Via Ricciarelli è la strada che dall’incrociata dei Buomparenti conduce fino a San Lino. La via, lunga 145 metri e lastricata, come tante altre strade volterrane del centro storico, ha ricevuto nel corso degli anni varie denominazioni. L’attuale nome di Via Ricciarelli risale all’Ottocento e, prima della revisione antecedente l’ultima guerra, giungeva fino a Porta San Francesco. Ma occorre risalire al Medioevo per conoscere tutti i toponimi che hanno caratterizzato una strada che prende nome dalla omonima famiglia patrizia volterrana.
Rappresentando la via principale di quella sezione della città che anticamente costituiva la contrada “Del Borgo” e “Dei Fornelli”, la ripida strada era denominata Borgo Santa Maria, fino all’altezza della chiesa di San Lino, o semplicemente di Borgo. Tra il Cinquecento e il Seicento la via era divisa in due tratti, di cui il primo, fino all’oratorio di San Cristoforo, era indicato col nome di Sdrucciolo o Via dello Sdrucciolo. In una carta topografica, risalente al 1835, la troviamo indicata col nome di Via dei Bonaguidi. La notizia, non rintracciabile per altro in nessun documento sicuro, attesterebbe che la via prendeva il nome della famiglia che possedeva un palazzo nella via.
Molto più probabile, invece, le altre denominazioni. Dall’oratorio di San Cristoforo fino alla chiesa di San Lino, la via prendeva il nome del Santo al quale era intitolata la chiesa medesima, come era d’uso nei tempi antichi. L’altro tratto, quello dalla chiesa alla Porta San Francesco, aveva il nome di Via della Porta di San Francesco o Pisana. Oggi dall’incrociata dei Buomparenti fino all’oratorio di San Cristoforo è Via Ricciarelli; dall’oratorio alla Porta San Francesco è Via San Lino.
I Ricciarelli, che fin dal Trecento furono presenti negli uffici dei priori del popolo e nelle supreme magistrature, abitarono nella contrada di Borgo Santa Maria fin dal Trecento, partecipando attivamente alla vita pubblica della città. Nel 1757, insieme ad altri venti tra i più antichi casati volterrani, anche i Ricciarelli andarono a formare l’asse portante del patriziato volterrano. La via, oltre i Ricciarelli, accolse altre nobili ed importanti famiglie volterrane. Tra questi i Buonaguidi che furono proprietari della torre e del palazzo. Fin dai tempi antichi abbiamo notizia della casata Buonaguidi i cui componenti ricoprirono, da sempre, le più importanti cariche cittadine. Interessante notare che Angelo Buonaguidi, con testamento del 1383, stabilì che se i figli fossero morti senza eredi, dovesse essere costruita una chiesa ed un convento per i frati di S. Domenico nel suo palazzo e loggia in contrada del Borgo, detta “La Loggia de’ Buonaguidi”. La disposizione non ebbe effetto ma Papa Bonifacio IX, prima nel 1391 e poi con bolla del 1395, autorizzò i frati domenicani ad accettare il luogo offerto per il convento, concedendo di poterlo costruire “a cento canne da quello degli agostiniani”.
Non c’è dubbio che la strada spicca, da un punto di vista architettonico, per alcune strutture edilizie di notevole pregio. Primo fra tutti il palazzo della famiglia Ricciarelli, dalla bella facciata quattro-cinquecentesca, con il bel portale. La ricchezza architettonica della via che, salendo da Via San Lino disegna una “S”, presenta poi caratteristiche diverse, con fronti alternati in mattoni e intonacati.
La caratteristica strada ha inizio con l’incrociata dei Buomparenti. È questo uno dei tratti più belli di Volterra per il susseguirsi di torri, con altezze diverse, che si richiamano l’un l’altra per i segni iconografici dei conci di pietra, le monofore ogivali, le mensole a balzo. Elementi architettonici di notevolissimo interesse per la forza simbolica che esprimevano, per la loro testimoniarua di unità insediative arcaiche e, al tempo stesso, elementi urbani deciivi per la costruzione della città medievale, le torri continuano a rappresentare un vero e proprio monumento di Volterra.
Dalle architetture più gentili e armoniche, la casa-torre fu costruita per rispondere alla duplice esigenza di abitazione e di fortilizio. Infatti, dopo che si placarono i contrasti interni alla città, le famiglie magnatizie, proprietarie delle torri, ritennero opportuno edificare strutture ad uso più di abitazione, ridimensionando le torri che, fino ad allora, avevano rappresentato un importantissimo punto di difesa e di attacco. Originariamente appartenuta alla famiglia dei Gherardesca, la Casa Buomparenti, nel 1207, subì quelle modifiche che ancora oggi le conferiscono quell’aspetto che l’ha contraddistinta come uno dei punti più belli della città. Ancora nel catasto del 1429, il palazzo era di proprietà dell’ultima dicendente dei Buomparenti, Agnola, donna di Angelo di Ugo Buomparenti.
