di rendersi popolare.

Fu così operoso da trovar tempo anche per le occupazioni estranee alle sue ingerenze. Così al tempo del dominio Francese resse con senno la carica di Maire del Comune di Montecatini Val di Cecina. Nel 26 Agosto 1820 [6 settembre 1820; N.d.A.] fu eletto ad unanimità di voti accademico, dell’accademia dei Sepolti della Città di Volterra. A datare da quest’epoca esso occupossi continuamente della istruzione di molti giovani, alcuni dei quali appresero non solo a leggere, scrivere e l’arittemenica [sic!] ma l’amore ancora del bene ed i benefizii dell’incivilimento. Ad alcuni pochi insegnò lettere Italiane e Latine, i principi di Geometria, Geografia, Storia, Mitologia ecc. ecc. ed altre cose utili e dilettevoli.

Giunto alla grave età di anni 75 ottenne il suo riposo, lasciandogli però la facoltà di curare sempre gli ammalati del Capo Luogo. Cresciute con gli anni le infermità, godé breve spazio di tempo dei vantaggi della nuova sua posizione e prevedendo prossimo il fine della sua carriera mortale ne parlava tranquillamente agli amici. Anzi ad uno di questi, circa sei mesi prima che si spegnesse quella vita operosa, descrisse con precisione la specie di morte cui si credeva riserbato. E quel che pronosticò avvenne la mattina del 2 Luglio 1852 morendo per Sincope improvvisa. Lasciava nel dolore la famiglia non solo, ma i molti suoi amici e quanti conobbero e ammirarono le rare qualità che l’adornarono. Le sue spoglie furono deposte nel Camposanto del Castello di Montecatini di Val di Cecina, e più tardi nella Cappella Mortuaria che vi è annessa, ove [per] la riconoscenza degli abitanti [di] d[etto] Luogo vogliono [si vorrebbe; N.d.A.] collocare un modesto monumento.

In seguito fu invece applicata una epigrafe sulla porta di casa e intitolata col suo nome una Via del Paese.

Fabrizio Rosticci, FABRIZIO ROSTICCI
Giacinto Vannocci, medico condotto a Montecatini Val di Cecina, Tip. Tagete Edizioni, Pontedera
NOTE
1 ASCV preunitario, F. 442, Miscellanea 1679-1846, Compartimento di Firenze, Cancelleria di Volterra, Comunità di Montecatini, Prospetto degli Impieghi stabiliti nella detta Comunità, con la indicazione degli Appuntamenti e degli Oneri annessi a ciascheduno impiego. Impiego deliberato con “Partito del Consiglio Generale da 28 Dicembre 1831 che richiama in genere gli antecedenti. Rescritto da 27 Gennaio 1832 con approvazione del medesimo”.
2 Ibid. Per avere un’idea della consistenza della retribuzione conferita al medico chirurgo è interessante il raffronto con gli altri “Appuntamenti” riportati nel Prospetto. Camarlingo, £ 280; Donzello del Camarlingo £ 35; Donzello del Magistrato, £ 130; Medico Chirurgo, £ 1.008; Levatrice, £ 84; Maestro di scuola in Montecatini, £ 500; Maestro di scuola nel villaggio di Querceto, £ 140; Maestro di scuola nel villaggio della Sassa, £ 84; Temperatore dell’Orologio, £ 20.
3BMF, Fondo Martelli, Ms. D. 7, fasc. N, Miniera di rame. Notizie diverse 1840-1841, p. 829v.
4 Una delle opere sociali realizzate per volere degli azionisti della Società mineraria, i fratelli Orazio e Alfredo Hall, Francesco Giuseppe Sloane e Pietro Igino Coppi, che vedranno ben presto realizzarsi a Caporciano una delle prime Società operaie di mutuo soccorso del Granducato di Toscana. Ne abbiamo conferma da Gottardo Calvi, studioso coevo dei problemi del mondo del lavoro, nel suo Sulle società di mutuo soccorso esistenti in Italia, in “Rivista Europea”, n.s., a. II, 15-30 dicembre 1844, pp. 710 e seg.
5BMF, Fondo Martelli… cit., p. 824. Si veda anche Jacob Gräberg de Hemsö, Cenni storici, iponomici, e statistici sulla Miniera di rame, detta la Cava di Caporciano, presso Monte Catini nella Val di Cecina, in “Giornale Agrario Toscano”, Firenze, 1847, vol. XXI (pp. 238-262), p. 259.
6ASCV preunitario, F. 442, Miscellanea 1679-1846, Variazioni occorse al Ruolo degli Impiegati addetti al servizio della Comunità di Montecatini dal 1° giugno 1846 a tutto dicembre 1846.
7 ASCV preunitario, F. 281, Deliberazioni e Partiti, 12 settembre 1789 – 15 marzo 1797, p. 141v.
8Ibid., pp. 149v.-150r.
