Si tratta di un toponimo molto vecchio, chiamato anche “Il Labirinto”, che oggi indica la strada più evidente nel dedalo di viuzze ed abitazioni medievali che ne fanno un angolo davvero caratteristico. In passato erano compresi nel Labirinto anche Vicolo degli Abbandonati e Vicolo degli Alberi.
Altri nomi che ricorrono in questa zona sono anche: Vicolo del Pozzo, Chiasso del Sandretto, Vicolo Mozzo, Vicolo della Fogna e Vicolo Traverso. La parte che sbocca in Via della Porta all’Arco si trova indicata in un decreto vescovile del 1631 come Via della Madonna della Neve per la presenza di un tabernacolo dedicato alla Vergine.
La strada non ha un andamento rettilineo, ma serpeggia qua e là talvolta tornando indietro intersecando se stessa. Gli edifici esistenti sono stati tutti costruiti nel XVI-XVII secolo sulla base di un impianto urbanistico più antico, si notano, infatti, diversi elementi architettonici più antichi.
Ad esempio la facciata del n. 2 ha una struttura muraria in pietra databile al XIV secolo, al n. 10 ci sono i resti di un bel portale in pietra databile al XIII secolo, al n. 25 è possibile vedere un bell’arco in conci realizzato con pietre di due colori differenti, si trattava, probabilmente del portale di un’abitazione signorile del XIV secolo.
Tutti gli edifici sono stati fortemente ristrutturati in più epoche, quelli ai nn. 24-26 e 28-33 sono stati restaurati nella seconda metà dell’Ottocento; al n. 7 vi è un portale del XV secolo e, sopra la porta del n. 18 è affissa una lapide con inciso l’anno dell’ultimo intervento edilizio: 15 giugno 1950 A.S.
Questa denominazione spettava in precedenza a Via Persio Flacco, oggi è rimasta ad indicare il breve vicolo che collega questa strada con Via del Labirinto. Il nome risale al 1539, quando il Comune acquistò una casa della strada per istituirvi un ospizio per i poveri, l’asilo garantiva a tutti un pasto al giorno ed un giaciglio; in funzione fino a pochi anni fa si era trasformato in un dormitorio per chi non aveva mezzi di sussistenza. L’ospizio, che cominciò ad essere chiamato anche Spedale degli Abbandonati, aveva un proprio consiglio di amministrazione nominato dal Comune in base ad una norma presente sugli statuti cittadini; l’elezione degli incaricati alla gestione
dell’ospizio è continuata fino alla fine dell’Ottocento, con una breve interruzione fra il 1684 ed il 1709. Successivamente l’abitazione è entrata a far parte delle proprietà degli Istituti Ospedalieri di Volterra.
A questo toponimo ha influito anche la presenza nelle vicinanze dell’Ospedale di Santa Maria Maddalena dove fino all’inizio di questo secolo ha funzionato la “ruota” dove venivano deposti i figli che le madri abbandonavano.
Il vicolo è interamente coperto da una volta a botte, al di sopra vi sono state costruite le abitazioni; poiché costituisce il passaggio fra due strade poste a diversi livelli altimetrici, Via Lungo le Mura e Via Persio Flacco, il pavimento è a gradoni.
Al principio della scalinata traversa del Vicolo degli Abbandonati si scorge un bellissimo panorama da fotografare. Un balcone con vista dove fare sosta.
Si tratta di una breve via che si trova al di sotto di Piazza San Giovanni e che collega Via dei Labirinti con Via Porta all’Arco. Il primo ricordo di questa via è nel Catasto del 1822, in cui viene nominata una casa posta in Via degli Alberi. Quasi tutto il lato destro della strada e occupato dal muro di sostegno del lato sud orientale della Piazza San Giovanni. Si tratta di un muro realizzato con tecnica muraria a filaretto con blocchi di pietra squadrati e disposti a filari regolari, al centro si nota il segno di due diversi cantieri di lavoro; la parte finale ha un tipo di muratura meno raffinato, probabilmente perché edificato a distanza di anni. La bella tessitura muraria e la grandezza del muro, che è alto in media circa otto metri e lungo oltre trenta, ha fatto si che alcuni studiosi volterrani a torto abbiano ritenuto facesse parte di una cinta muraria costruita alla fine del X secolo.
La notizia della costruzione nel X secolo di una nuova fortificazione destinata a proteggere la città iniziò a circolare intorno alla metà del Seicento. Alcuni studiosi volterrani vissuti in questo periodo avevano pubblicato la notizia che Volterra era stata distrutta durante un’invasione degli Ungari avvenuta nel 913 e che era stata ricostruita grazie alle donazioni dell’imperatore Ottone II; secondo costoro la muraglia di X secolo faceva parte, appunto, delle opere ricostruite da questo imperatore. Non è però documentata nessuna incursione di questo tipo che abbia coinvolto la Toscana nei primi anni del X secolo; questa notizia in realtà è stata inventata da alcuni storici del 1600 per spiegare come mai a Volterra non esistono informazioni o monumenti riguardanti la città nel periodo che va dalla caduta dell’Impero romano al XI secolo.
Sempre su questo lato della strada è possibile notare, all’inizio, la parete laterale un edificio con pregevole muratura di pietra e laterizio lasciata a faccia vista. Le entrate principali sono in Via Turazza ed in Via della Porta all’Arco. All’altezza dell’ultimo piano, fra due finestre, è murato un bel capitello di marmo.
Al n. 1 si trova una casa costruita nel Seicento su impianto più antico, sulla facciata è murata una lapide molto danneggiata che non è possibile leggere.
Le altre abitazioni sono tutte state costruite nello stesso periodo della prima, tutte quante però sulla base di un impianto urbano più antico.
Sulla facciata del n. 9 è possibile notare degli archi di scarico in cotto alle aperture e un bel portale di pietra.