Tra Casa Torre Buonparenti e Casa Torre Buonaguidi si scorge una porticina costruita proprio per i morti e aperta solo per far uscire la salma dall’abitazione e richiusa per sempre. Le nostre tradizioni pagane.
La Casa-Torre Buonaguidi, più larga ed elegante delle torri gentilizie, risale al Duecento, con forti ristrutturazioni in varie epoche. Il piano terra e i piani superiori hanno una struttura muraria in pietra mentre al centro la torre si caratterizza per il cotto a faccia vista con archi di carico. Anticamente il palazzo aveva una loggia, collocata tra borgo Santa Maria e una via trasversale, oggi obliterata, che si chiamava Incrociata delle Taverne.
Proseguendo per Via Ricciarelli e dirigendosi verso Via Sa Lino, ai nn. 8-12, in angolo con Vicolo dei Da Pontremoli, il palazzetto, ascrivibile al Sei-Settecento, è una residenza gentilizia, come attesterebbero il portale d’ingresso centrale e i due sporti laterali. Il palazzetto, caratterizzato da file di tre finestre allineate a ritmi regolari con un marcadavanzale che segna il primo piano, deve essere stato costruito su più antico impianto, vista anche la presenza dei conci in pietra e degli archi di scarico in cotto.
Sul lato sinistro, per chi proviene da Piazza dei Priori e discende verso Porta San Francesco, il fronte, di minor pregio architettonico, si caratterizza per costruzioni abbastanza recenti.
Unica eccezione è il Palazzo Fattorini, grandioso e bell’edificio, con facciata e ingresso principale in Via Roma, si evidenzia, anche su questo lato, per il pregio dei fronti con decoro che ornano tutto il sottogronda.
Al n. 5 pregevole è l’arco in pietra dell’ingresso dell’Antica Macelleria. Una piccola bottega della carne con alle spalle tanti anni di esperienza. Una delle più antiche del settore.
I palazzetti che seguono, prima di giungere al Vicolo Francesco da Volterra, databili tra il Cinquecento e il Settecento, non presentano segni stilistici o architettonici degni di nota.
Sotto il marchio di caffè Bonini è il luogo giusto dove puoi trovare tutto quello che ti serve per bere ogni giorno dell’ottimo caffè: dal caffè crudo, caffè macinato e in cialde agli accessori.
Proseguendo colpisce l’attenzione il bel portale d’ingresso al n. 23 in pietra; quasi sicuramente ispirato a quelli dal classico motivo con il concio in chiave all’arco che lo sormonta e la sottolineatura a toro all’innesto dei piedritti. Tutti comunque sono il risultato di ristrutturazioni su impianti precedenti.
A destra, superato il vicolo dei da Pontremoli, troviamo il secondo fronte più bello e interessante dell’intera via, quello che, insieme alle torri Buonaguidi e Buomparenti, impreziosiscono la strada.
Ai nn. 22-24 si trova un altro palazzetto con, al piano terra, tre archi con porte, al primo e secondo piano, tre aperture, ricavate negli archi ad ogiva in mattoni che, per dimensioni prendono l’aspetto di veri e propri loggiati e, al terzo piano, due finestre quadrate. Sulla facciata è visibile uno stemma, presumibilmente della famiglia Pagnini.
Segue, ai nn. 26-32, il Palazzo Ricciarelli. Residenza di famiglia gentilizia, che ha dato nome alla via omonima; il palazzo di notevoli dimensioni è frutto di una ristrutturazione ottocentesca.
> Scopri, Palazzo Ricciarelli – Dello Sbarba
Molto più interessante, da un punto di vista architettonico, è il palazzo ai nn. 34-38 di proprietà Dello Sbarba. Restaurato nel 1927, il palazzo gentilizio, con la facciata in bugnato rustico in pietra di panchina, rappresenta lo stile architettonico tipico dei primi del Quattrocento. L’edificio presenta tre ordini di finestre, superiori al piano terra, ricavate negli archi ad ogiva e un bel portale in pietra. Di tale palazzo interessante è la passerella sospesa sul retro, visibile in Via del Mandorlo.
Ai piani bassi di Palazzo dello Sbarba apre al pubblico il ristorante e pizzeria Alla Vecchia Maniera. I fondi si insinuano nei sotterranei dell’edificio con l’originale possibilità di mangiare sottoterra.
> Scopri, Alla Vecchia Maniera
Conclude il fronte, ai nn. 40-44, un edificio, corrispondente in Via del Mandorlo ai nn. 33-39, del Cinque-Seicento.
Dalla parte opposta, superato il Vicolo Francesco da Volterra, ai nn. 25-27, troviamo Casa Giani, con marcadavanzale, mostre e portale in pietra e le altre aperture chiuse da inferriate. Questo fronte presenta il cantonale di pietra panchina, come pure interessanti tracce di epoche precedenti vi si trovano al girare sul Vicolo Francesco da Volterra come lo sporto su archetti e varie aperture. L’edificio è una residenza di famiglia gentilizia da ascrivere al Quattro-Cinquecento.