9 ASCV preunitario, F. 281, Deliberazioni e Partiti, op. cit., p. 154r.
10 Ibid., pp. 194v.-195r.-195v.
11 Ibid., p. 166v.
12ASCV preunitario, F. 282, Deliberazioni e Partiti, 12 settembre 1797 – 12 marzo 1802, p. 2r. e 30r.
13ASCV preunitario, F. 282, Deliberazioni e Partiti, 12 settembre 1797 – 12 marzo 1802, p. 66r. La richiesta gli fu accordata “purché venghino adempite le condizioni” pattuite; ossia la “sostituzione in suo luogo [da parte del] Sig. Dottor Luigi Tosi con l’obbligo di portarsi un giorno sì e l’altro no da Volterra a Montecatini quando il tempo di sua assenza e come in esso”.
14Il cerusicus o chirurgo, apprendeva infatti la pratica da colleghi più esperti. Era ritenuto, per dignità di mestiere e per rango, senza dubbio di grado sociale più elevato dei barbieri o barbitonsori che, fino a non molto tempo prima soprattutto nei piccoli paesi, quali esperti della forbice e del rasoio, erano chiamati ad eseguire pseudo interventi chirurgici sul corpo umano. Ma la sua figura di empirico risultava senz’altro inferiore a quella del “dottor fisico” che poteva vantare una formazione teorica attestata dagli studi universitari ed al quale, in quanto intellettuale, uomo di lettere e di letture, era precluso operare “cum ferro et igne”. La medicina operativa rientrava nella pratica manuale e meccanica e non faceva pertanto parte della dottrina: l’estirpare i mali dal corpo con l’abilità della mano e con strumenti non era tenuta in buona considerazione ed il mestiere del cerusico era di conseguenza poco apprezzato. Nasceva alla fine del Settecento la figura del medico-chirurgo moderno, formato sia nelle aule universitarie che nelle corsie ospedaliere, sia da letture magistrali che da tirocinio pratico. Le istituzioni universitarie si trasformarono. Furono istituite le cattedre di anatomia-chirurgica e quella medico-chirurgica; si riqualificò, così, la chirurgia: non più competenza tecnica di cerusici ma vera disciplina scientifica per medici. E si riavvicinarono, fino a sovrapporsi, le figure, in passato contrapposte, del medico fisico-filosofo, erudito e dotto, e quella dell’empirico-chirurgo (o cerusico), esperto in manualità terapeutiche.
15 Il rilascio della licenza d’esercizio a quanti praticavano arti sanitarie controllate dal Collegio Medico, prevedeva per i chirurghi due livelli. La patente in Chirurgia de gravibus (per la pratica delle operazioni più difficili) per il medico-chirurgo e quella in Chirurgia de levibus (per le operazioni di routine) per il cerusico: per la prima era obbligatorio il corso universitario di anatomia, per la seconda era richiesto l’attestato di praticantato per tre anni di un ospedale.
16 Giovanni Antonio e Pietro Pecci, Giornale Senese (1715-1794), a cura di Elena Innocenti, Gianni Mazzoni, Monteriggioni (Si), 2000, p. 294. Si veda anche Girolamo Gigli (1660-1722), Diario senese (o sanese), Siena, 1854 (pubblicazione postuma), vol. I, p. 116. “[…] un Seminario istituito da Federigo Soleti, e dotato, nel quale stanno ad educazione alcuni figliuoli dello Spedale stesso, servendo principalmente in abito di Chierici alla Chiesa, ed applicando agli studj; dai quali spediti più presto, o più tardi secondo la loro abilità, altri passano agli Ordini sacri, altri al servizio dello scrittojo, o delle Grance […].”.
17 “È stato a questo [di San Giorgio] riunito in quest’anno 1784 in parte il Seminario Soleti situato da prima in Via de’ Fusari per andare al duomo e fondato in sollievo e vantaggio del Regio Spedale dalla Fel. Mem. del Sig. Federigo Soleti computista stato generale della Camera apostolica al tempo del pontificato di Urbano VIII fin dal 1645, con essere state riunite le sue entrate a quelle del predetto Spedale”. Cfr. Giovacchino Faluschi, Breve Relazione delle cose notabili della città di Siena, Siena, 1784, p. 146.
18 Maurizio Sangalli (a cura di), Il Seminario di Siena da arcivescovile a regionale: 1614- 1953 1953-2003, Soveria Mannelli (Cz) – Roma, 2003, p. 54.
19Ibid., p. 54, nota 148.
20 Maurizio Sangalli (a cura di), Il Seminario di Siena da arcivescovile a regionale, op. cit., pp. 144, 321-322.
21Giuseppe (Gaetano) Incontri nel 1806, a soli 33 anni, sarebbe stato nominato vescovo di Volterra, e tre anni dopo avrebbe conferito la Tonsura al nobile studente del collegio volterrano di San Michele, Giovanni Maria Mastai Ferretti, futuro papa Pio IX.
22 Filippo Gori, Parole di lode alla memoria di Monsignore Giuseppe Gaetano Incontri vescovo di Volterra dette il giorno della deposizione di lui decimo d’aprile 1848 dal canonico Filippo Gori, Volterra, 1848, pp. 8-9.
