La Banda della Miniera di Caporciano

La miniera di Caporciano, grazie all’accorta gestione Sloane e alle competenze tecniche dell’ingegner Augusto Schneider, aveva raggiunto il suo apice nell’esercizio 1859-1860 con una produzione di oltre 3000 tonnellate di rame (nei primi anni di gestione della Ditta Fratelli Hall & Soci si superavano di poco le 300 tonnellate annue).

Un’impresa che si era rivelata davvero un ottimo affare per gli azionisti Hall, Sloane e Coppi: tanto che i mineralogisti del tempo erano concordi nel considerare il giacimento cuprifero di Montecatini come il più ricco d’Europa.

Ma sul finire degli anni Sessanta, per una serie di motivi, non ultimo la morte di Orazio Hall e l’età ormai avanzata di Francesco Giuseppe Sloane nonché una gestione tecnica non sempre solerte (Augusto Schneider era ormai quasi settantenne), si aprì un periodo di crisi con un forte progressivo declino della produzione che toccò il minimo storico nel 1873 con sole 187 tonnellate di minerale estratto.

Ciò produsse molte incertezze sul proseguo dell’attività estrattiva di Caporciano, il cui filone sembrava esser prossimo all’esaurimento.

Lo sconforto che aleggiava non solo tra i minatori ma nell’intero paese è facilmente immaginabile. Per ricreare un po’ di fiducia nell’ambiente, fu perciò provvidenziale l’entusiastico attivismo di Demetrio Boutourline che, come tutore del figlio Augusto titolare dell’eredità Sloane, nel 1873 aveva assunto la gestione della Società mineraria.

Visto da tutti un po’ comesalvatore della patria”, ebbe l’aperto sostegno anche del settimanale democratico “Volterra”, primo e fino al 1882 unico organo di stampa del circondario.

Avvalendosi di collaboratori fidati e competenti, questi, nonostante i vari ostacoli che si frapposero, avrebbe poi dato impulso ad una certa ripresa, tanto che il trend produttivo tornò a risalire a valori soddisfacenti, molto vicini al periodo ante crisi, con un valore massimo di produzione corrispondente a circa 2185 tonnellate nel 1877.

Ma è indubbio che l’apprezzamento di cui il conte godeva, derivava sì dalla ripresa produttiva dello stabilimento minerario ma anche dalla sua energia, dal suo protagonismo e dalla sua quantomeno apparente bontà d’animo.

Demetrio Boutourline presenziava a qualsiasi manifestazione si tenesse nel paese, dalla festa dei Ramai a quella di Santa Barbara o a quella della Madonna di Caporciano, ma anche alle premiazioni scolastiche o al carnevale. E con lui prendevano parte attiva anche i familiari, «la Nobil Famiglia Boutourlinn» che – come amava evidenziare Falco su “Volterra”«oltre ai tanti vantaggi materiali incontrastabili per il paese, ne ha portati anche dei morali». Soprattutto la contessa Anna, «la Nobil Donna che è la gentilezza personificata», ma anche i figli non fecero venir meno il loro apporto alle manifestazioni ed ai festeggiamenti paesani. E spesso si ritrovarono interpreti di parti teatrali nella compagnia del Teatrino della Miniera, oppure animatori di spettacoli di vario genere: trattenimenti che immancabilmente venivano allietati dalla Banda della Miniera, che non mancava mai di proporre i suoi pezzi forti: la Marcia Boutourline e l’Inno a Preghiera dei Minatori.

E a proposito della Banda, già conosciuta fin dai primi anni Quaranta e presente a Volterra nell’agosto 1857 durante la visita di Pio IX (dove non passò certo inosservata, se fu ricordata con particolare simpatia nell’opera “Pio Nono ed i suoi popoli nel MDCCCLVII. Ossia Memorie intorno al viaggio della Santità di N.S. Papa Pio IX per l’Italia centrale”, Roma, 1861, tomo II, p. 344), credo non sia arduo immaginare la soddisfazione procurata dalla sua partecipazione alla Festa di San Giovanni a Firenze, voluta e organizzata dal Boutourline con tutti i crismi del caso.