Lo segue Casa Favilli. L’edificio, realizzato in mattoni a faccia vista con archi a tutto sesto e cornici e marcadavanzali in pietra, rappresenta la tipica casa gentilizia con grandi finestre, mostre ed archi costituiti da conci in pietra del Quattrocento. La casa dà inizio ad una successione di palazzetti con facciate individuali in pietra o in mattoni a disegno e con tipiche aperture ad arco ai piani superiori.
Dopo Casa Favilli incontriamo, ai nn. 41-45, Casa Moschini con aperture originarie in pietra che evidenziano la preesistenza di un più antico impianto d’ascrivere al Trecento.
Ai nn. 51-55, Casa Biagini che, pur ristrutturato recentemente, spicca nel contesto della strada per quella serie di archi in mattoni decorati a motivo geometrico quattrocentesco al primo piano.
Conclude la via la piccola chiesa San Cristoforo, che rappresenta uno spartiacque tra Via Ricciarelli, Via Franceschini e Via San Lino. Leggenda narra che fu costruita a protezione della voragine delle Balze.
> Scopri, Chiesa San Cristoforo
Sul lato destro, sempre per chi discende verso la ormai prossima Via San Lino, dopo Via del Mandorlo, incontriamo, ai nn. 46-50 Casa Lazzeri. Di impianto originario del Quattrocento, ma fortemente ristrutturato, la struttura rappresenta un imponente complesso che si svolge su Via Ricciarelli e Via del Mandorlo. I caratteri architettonico-stilistici di maggior rilievo sono il bel portale in pietra panchina del Seicento, la struttura muraria in pietra squadrata e in cotto con archi di scarico.
Nei fondi di Casa Lazzeri è presente l’unico ristorante pescheria del circondario di Volterra; è una attività che nel corso degli anni ha cambiato più volte la propria dislocazione, ma può avvalersi del titolo di esercizio storico.
Subito dopo troviamo un edificio databile intorno al Seicento.
Segue un fronte, corrispondente ai nn. 56-62, con tre aperture sormontate da pregevoli archi a tutto sesto.
La strada termina con un bell’edificio residenziale. Di notevole pregio con filari regolari di mattoni, archi a tutto sesto, quest’ultima struttura è un altro tipico esempio di palazzo gentilizio del Cinque-Seicento nel centro storico di Volterra. Sulla facciata è visibile un tondo di terracotta, raffigurante un profilo di donna di fine Settecento, inizi Ottocento.
Vicolo da Pontremoli è uno dei due vicoli che unisce Via del Mandorlo con Via Ricciarelli. Il vicolo, lungo 45 metri e lastricato, trae origine dal nome della famiglia, originaria della Lunigiana, che vi ebbe le case fin dal Cinquecento.
Varie sono state le denominazioni che questo Vicolo ha ricevuto nel tempo. Nei Quattrocento era chiamato Chiasso del Toscanello ed anche Chiasso dei Mannucci, da un ser Taviano Mannucci, detto Toscanella che qui abitava. Poi Chiasso del Pescillo, da un tal Paolo, detto del Pescillo, mentre nei catasti di fine Seicento lo troviamo registrato sotto Chiasso del Ballatella o del Pennatella, da due proprietari di case poste nel vicolo: ser Michele di Luca Ballatella o de’ Ballatelli e Orazio Pennatella, poi Pennatelli.
Vicolo del Mandorlo è il vicolo che da Via Ricciarelli conduce a Via del Mandorlo. Lungo 23 metri e lastricato, il vicolo prende il nome da un toponimo molto antico, ereditato dalla vicina Via del Mandorlo. In qualche documento del Cinquecento è indicato anche come Chiasso dei Pitti, dalla famiglia che qui possedeva, insieme agli Incontri, numerose case. Contraddistinto da piccole unità dalla muratura in pietra a faccia vista, il caratteristico vicolo cittadino è ricordato dalle carte per la presenza di uno dei pochissimi esemplari in Volterra della cosiddetta Porta del Morto.
Una porticina macabra costruita proprio per i morti e aperta solo per far uscire la salma dall’abitazione e richiusa per sempre. Una tradizione antichissima denotata da forti credenze pagane
Breve traversa di Via Franceschini che collega questa strada con la vicina Via Ricciarelli. Il vicolo è dedicato al pittore trecentesco Francesco Neri da Volterra, che fu autore di alcuni affreschi nel cimitero monumentale di Pisa. Fino al 1930 era dedicato al Franceschini. Nel Cinquecento era conosciuto col nome di Vicolo di San Cristofano, dal nome del vicino oratorio, o come Chiasso del Vescica, dal soprannome di qualcuno che vi abitava.
La parallela nascosta a Via Ricciarelli, asfaltata e lastricata, è una stretta via pensata proprio per congiungere Piazza Minucci a Via Ricciarelli.
Via San Lino è la strada che conduce da Via Ricciarelli a Porta San Francesco. Dedicata al pontefice volterrano della nobile famiglia dei Mauri che, stando alla tradizione, avrebbe avuto una casa in questa via.