23 Scienza filosofica e scienza medica unite in virtù di una concezione aristotelica del sapere naturalistico. Potevano allora esser conferite sia la Laurea in Medicina e Filosofia che quella in Chirurgia. La discussione della Tesi per i laureandi in Medicina e Filosofia prevedeva due dissertazioni: l’una su un passo di Ippocrate, l’altra sulla Fisica di Aristotele; faceva quindi seguito una disputa su tali argomenti e in ultimo veniva sottoposto al candidato un caso di malattia. La Laurea in sola Chirurgia contemplava dissertazioni su argomenti specifici sia di Ippocrate che di Galeno.
24 Francesco Torrigiani (o Torregiani), docente dal 1786 e quindi dal 1817 al 1831 professore emerito di Medicina clinica nella Università di Pisa, protomedico dell’I. e R. Corte, proposto del Collegio Medico fiorentino, nonché cavaliere dell’Ordine di San Giuseppe dal 1818 (Cfr. Alessandro Panajia, Ordine del Merito sotto il titolo di San Giuseppe, Pisa, 2000, p. 47), fu autore del trattatello Della Febbre gialla, Pisa, 1805. Cfr. “Almanacco della Toscana per l’anno 1819”, p. 310.
25Danilo Barsanti, Lauree dell’Università di Pisa, 1737-1861, Commissione rettorale per la storia dell’Università di Pisa, Pisa, 1995, vol. I (1737-1826), p. 203, riferimento n. 3817.
26 ASCV preunitario, F. 282 cit., pp. 71-72r.
27 In ASF preunitario, Carte Gianni, miscellanea, F. 9, ins. 126, a. 1799, è riportata la nota dei patrioti toscani (ossia giacobini) perseguitati. Vi figurano diversi medici, religiosi, amministratori comunali, bibliotecari, impiegati pubblici, georgofili, maestri di scrittura, anche alcune donne. Molti furono condannati al carcere e alla berlina, ma anche esiliati e privati dell’impiego. Un totale di 102 persone, alle quali devono essere aggiunti 5 o 6 patrioti bruciati a Siena all’albero della libertà.
28 Sugli accadimenti del 1799 a Volterra e dintorni, si veda Mario Battistini, Il 1799 in Volterra. Note e appunti, Volterra, 1918 e Il 1799 a Volterra, in Nel Maschio di Volterra, Pescia, 1926 (entrambi i testi sono ora riuniti in Mario Battistini, Ricerche Storiche Volterrane, a cura di Angelo Marrucci, Pisa, 1998, pp. 184-198 e pp. 559-563). Oppure Paolo Ferrini, La rivolta antifrancese del 1799, in “Rassegna Volterrana”, a. LXX, 1994, pp. 376-390.
29 ASCV preunitario, F. 85 Rossa, Governo Francese 1797-1814, “Registro dei detenuti, corresponsaod arrestati, in questa città di Volterra”. Pietro Rossi fu ritenuto nella sua abitazione dal 22 luglio al 20 agosto; di Giacinto Vannocci non è invece riportata la data del rilascio.
30Altri due simboli francesi sono presenti a Montecatini sopra le porte di accesso di due abitazioni in Via delle Torricelle: in una presumibilmente risiedeva la famiglia Sarperi (fam. n. 51), nell’altra Giuseppe Giovannini (fam. n. 52). Cfr. ASCV preunitario, F. 307, Miscellanea, “Stato dell’Anime della Cura di S. Biagio di Monte Catini di Val di Cecina del 1808”, compilato dal pievano Carlo Migliacci, p. 11. Alla Francia napoleonica richiamavano inequivocabilmente anche i cippi piramidali posti agli angoli del muro di cinta del vecchio camposanto, la cui costruzione era iniziata nel 1789. Con la piramide, simbolo già per gli antichi Egizi dell’eternità, della connessione tra terra e cielo, di perfezione – che come rappresentazione dell’Oltretomba è decisamente una immagine neoclassica – e poi soprattutto figura di esoterismo ed emblema prediletto dalla massoneria, qui probabilmente si intese sublimare la grandezza napoleonica dopo la campagna d’Egitto del 1798-1799.
31 ASCV preunitario, F. 282 cit., p. 99v., Adunanza del 18 marzo 1800.
32 Ibid., pp. 109v.-110r.
33ASCV preunitario, F. 282 op. cit., p. 141v. Adunanza del 13 aprile 1801.
34 Ibid., pp. 187r.-187v. Adunanza del 3 novembre 1802. Vannocci per ottenere l’assenso ad assentarsi, si assunse l’onere di farsi sostituire dal “Dott. Angelo Del Torto attual Medico di Lajatico”.
35 Per potersi “matricolare” era previsto un esame da svolgersi davanti ad una commissione formata da un protomedico e quattro esaminatori; il candidato doveva rispondere per scritto a quattro quesiti: un caso particolare, una questione relativa alle febbri, un caso di malattia di donne o bambini, proprietà dei farmaci.