Su “Volterra”, a. VI, n. 27 del 7 luglio 1878, Falco (ossia Giuseppe Tassi, medico condotto di Montecatini) ci fa partecipi di questo spassoso evento:

NOTIZIE DI CIRCONDARIO

“Come i nostri lettori avranno già appreso dai giornali di Firenze, la Banda dei minatori a spese del Nobile Conte Boutourline, fu condotta in quella città per le feste di San Giovanni, vestita della caratteristica divisa del minatore, fatta espressamente per tale occasione. Credo che non dispiacerà ai lettori benigni, e non irosi, del Volterra, di avere una descrizione di questo vestiario, il quale si rende nuovo, ed esce dalla monotonia delle uniformi che si fanno per tante bande. I musicanti hanno tutti una blouse, con un bavero che dal collo scende fino alle spalle, chiamato dai minatori tedeschi Kitel, e che portano anche gli studenti ed i professori di Miniere di Freiberg in Sassonia. La blouse è di panno color verde cupo, con colletto e manopole di panno nero, e bottoni di rame con corona di Conte.

Pantaloni di grossa tela greggia, larghi, con alta ghetta di cuoio nero, e rovescio di cuoio bianco. Un cinturino parimente di cuoio, stringe la blouse alla vita, e in essa è sul davanti infilata una elegante lanterna, che mentre rappresenta quella portata per il lavoro in Miniera, serve ai musicanti di custodia per la musica, e sul fianco del cinturino stesso, pende un martello di acciaio con manico di ebano, sorretto da due catenelle raccomandate ad una placca di rame di forma ellittica, con in giro scrittovi “Miniera di Montecatini” e nel centro l’insegna della miniera sormontata dalla corona di Conte.

Dal cinturino, scende di dietro una pelle in forma di semicerchio, che in proporzioni più grandi i minatori adottano per preservarsi dall’umidità appoggiandosi, o sedendo sul luogo del lavoro. In testa portano un berretto da minatore, di pelo, fatto in una speciale maniera, rassomiglia a quello portato dall’Eroe di Caprera, con in fronte l’insegna della Miniera di Rame, la quale consiste in un anello, dalla cui parte inferiore pende una croce, e nel vuoto dell’anello, s’incrociano la mazza e il piccone, che sono gli strumenti d’uso dei minatori. Da questa benché grossolana descrizione, è facile rilevare l’effetto che fece a Firenze l’originalità del costume e gli svariati pareri sulla sua nazionalità, dai tanti che non hanno mai veduto né miniere né minatori. La maggioranza infatti dei curiosi, che s’accalcavano intorno ai musicanti, sosteneva, che essi erano vestiti alla Russa, ed altri che il costume era Greco, e infine non mancò chi disse che la nostra banda apparteneva ad un collegio di educazione.

Queste discussioni si agitavano fra gli accorsi a vedere la banda, mentre essa stava riunita nelle ore 12 meridiane della Domenica 23 Giugno, sotto le logge dell’Orcagna, dove le si era concesso di dare un trattenimento musicale. L’esecuzione dei pezzi diretti dal Capo Banda Signor Adamo Colivicchi fu inappuntabile, e più volte eccitò fragoroso applausi.

Il Signor Marchese Girolamo Della Stufa, Presidente del Comitato delle Feste di San Giovanni, accompagnato dal Signor Razzolini ispettore generale della Miniera, si recò sul luogo del trattenimento a complimentare il Sig. Colivicchi, cui diresse le più lusinghiere parole sulla capacità spiegata dai musicanti e che essi dovevano al di lui insegnamento. Nulla furono gli applausi che la Banda riscosse sotto le Logge dell’Orcagna, in confronto del fanatismo che destò in sulla piazza degli Antinori, eseguendo i pezzi notati nel programma sotto la direzione del rinomato Prof. Cav. Oreste Carlini di Livorno.

Programma:
Giovannoni – Marcia Boutourline
Mercadante – Sinfonia nell’Opera Emma d’Antiochia
Nocentini – Mazurka
Picchi – Duo per quartino e filiscorno
Verdi – Cavatina nell’Opera Attila
Carlini – Polka – Marcia

Diresse in quella sera il Maestro Carlini perché il Capo Banda Colivicchi, dovendo concertare col quartino in quasi tutti i pezzi, non poteva fare due parti in contemporanea. Il Colivicchi col quartino, il di lui fratello col fliscorno, e il Cini Iacopo col bombardino fecero prodigi in quella lietissima serata, in cui la Piazza riecheggiò ripetutamente non solo di applausi vivissimi, ma delle grida di bene, bravi. Eseguito il programma il Sig. Razzolini, ordinò fosse suonato l’inno dei minatori, il quale destò tanto entusiasmo che al ritorno della Banda al Palazzo Boutourline, la popolazione affollatissima, ne chiese gridando ed applaudendo fragorosamente la replica, che fu eseguita nell’atrio del palazzo improvvisamente illuminato. Bravo Sig. Razzolini, che tante cure spese per improntare tutto il necessario, e con sollecitudine, onde la Banda si presentasse a Firenze, e fosse ammirata.