36 L’ASCV preunitario conserva numerose lettere del maire Vannocci. Sul periodo francese si consulti Ivan Tognarini (a cura di) La Toscana nell’età rivoluzionaria e napoleonica, Napoli, 1995, oppure Marco Cini, Volterra francese. Finanze pubbliche, imposte e produzioni negli anni napoleonici, Pisa, 2007, dove Giacinto Vannocci è più volte citato.
37Si veda, ad esempio, la petizione da lui inviata nel maggio 1812 alla granduchessa Elisa per protestare contro l’ingiusto aggravio della contribuzione fondiaria stabilita dal Consiglio di Circondario sulla Comune di Montecatini. È riportata in Marco Cini, op. cit., pp. 113-114.
38 A seguito di un furto con effrazione, i discendenti di Giacinto sono stati costretti a trasferire altrove gran parte degli oggetti più preziosi dell’abitazione di Via Vannocci che, strutturalmente pressoché inalterata, fino a poco tempo fa custodiva moltissime testimonianze ed elementi rivelatori della personalità del progenitore.
39 ASCV preunitario, F. 442, Miscellanea 1679-1846, cit.
40 ASCV preunitario, F. 307, Miscellanea, “Stato dell’Anime della Cura di S. Biagio di Monte Catini di Val di Cecina del 1808” cit., p. 7.
41 ASP, Catasto Leopoldino, Sez. D, Foglio 37, Comunità di M.te Catini di Valdicecina, Del Castello in un sol Foglio dal n. 1 al n. 292 levato con Scala da 1 a 1250 da Giuseppe Magheri Geo.tra Second.rio. Terminato sul terreno, lì 30 giugno 1820. Vedi anche Moira Taddei, Montecatini Val di Cecina. Il paese del rame, Pisa, 2003, p. 39. Da ASCV preunitario, F. 284, Deliberazioni e Partiti, 15 marzo 1805 – 2 maggio 1808, risulta che in data 30 luglio 1805, su sua richiesta, venne concesso al dottor Vannocci di “abitare la casa che serve per comodo del Notaro Civile, allorché si porta a Monte Catini per affari riguardanti il di lui Ministero”.
42Dopo il censimento del 1861, Via della Pietraja scomparirà dalla toponomastica per delprendere il nome del medico Giacinto Vannocci.
43Emanuele Repetti, Dizionario geografico fisico storico della Toscana contenente la descrizione di tutti i luoghi del Granducato, Ducato di Lucca, Garfagnana e Lunigiana, Firenze, 1839, vol. III, p. 351. L’abitazione di Giacinto Vannocci
44 Giuseppe Giulj, Storia naturale di tutte le acque minerali di Toscana ed uso medico delle medesime, Siena, 1835, tomo VI, pp. 5-38.
45 “Il medico Vannucci [Vannocci] accenna di avere avuto giovamento notabile e costante usando quest’acqua nella cura dei reumi e delle artritidi, – e il professor Giulj crede che potrebbe giovare anche per sanare le malattie della cute. Si adopera per bagno essendo il suo sapore troppo disgustoso per amministrarlo per bocca”. Cfr. Luigi Marieni, Geografia Medica dell’Italia. Acque minerali, in Aa.Vv., L’Italia sotto l’aspetto fisico, storico, artistico e statistico. I trattati speciali sull’Italia, parte II, Milano, 1870, p. 326.
46 Attilio Zuccagni Orlandini, Ricerche statistiche sul Granducato di Toscana, Firenze, 1852, tomo III, p. 230. Zuccagni Orlandini (1784-1872) fu autore di importanti opere: Atlante geografico, fisico e storico della Toscana (1828-1832); Corografia fisica storica statistica dell’Italia (1835-1845); Ricerche statistiche sul Granducato di Toscana (1848-1855). Antonio Perone, Dizionario universale topografico storico fisico-chimico terapeutico delle acque minerali e delle precipue mofette, e fumane di terreni evaporanti, ed emettenti fango, fino ad ora conosciute in tutte le province italiane, preceduto da considerazioni generali sulle acque dolci, marine e minerali, colle norme per usarne, Napoli, 1870, pp. 577-578 (qui Perone, medico chirurgo ispettore sanitario militare, riporta il nome Vannozzi anziché Vannocci).
47Di Sloane è ancora conservata in casa Vannocci una copia (inf.) dell’Annuaire Encyclopedique, reacréatif et populaire, pour 1844, donata all’amico Giacinto con questa dedica: “Al Dottor Vannucci augurandogli il buon Capo d’anno, F.J. Sloane”.
48 Su Louis Porte, nato a Tolone nel 1779, si veda Alberto Riparbelli, Luigi Porte e la ‘sua’ Maremma nel primo Ottocento (1779-1843), da I Lorena e la Maremma, in “Bollettino della Società Storica Maremmana”, 1987, pp. 151-162.
49 Su Paolo Mascagni si veda Francesca Vannozzi, La scienza illuminata. Paolo Mascagni nel suo tempo (1755-1815), Siena, 1996.
50 Nelle “sale anatomiche dello Spedale di Santa Maria della Scala [… (dove Vannocci aveva svolto il suo praticantato)] gli studj e i corsi pubblici della Medicina e della Chirurgia” [quando ancora si considerava la “Chirurgia ancella quasi della Medicina”], furono “mirabilmente sostenuti e diretti da Mascagni”. S. Gabbrielli, Spedali Riuniti di S. Maria della Scala, in Aa.Vv., Siena e il suo territorio, Siena, 1862. E quei corsi di anatomia non risultarono affatto vani: nell’agosto del 1807 fu finalmente accolta l’istanza con la quale Vannocci lamentava “non esistere alla Stanza mortuaria un tavolino all’oggetto di poter eseguire le sezioni di Cadaveri all’occorrenza” (ASCV preunitario, F. 284 cit.).
51 Solo due mesi più tardi ricevette la nomina di professore di anatomia nello Studio pisano e quindi l’incarico di tenere lezioni di anatomia, fisiologia e chimica anche nell’arcispedale di S. Maria Nuova in Firenze, dove era attiva una scuola medico-chirurgica. Cfr. Stefano Arieti, Dizionario biografico degli italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 2008, vol. 71, ad vocem.
52 Relativamente all’esperienza francese, una certa correlazione potrebbe essere riscontrata anche con altri azionisti della Società mineraria. Con Pietro Igino Coppi, per esempio, che era figlio di Luigi Leonardo, già maire di Livorno e membro del Consiglio Generale del Dipartimento del Mediterraneo. Oppure con Orazio Hall che, come amico, finanziatore e patrocinatore, si era alacremente adoperato per risollevare le sorti di Lorenzo Bartolini, di idee giacobine mai abiurate, caduto fortemente in disgrazia dopo la Restaurazione, tanto da essere oggetto di azioni di rappresaglia e quindi escluso da qualsiasi committenza. Cfr, Fabrizio Rosticci, L’oratorio della miniera, Pisa, 2011, p. 3.
53 Il dottor Vannocci fu insignito del titolo di accademico nell’assemblea di Seggio del 6 settembre 1820. Cfr. Renato Galli, Magistrature e Soci dell’Accademia dei Sepolti dal 5 marzo 1597 al 15 ottobre 1976, in “Rassegna Volterrana”, a. XLII-LIII, 1977, p. 99. Consolo dell’Accademia era allora Gherardo Bardini Maffei, gonfaloniere di Volterra dal 1817 ed ex maire come Vannocci; alla sua morte, nel novembre 1820, alla guida del Seggio accademico fu nominato il vescovo Giuseppe Gaetano Incontri, nei primi anni Ottanta del Settecento allievo del Seminario arcivescovile senese insieme al nostro medico. Giacinto Vannocci fu il primo (e per molti anni, l’unico) montecatinese ad essere ammesso tra i Sepolti.
54 Convinto assertore della vaccinazione antivaiolosa proposta nel 1796 da Jenner, Sacco (1769-1836), utilizzando come vaccino un ceppo di vaiolo bovino isolato da vacche provenienti dalla Svizzera, ne diffuse l’uso capillare nella Repubblica Cisalpina ad iniziare dal 1799. Oltreché a Milano, dove vaccinò circa 8.000 bambini, organizzò un efficace sistema di vaccinazione anche in altre città, tra cui Firenze. Autore di importanti trattati, sull’esperienza fiorentina pubblicò il Rapporto delle vaccinazioni fatte in Firenze dal Dott. Luigi Sacco medico-chirurgo, direttor generale della vaccinazione nel Regno Italico, e medico primario nell’Ospedale Maggiore di Milano letto nell’occasione che fece il solenne esperimento di controprova col vajuolo umano nel R. Spedale Degl’Innocenti di Firenze, a cui vi si è aggiunto anche il voto dell’eccellent.mo Collegio medico-chirurgico, Firenze, 1805.
55 Considerato il padre dell’immunizzazione, Jenner (1749-1823), aveva constatato che le persone infettate dal vaiolo bovino – ossia delle bestie vaccine, da cui la denominazione vaccino – divenivano immuni da quello umano; l’inoculazione del vaiolo vaccino non provocava poi alcuna complicazione se non la temporanea comparsa di alcune pustole nelle braccia.
56 Influenzata probabilmente dalle idee di Henri-Marie Husson, segretario del “Comité Central du Vaccine” di Parigi, che nel 1805 aveva compiuto un viaggio in Italia a seguito della stessa Elisa entrando in contatto con gli ambienti scientifici pisani e senesi, con Decreto del 25 dicembre 1806 la principessa impose l’obbligo della vaccinazione antivaiolosa ai bambini residenti nel Principato. La sua fu una scelta illuminata – prima del genere in Europa – tanto da procurarle il plauso dei maggiorenti della scienza europea. Cfr. Tiziano Arrigoni, La scienza al governo. Elisa Bonaparte e il Principato di Piombino, in Tiziano Arrigoni (a cura di), I segni di Elisa. Scienza e governo del territorio nel Principato napoleonico di Piombino, Pisa, 2006, pp. 24-25. Maggiori dettagli in Yves-Marie Berce, L’introduction de la vaccination antivariolique en Toscane 1801-1815, in Ivan Tognarini (a cura di), La Toscana nell’età rivoluzionaria… cit., pp. 595-611.