Come anche gli dobbiamo elogi per aver saputo infondere in quei giovani tale subordinazione che il loro contegno per tutto fu inappuntabilissimo e anzi degno di ammirazione. Bravo al Sig. Prof. Carlini, che con poche prove fece ottenere sì bel successo, e bravo al Sig. Colivicchi, che tanta pazienza ha nell’insegnare, e bravi tutti i Musicanti che non poterono meglio che così, dimostrare la loro gratitudine all’egregio mecenate Conte Boutourline, e compensarlo delle spese, delle cure, dell’affetto che ha per tutti loro e per gli operai tutti. A lui poi ci rivolgiamo, a nome della intera classe degli operai di tutte le categorie, per ringraziarlo di quello che ha saputo fare, onde la miseria in una annata così terribile non affliggesse il paese: miseria, che mercé sua, non fu conosciuta.

Infatti 217 operai trovarono pane ai lavori della strada del Mocajo. Per la venuta della egregia Contessa e figli, si dovettero allestire quartieri, fare lavori, che diedero guadagni a donne, a bambini, a bambine ed agli artefici e negozi tutti. In questo tempo furono elargite le Tonnellate, che chiamasi così la partecipazione accordata ai lavoratori nella produzione e che è questo anno ascesa a più di 5.000 lire, distribuite in ragione di Lire 14 per ogni lira della mercede giornaliera. Però, di fronte alle molte beneficenze, di fronte ai tanti denari spesi a vantaggio degli operai d’ogni genere e colore e fin anche ai dipendenti da chi era in obbligo di dare il lavoro e il pane come i coloni di non pochi possidenti, quale è stato il contegno del nostro Municipio?… Si sono avute sedute Consiliari straordinarie, primaverili, ma non si è veduta mai dai nostri padri coscritti prendere una deliberazione di ringraziamento a sì generosa persona. Mai!… Ma perché?… E si che la riconoscente e nobile Pomarance potrebbe servire d’esempio ad alcuni di qua, del come si conduce coi Conti Larderel.

La città di Volterra col benemerito Cav. M. Ricciarelli o con altri. Fortunatamente il Conte Boutourline fa il bene per fare del bene, né bada al gretto scopo della lode, anzi, molte volte ha fatto del bene anche a degli ingrati che non l’avrebbero meritato, né mai se ne è pentito. Ma non è questo che devesi fare, tanto più che la classe operaia essendo ottima, né ancora corrotta da teorie ignobili sente la gratitudine di cui il Municipio solo, che rappresenta anche quella classe, era in obbligo di farsi interprete presso Colui che con tanto amore ne procura il benessere.

Meglio tardi che mai.

PS: Per confermare maggiormente quanto il Conte Boutourline ami i suoi operai basti questo: i quarantasette, che fra musicanti ed addetti andarono a Firenze, ebbero alloggio all’Hotel de Paris, in Via della Spada, di faccia a Palazzo Strozzi; pranzo e cena alla Fiaschetteria del Duomo. Trattenimento pagato la sera del sabato al Politeama, la domenica alle corse dei sedioli, e il lunedì al gran concerto nella Sala dei Cinquecento.

Scusate se è poco.”


Insomma, a quanto sembra, l’operato di Demetrio Boutourline, Municipio a parte, andava riscuotendo consensi un po’ ovunque, ed in questo, come in altri articoli di “Volterra”, traspare decisamente l’apprezzamento generale per la sua persona, da tutti ritenuta… speciale.

Ma un anno dopo, il 4 agosto, fu trovato morto nella Villa del Mocajo, là dove amava dimorare durante i suoi soggiorni montecatinesi. Aveva solo 51 anni.

Il referto medico attribuì la morte a cause naturali: un’asma bronchiale di cui il conte soffriva da tempo e che, ironia della sorte, dall’aria salubre di Montecatini aveva sempre tratto giovamento. Tuttavia la sua morte, così improvvisa e dalle circostanze poco chiare, destò allora più di un sospetto: si vociferava, infatti, di un avvelenamento, messo in relazione ad episodi avvenuti in miniera nel mese di maggio (forse la prima rivolta operaia di Caporciano), da lui sanzionati con gravi provvedimenti nei confronti di alcuni minatori ribelli.

© Fabrizio Rosticci, FABRIZIO ROSTICCI
La Banda della Miniera di Caporciano