57 Cfr. Gabriele Paolini, Un Municipio e la sua gente: Guardistallo tra ’700 e ’800, Pontedera, 2003, p. 31, nota 72. Naturalmente la vaccinazione non era pratica impositiva; l’obbligo in Italia fu sancito solo con la Legge Crispi-Pagliani del 22 dicembre 1888.
58 Alla tradizione del mondo accademico pisano può essere ascritta, tra l’altro, la presenza, prima come studente poi come titolare della cattedra sia di Medicina teorica che di Medici na pratica, di Angelo Gatti (1724-1798), colui che riuscì ad imporre, con successo ma suscitando grandi polemiche, la variolizzazione a scopo profilattico. Un metodo che ebbe poi ampia diffusione in Francia e più tardi anche in Italia, consistente nell’inoculazione nel soggetto da immunizzare di materiale prelevato da lesioni vaiolose in ammalati non gravi. Una pratica non immune da rischi che fu abbandonata con la diffusione del vaccino di Jenner. La positiva battaglia sull’innesto del vaiolo, attestata dalla notevole fortuna che accompagnò la pubblicazione dei suoi trattati, permise ad Angelo Gatti di sferrare un più generale e deciso attacco illuminista contro la medicina tradizionale, la classe medica ed i suoi interessi economici, denunciando la vacuità di certe teorie coeve e la loro pretesa di definire dogmaticamente le cause dei fenomeni quando gli stessi fenomeni risultavano incomprensibili.
59 Tale dimostrazione fu il cavallo di battaglia anche di altri “pionieri” della vaccinazione. Ed anche di personaggi che non godevano certo fama di “illuminati”: come ad esempio – qualche anno più tardi – il conte Monaldo Leopardi (padre di Giacomo) che, primo ad introdurre il vaccino Jenner nello Stato Pontificio, lo fece sperimentare sui propri figli e poi, da gonfaloniere di Recanati, rese obbligatoria la vaccinazione alla cui esecuzione era uso provvedere personalmente.
60ASF, Camera delle Comunità, F. 1267. Si veda anche Alberto Riparbelli, Storia di Montecatini Val di Cecina e delle sue miniere, Firenze, 1980, pp. 98-99, da cui si ricava pure che “centoventiquattro furono i bambini vaccinati dal 6 aprile 1835 al 6 aprile dell’anno seguente. Inutili risultarono le sei vaccinazioni fatte alla piccola Santi Sarperi di 3 anni per essere il vaiolo già in stato avanzato”.
61 Dallo “Stato d’Anime della Cura di Montecatini Val di Cecina del 1846” (in APM), risulta che Giacinto Vannocci, vedovo, viveva nella sua abitazione di Via della Pietraja insieme alla figlia Teresa, alla nuora Elisabetta Lotti, vedova di Quintilio (già aiuto cancelliere al Ministero del Censo, poi pretore a Lari), e al nipote Benvenuto di anni tre.
62ASP, Prefettura di Pisa, Affari speciali dei Comuni, B. 63, inv. 27, s. I, Volterra-Montecatini, Affari del 1850. Estratto del libro Deliberazioni della Comunità di Montecatini di Val di Cecina dell’anno 1850, Riunione del 27 maggio 1850, Oggetto della Delibera: Pensione al medico chirurgo condotto Dott. Vannocci e stabilimento della condotta in diverso modo. Con la stessa Delibera “stabiliscono ed in quanto occorra confermano l’istituzione della condotta medico chirurgica con cura gratuita a tutti indistintamente gli abitanti della comunità tanto in medicina che in chirurgia, [per] gli esposti, i militari distaccati, e dovrà prestarsi alla inoculazione del vaccino gratis, come alla assistenza delle pazienti povere, e miserabili e dalle altre potrà percepire un emolumento proporzionato alla loro condizione economica: non potrà assentarsi […], né pernottare fuori di condotta senza il permesso del Gonfaloniere che è autorizzato ad accordar[…] per giorni tre, e per un più lungo periodo rimarrà alla facoltà del collegio dei Priori. Volendo il medico chirurgo renunziare la condotta, dovrà accordare alla comunità tre mesi di tempo perché possa provvedersi, come altrettanto tempo dovrà esserle assegnato dalla comunità quando non sia soddisfatta di lui e tutto ciò approvano e ratificano con partita di voti favorevoli 12, contrari 1. Successivamente fu sottoposta a partita che se il titolare della condotta debba ritenere l’obbligo di far venire a suo posto altro medico chirurgo nei casi di propria impotenza causata da malattia, e fu dichiarato affermativamente con voti favorevoli 10, contrari 3”.
63 Ibid.
64Moira Taddei, op. cit., p. 48, nota 81 (da ASCM, F. 15, Del. 87).
65 La realizzazione del piccolo camposanto si impose dopo la riforma ecclesiastica di Pietro Leopoldo, che aveva concentrato i suoi primi interventi proprio sulle consuetudini funerarie. Una circolare del 1780, considerando insalubre l’usanza di utilizzare come luoghi di sepoltura i chiostri e gli interni delle chiese aperte al culto e poste nell’area urbana, consigliò di realizzare cimiteri a sterro fuori da essa; una successiva disposizione del luglio 1783 rese poi obbligatorio tale consiglio. Quindi anche a Montecatini, il cui camposanto si trovava in uno spazio retrostante la canonica della pieve di S. Biagio, si dovette pensare alla realizzazione di un cimitero suburbano. Iniziata nel 1789, la costruzione fu ultimata probabilmente una decina di anni più tardi, in un’area di circa 168 metri quadri situata ad una distanza di m. 26,30 dalle abitazioni (Cfr. ASCM, F. D/1, Carteggio 1866-1867, fasc. 3). Non ebbe però lunga vita: nella seconda metà degli anni Sessanta, proprio per le dimensioni ridotte, ormai insufficienti, e per l’eccessiva vicinanza all’abitato, le nuove direttive in materia igienico-sanitaria sancirono l’inadeguatezza del cimitero e imposero la costruzione di uno nuovo. L’attuale cimitero, messo in progetto nel 1866, una volta superate varie difficoltà sia di carattere economico che legate alla scelta più opportuna dell’ubicazione, fu portato a compimento nel 1873 su un terreno della Fattoria di Sorbaiano, ceduto al Comune a titolo di favore da Alberto Inghirami. Fu quindi in quella data che il vecchio camposanto cessò la sua funzione.
66 ASCMMa, Fondo Badii, B. 76, Carte Schneider, n. 2, Miniera di Montecatini, Carteggio, minute e inventari, Doc. s.d. (la voce “Sindaco” accostata al contribuente Vincenzo Ghilli, lascia supporre che il documento risalga agli inizi degli anni Sessanta del 1800).
67 Riporto di seguito alcune brevi note sugli “amici” di Giacinto Vannocci. – Francesco Giuseppe Sloane (figlio di un banchiere scozzese, nacque a Roma nel 1794; morì a Firenze nel 1871), dopo essere stato a servizio come precettore in Casa Boutourline (Si veda Fabrizio Rosticci, Il conte Dmìtrij Petròvič Boutourline a Montecatini Val di Cecina, San Miniato-Pisa, 2008), nel 1837 entrò nella società dei fratelli Hall per la gestione della miniera di Caporciano e ben presto ne divenne maggiore azionista. Fervente cattolico e grande mecenate, alla sua morte lasciò l’ingente patrimonio derivato dai proventi di Caporciano ad un esponente di minore età della famiglia Boutourline. Su di lui si veda Gianluca Salvatori, Spall. Vita e virtù di Francis Joseph Sloane scritte da Gianluca Salvatori per sé stesso e da lui licenziate ad uso delle persone colte e degli studiosi di storia fiorentina, Firenze, 2008, e Fabrizio Rosticci, Pio IX tra Firenze e Volterra e la munificenza di un personaggio poco noto: Francis Joseph Sloane, in “Rassegna Volterrana”, a. LXXXVI, 2009, pp. 149-208. – Augusto Schneider (nato a Freyberg in Sassonia nel 1802, morì a Firenze nel 1874), ingegnere montanistico, direttore della miniera di Caporciano dal 1828 al 1873, fu consigliere comunale e operaio della chiesa di S. Biagio. Il suo nome è indissolubilmente legato alla storia della miniera e della comunità di Montecatini; dopo la morte, gli fu intitolata una piazza attigua a Via delle Miniere, oggi Via Roma. Su di lui si veda Aroldo Schneider, La Miniera cuprifera di Montecatini Val di Cecina, Firenze, 1890, p. 45. – Lorenzo Mori (nato nel 1817 da Vincenzo e Anna Nelli; morì nel 1901), avvocato, possidente, residente a Torri. Sposato con Angiolina Salvi Cristiani, ebbe due figli, Giulia e Guido, futuro generale. – Vincenzo Ghilli (nato nel 1827 da Francesco e Carlotta Rossi), farmacista, possidente, fu gonfaloniere e poi sindaco. Sposato con Matilde Schneider, figlia di Augusto, una volta rimasto vedovo si trasferì a Firenze. – Giulio Orzalesi (nato nel 1820 da Carlo), sacerdote, maestro elementare, possidente. – Giuseppe Tassi (nato a Pisa nel 1834 da Amabilia Viti e Pietro; morì nel 1897), medico condotto di Montecatini e delle miniere, coniugato con Elvira Wolf, repubblicano e anticlericale, fu a lungo corrispondente del settimanale democratico “Volterra”. Successore di Giacinto Vannocci, fu titolare della condotta medica di Montecatini per moltissimi anni, fino alla morte. – Giovanni Sarperi (nato ca. nel 1818 da Veronica e Biagio), possidente, residente a Ligia, fu consigliere comunale. – Sebastiano Giani (nato a Volterra nel 1811 da Valentino), possidente, fratello degli ingegneri Eugenio e Adriano, era concessionario di rivendita di generi di privativa. – Alberto Mori (nato nel 1814 da Sebastiano ed Emilia Sarperi), possidente, coniugato dal 1845 con Elvira Mori (di Francesco e Angiola Mannucci); fu consigliere comunale e camarlingo. – Giovanni Dello Sbarba (nato nel 1819 da Luigi e Maria Rossi), capo-fabbro in miniera, fu consigliere comunale e operaio della chiesa di S. Biagio.
68Fin dall’ingresso nella Società dei fratelli Hall, Sloane si immerse con zelo impareggiabile nell’impresa, e nei suoi primi dieci anni da azionista soggiornò a lungo presso la Cava di Montecatini, sia per seguire da vicino l’evolversi della coltivazione del giacimento sia per dar vita al villaggio minerario di Caporciano. Ebbe quindi modo di frequentare, familiarizzare ed apprezzare le qualità e gli interessi del medico Giacinto Vannocci, al quale, peraltro, non avrà mancato di far conoscere i numerosi illustri visitatori della miniera che, proprio in quegli anni, si stava rivelando come la più importante d’Europa. E tra le varie celebrità con cui Vannocci sarà entrato in contatto, difficile non pensare allo scultore pratese Lorenzo Bartolini, vecchio giacobino e partigiano di Napoleone, che dal 1840 al 1845 lasciò a Montecatini alcune importanti opere commissionategli da Sloane e/o Orazio Hall. Cfr, Fabrizio Rosticci, L’oratorio… cit., pp. 40-47.
69 I lavori alla Basilica di Santa Croce presero avvio nell’agosto 1857 – fu papa Pio IX, in visita a Firenze, ad effettuare la posa della prima pietra – per concludersi nel 1863, con la solenne inaugurazione del 3 maggio. Alla spesa complessiva per la decorazione della facciata, che ammontò a circa 558.000 lire, Sloane contribuì con oltre 400.000 lire toscane. Una cifra enorme, soprattutto se paragonata al contributo di 7.000 lire offerto dal ricco principe Demidoff o alle 45.000 lire offerte dall’intera famiglia granducale, delle quali furono anticipate 40.000 dallo stesso Sloane. Cfr. Fabrizio Rosticci, Pio IX tra Firenze e Volterra… cit., pp. 159-164.
70Sul dottor Giuseppe Tassi non mi dilungo, avendo già accennato in nota 65. Di Goffredo Iermini, o Jermini, [Cetona (Si), 1862 – Piombino (Li), 1925], medico socialista, è da dire che fu a lungo protagonista della vita politica, non solo di Montecatini Val di Cecina dove, come responsabile della condotta medica e dell’ambulatorio della miniera di Caporciano, soggiornò dal 1896 al 1911, ma dell’intera regione. Fu corrispondente assiduo di varie testate socialiste, da “La Martinella” a “Il Martello” a “La Fiamma”, e autore di numerosi articoli di fondo che usava siglare come Dott. Iego. Di Ivan Tognarini un suo profilo in Franco Andreucci, Tommaso Detti, Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico, 1853-1943, vol. II, pp. 623-627.
71ASDV, Libri Parrocchiali, Montecatini Val di Cecina, Pieve di S. Biagio, F. 486, Libro dei Matrimoni dal 1768 al 1809.
72 ASDV, Libri Parrocchiali, Montecatini Val di Cecina, Pieve di S. Biagio, F. 479, Libro dei Battesimi, nati dal 1768 fino al 1809, 5 maggio 1797.
73 Ibid., 25 novembre 1798.
74 ASDV, Libri Parrocchiali, op. cit., 24 gennaio 1802.
75 Ibid., 13 gennaio 1803.
76 ASDV, Libri Parrocchiali, op. cit., 19 novembre 1804.
77 Episodio citato sup.
78Nel 1808, sia Alessandra che Pietro risultano scomparsi. La famiglia Rossi, indicata dal pievano Migliacci con il numero 78, era allora composta da Lorenzo (possidente), dalla moglie Diomira e dai figli Barbera, Carlotta e Orazio Biagio. Cfr. ASCV preunitario, F. 307, Miscellanea, “Stato dell’Anime della Cura di S. Biagio di Monte Catini di Val di Cecina del 1808”, cit.
79APM, Registro dei morti, dall’anno 1809 al 1875.
80 APM, Registro dei morti, op. cit.
81 Ibid.
82 APM, Registro dei battezzati, dal 26.VI.1809 al 25.V.1875.
83 Con ogni probabilità l’autore aveva conosciuto personalmente il dottor Vannocci o quantomeno avrà potuto avvalersi di ricordi e di testimonianze dirette.